Numero 44/2020
28 Ottobre 2020
Biova Project: una birra salverà il mondo
Fare la birra seguendo un modello complesso avendo come scopo non solo il ritorno economico, ma anche dei benefit ambientali e sociali: questo è il modello del Biova Project.
Mettere in piedi un progetto secondo i principi dell’economia circolare può sembrare al primo impatto la cosa più logica da seguire, ma purtroppo sono ancora in pochi a farlo: il pane invenduto viene recuperato dai vari esercizi commerciali e portato nei birrifici vicini ai luoghi di raccolta dove diventa birra. I numeri parlano da sé: 150 chili di pane non consumato vengono trasformati in 2500 litri di birra artigianale risparmiando così anche 30% di malto d’orzo.
Noi del Giornale della Birra, come al solito, abbiamo voluto saperne di più: chi sta dietro le quinte e come sono arrivati alla realizzazione di questo progetto. Ed ecco che per voi si racconta Franco Dipetro, il membro fondatore.
.
.
Franco, raccontaci la tua storia: qual è la tua professione e come sei arrivato ad occuparti di birra?
Io vengo da una via piuttosto distorta, a prima vista, ma ora che guardo indietro mi sembra tutto invece molto coerente. Sono laureato in Ingegneria logistica e della produzione, ma ho voluto anche frequentare il master della scuola Holden 2001 perché ho sempre avuto passione per la letteratura. Dopo il master vado a perfezionare gli studi in sceneggiatura cinematografica a Roma, dove resto per tre anni. Tornato a Torino trovo lavoro come strategic copywriter in LeoBurnett, un’agenzia di comunicazione che fa parte di un gruppo multinazionale. All’età di 30 anni decido di licenziarmi per mettermi in proprio. Fondo la casa di produzione Duel: Film. Qui, dopo altri 5 anni, cominciamo a incontrare le prime realtà No Profit che si occupano di lotta allo spreco alimentare. Decidiamo di fare no profit aiutando a comunicare queste realtà di volontari che hanno un forte impatto sociale sul territorio. Ed è così che veniamo in contatto con la problematica dello spreco alimentare. Specialmente quello del pane. Ce n’è tanto. Troppo. 13000 quintali al giorno solo in Italia.
.
.
BIOVA Project è un progetto complesso che implica tanti attori del territorio: com’è nata l’idea? Qual è la mission? Perché questa scelta? Dove vi trovate? Chi sono le persone che lavorano e sostengono questo progetto?
Sapevamo che si poteva fare la birra dal pane. Abbiamo quindi messo a punto un modello di business capace di recuperare lo spreco là dove c’è davvero e trasformarlo in un nuovo prodotto. Sembrerà strano, ma questa operazione mette a frutto tutte le mie competenze: la logistica, la produzione, il profit e il no profit, la comunicazione.
L’idea è lavorare nell’ambito della Food Innovation con lo scopo di ridurre lo spreco alimentare, trovando sempre nuovi prodotti capaci di seguire i principi dell’economia circolare. La nostra missione è quindi RIDURRE LO SPRECO ALIMENTARE.
Siamo partiti nel 2017 con i primi esperimenti e oggi siamo una Start Up innovativa con sede in Via Valperga Caluso 18, a Torino. Il motore di Biova sono i due soci fondatori, Franco ed Emanuela, e i nostri ragazzi che ci aiutano nell’operatività di tutti i giorni.
.
.
.
.Chiunque può aderire al vostro progetto? In quale modo?
Tutti possono aderire al progetto in varie forme: semplicemente acquistando i nostri prodotti o rivendendoli sul territorio. O anche decidere di diventare nostri partner facendoci recuperare il loro pane invenduto e distribuendo la nostra birra.
.
.
Quali sono i vostri piani per il futuro?
In futuro avremo altri prodotti che funzioneranno nello stesso modo della birra, quindi Biova Project sarà una famiglia di prodotti che lotta contro lo spreco alimentare.