Numero 45/2022
10 Novembre 2022
CERB: la ricerca della birra
La storia della birra è strettamente legata a quella delle prime grandi civiltà sorte durante e dopo il periodo del Neolitico, quando ormai gran parte della vita comunitaria si svolgeva in un contesto più sedentario che nomade. Parliamo quindi di un periodo che all’incirca si estende dal III fino al X millennio a.C. Una storia assai lunga insomma. La cosa interessante è che i Sumeri – così si dice – chiamavano la birra sikaru, ossia “pane liquido”. In effetti non è ancora del tutto chiaro agli archeologi ed antropologi se i primi cereali coltivati fossero utilizzati prioritariamente per fare la birra o il pane. Probabilmente tutti e due. Sta di fatto che i due alimenti hanno – anche se in proporzioni diverse – gli stessi ingredienti, cioè cereali, acqua e lievito.
Certo, le prime birre non dovevano essere particolarmente deliziose, se paragonate a quelle che conosciamo noi oggi. Alcune raffigurazioni mesopotamiche mostrano dei bevitori di birra con delle lunghe cannucce: un attrezzo indispensabile per penetrare attraverso lo spesso strato di cereali e lieviti galleggianti e raggiungere così la bevanda depositata sul fondo del contenitore. Nulla a che vedere con i moderni metodi di produzione, che sempre di più scomodano addirittura la scienza per ottenere dei risultati di grande eccellenza.
A Perugia, l’Università degli Studi ha fondato nel 2003 il CERB, un centro di ricerca scientifica dedicato alla birra – uno dei pochi in Europa che si occupa esclusivamente di questa bevanda. Purtroppo in Svizzera ancora non esiste un centro di questo genere. Colore, schiuma, torbidità, tenore zuccherino, microrganismi … ogni singola componente della birra è oggi rigorosamente analizzata in modernissimi laboratori. Un sapere poi messo a disposizione dei mastri birrai (anche ticinesi), che si occupano della messa a punto di nuove ricette, per la felicità dei consumatori. Sempre a Perugia, la Collezione di lieviti industriali DBVPG conta circa 1’100 ceppi di lievito di birra rigorosamente classificati e conservati in apposite celle. Un database straordinario (il secondo per importanza al mondo nel campo dei lieviti) che fornisce informazioni preziosissime di carattere genetico, fisiologico e molecolare. Questa varietà di lieviti permette – e soprattutto permetterà in futuro – di sviluppare birre con proprietà organolettiche sempre più originali. Poiché se il lievito è certamente responsabile della fermentazione – e quindi della formazione di alcol – è altrettanto vero che questo fungo ha un complesso metabolismo che rilascia nella bevanda sostanze – come ad esempio gli esteri – molto interessanti dal punto di vista degli aromi.
Anche sul luppolo (altro grande protagonista negli aromi della birra) c’è molta ricerca. Sotto la lente degli scienziati vi sono in particolare gli alfa e beta acidi – oltre agli olii essenziali. Poter disporre di profili chimici accurati per ogni varietà di luppolo è importante per i produttori di birra, affinché l’effetto del suo impiego in una determinata cotta sia il più possibile prevedibile e quindi aderente alla ricetta voluta dal mastro birraio.
Insomma, che si tratti di lager, di ale o di stout, il futuro per i birrifici – in particolare quelli artigianali – si prospetta assai stimolante, poiché la ricerca scientifica, anno dopo anno, mette a disposizione dati e procedimenti che permettono una sperimentazione di gusti, colori e aromi fino a qualche decina di anni fa impensabili. Ogni mastro birraio dotato di passione, fantasia ed esperienza non potrà che approfittarne per collocare addirittura la birra in quei territori ancora inesplorati dell’enogastronomia.
CERB Perugia http://www.cerb.unipg.it/