Numero 22/2021
3 Giugno 2021
Product placement marketing: la birra nei film. Strategia esclusiva delle multinazionali?
La birra ha da sempre avuto un ruolo centrale nella produzione cinematografica: molti personaggi del grande e del piccolo schermo sono stati associati alla bionda bevanda, forse con l’intenzione da parte del regista di renderli più umani e più vicini alla quotidianità degli spettatori. Tuttavia, la presenza della birra nelle scene non è da ascriversi solo a ragioni di copione, ma assume una valenza pubblicitaria, risultata in molti casi strategica per la diffusione di importanti marchi. Infatti da parte delle imprese che investono in pubblicità per promozionare i propri prodotti vi è una ricerca di alternative ai soliti mezzi di comunicazione, in grado di raggiungere e catturare realmente l’attenzione dei propri target.
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Tra queste modalità può essere annoverato il product placement marketing, ovvero una tecnica di comunicazione commerciale che consiste nel collocare l’immagine di un prodotto, in modo apparentemente casuale, all’interno di scene di film o di video musicali, ovviamente dietro corresponsione di una adeguata remunerazione. In tal modo il birrificio ottiene il vantaggio di dare la visibilità ricercata al proprio marchio in una forma di pubblicità meno aggressiva e spesso associata ad importanti personaggi, il produttore del video, viceversa, riceve ancor prima degli incassi dal pubblico, un indennizzo per i costi delle realizzazione delle scene.
I produttori di birra si sono serviti spesso di questa modalità pubblicitaria utilizzando soprattutto i film come mezzo per pubblicizzare i propri prodotti. Il primo esempio in tal senso risale alle scene del film “La regina d’Africa” del 1951, dove i mitici Humphrey Bogart e Katherine Hepburn vengono ripresi in compagnia di una bottiglia di Gin Gordon’s.
Ma il più riuscito e celebre esempio di product placement birrario si annovera con il film “E.T. L’extraterrestre”, uscito sul grande schermo nel 1982, sotto la regia di Steven Spielberg. Nel film compare la birra Coors, una marca a diffusione limitata negli USA che, proprio grazie allo strabiliante successo delle avventure del piccolo extraterrestre, ha raggiunto in breve tempo un enorme successo di mercato.
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Un altro famoso caso successo lega Tom Cruise alla birra giamaicana Red Stripe: l’attore ne è testimonial nelle pellicole del “Cocktail”, film del 1988, e de “Il socio” (immagine di copertina), girato all’inizio degli anni ’90. Quest’operazione pubblicitaria ebbe un successo tale che ad un mese dall’uscita del film la Red Stripe vide aumentare le proprie vendite di oltre il 50%.
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Ovviamente, il successo di tali campagne pubblicitarie coinvolse successivamente altri importanti marchi: l’Anheuser-Busch in “Vanilla Sky”, la Guinness nel film “Minority Report” del 2002, la Bud in “Il tocco del male” in associazione al premio oscar Denzel Washington, la Heineken “Blue velvet” del 1986 ed i più recenti “Taxi 2” e “Austin Power – La spia che ci provava”, la Carlsberg nell’ultimo film di “Spiderman”.
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L’Italia, pur non essendo avulsa a tale fenomeno, ha una esperienza sicuramente meno radicata al product placamento in quanto al gennaio 2004 questa pratica era assolutamente vietata e considerata “pubblicità occulta”.
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L’azienda maggiormente attiva in tali strategie pubblicitarie nel nostro mercato nazionale è la Heineken: tra gli esempi più recenti figura “Che ne sarà di noi” di Giovanni Veronesi, dove la birra olandesre accompagna le avventure di Matteo, interpretato da Silvio Muccino, ed i suoi amici in viaggio dopo l’esame di maturità. Anche l’Anheuser-Busch ha prestato attenzione anche al mercato italiano, affiancando il proprio marchio a star del cinema come Aldo, Giovanni e Giacomo, nel film “La leggenda di Al, John e Jack”.
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Di primo acchito verrebbe da pensare, quindi, che tali soluzioni di marketing siano ad appannaggio delle sole multinazionali, capaci di enormi investimenti pubblicitari, di certo non possibili per i birrifici artigianali. In realtà non è così, infatti, la diffusione delle web-tv e dei molti cortometraggi accessibili sul web, spesso realizzati da autori ed attori autodidatti con costi di produzione bassissimi, ma in grado di annoverare decine di migliaia di visualizzazioni, stanno aprendo nuove prospettive.
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Si tratta di una ipotesi che può sembrare azzardata, pionieristica, ma è pur vero che in questo momenti molti produttori di birra stanno godendo di un momento positivo di mercato che nel lungo periodo potrà richiedere degli interventi di “sostegno” pubblicitario innovativo per essere mantenuto e rafforzato.
Una prospettiva che si evolverà in stretta connessione con la continua implementazione di nuovi strumenti informatici e lo sviluppo della rete web, che apre grandi potenzialità ai mastri birrai ed agli imprenditori brassicoli che sapranno coglierle!