Numero 24/2021
15 Giugno 2021
Dal passato al domani: le birre che arrivano dai fondali marini!
Probabilmente nessuno degli appassionati di birra, neppure coloro con la più fervida immaginazione, ha mai immaginato di poter degustare il contenuto di bottiglie provenienti dai fondali marini. Eppure si tratta di ipotesi diventate realtà, grazie a delle scoperte ed a dei progetti che hanno quasi dell’incredibile e quantomeno dello stupefacente.
A rendere possibile tale esperienza si sono uniti fatalità, ricerca e solidarietà ed oggi possiamo documentare ben 3 casi di birre che hanno come casa il mare!
.
.
La prima di queste birre è stata rinvenuta soltanto lo scorso anno, nei pressi delle Isole Aland, all’interno di una nave affondata nel mar Baltico nel 1800 che viaggiava da Copenaghen in direzione di San Pietroburgo. Dopo la scoperta, in Finlandia sono stati analizzati sia il gusto che la composizione chimica della birra antica, al fine di riproporla a distanza di anni. In particolare, gli esperti dell’Università cattolica Leuven hanno confrontando lieviti e batteri per trovarne i corrispondenti impiegati oggi, in modo da riproporla secondo una brassatura moderna. Il mastro birraio Gert De Rouck, che ha guidato il gruppo di lavoro insieme al professor Guido Aerts, ha spiegato che la birra realizzata, pur non essendo perfettamente comparabile a quella rinvenuta sul fondale – anche per ovvi motivi legati all’invecchiamento della bevanda in condizioni estreme – è il più vicino possibile alle caratteristiche dell’originale”.
Il risultato è una birra leggermente dolce, per gli standard attuali, e con un contenuto alcolico del 4,7% v/v. Attualmente ne sono stati prodotti circa 1.500 litri, conservati in bottiglie fatte a mano per avvicinarsi ancor di più all’originale.
Molto simile a quella precedentemente presentata è la storia di un’altra birra, rivenuta in un relitto nei pressi della Tasmania. La storia di questa birra inizia nel 1797: la Sydney Cove, una nave mercantile partita dall’India e diretta alla colonia britannica di Port Jackson, naufraga a poca distanza dalla Nuova Zelanda. Nella sua stiva e sul fondale intorno al relitto, negli anni ’90, alcuni sommozzatori hanno trovato resti di tè, riso, tabacco e circa 30mila litri di alcol pregiato. Alcune bottiglie di birra risultano ancora perfettamente sigillate e sono donate al museo Queen Victoria di Launceston.
.
.
Grazie all’attività dell’ Istituto australiano di ricerca sul vino, l’Awri di Adelaide, sono stati identificati e recuperati tre ceppi di lievito: l’antichissimo Brettanomyces, e due afferenti al più comune Saccharomyces. Il museo Queen Victoria e l’Awri si sono rivolti al birrificio Malt Shovel di Sydney per ripotare in vita l’antica birra: alla degustazione appare come scura e maltata, con sentori di ribes nero e spezie. Considerati gli ottimi risultati, la bevanda con il nome di “The Wreck – Preservation Ale” è stata lanciata ufficialmente al pubblico in occasione del Gabs 2018, un festival australiano di birre e sidri.
Ma il mare e la birra sono anche i protagonisti di un bel gesto di solidarietà tutto tricolore: “Birra subacquea” è, infatti, il titolo di una iniziativa senza scopo di lucro ideata da Giovanni Contiero, Simone Carli Ballola, Isma Veronese e Stefano Ghezzo con l’aiuto dei mastri birrai Dario Ferri e Francesca Beltrame – titolari del famoso ristorante “Villa Ferri” di Ariano nel Polesine.
.
.
Dopo un paio di anni di affinamento dell’idea, proprio quest’anno, cinquanta bottiglie della birra artigianale sono state sapientemente riposte a circa 24 chilometri dalla costa, in mezzo al mare, dentro la stiva di un relitto affondato negli anni ’60, ad una profondità di circa 27 metri. Dopo sei mesi i componenti dell’Adriatic Divers Team le hanno recuperate e riportate nel luogo ove sono nate; durante la permanenza sono state scattate centinaia di foto e girati molti filmati. Le bottiglie, veri e propri pezzi da collezione in quanto una diversa dall’altra per effetto dei depositi marini che vi si sono naturalmente adesi, verranno vendute e parte dei ricavati andrà in beneficenza all’Oratorio di San Giusto di Porto Viro.