Numero 16/2017
21 Aprile 2017
Slow Food a difesa della birra Umqombothi
L’Arca del Gusto della Fondazione Slow Food si occupa di raccogliere i prodotti che appartengono alla cultura, alla storia e alle tradizioni di tutto il nostro pianeta; segnala l’esistenza di questi prodotti, denuncia il rischio che possano scomparire e invita tutti a fare qualcosa per salvaguardarli. Ad oggi si contano 4027 prodotti provenienti da tutto il mondo. L’alimento numero quattromila, aggiunto recentemente a questa lista è una birra tipica del Sudafrica: l’umqombothi. Si tratta di una bevanda tipica della popolazione Xhosa, etnia di origine bantu, originaria dell’Africa centrale, ma oggi presente nella regione dell’Eastern Cape, nella parte sud orientale del Sud Africa.
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Questa birra viene prodotta con una miscela di farina di mais, malto tritato di mais e di sorgo, acqua e lievito, ricavato dalla radice di una pianta chiamata moerwortel. Le tecniche di produzione vengono tramandate oralmente da ogni tribù e a seconda dell’etnia sono possibili alcune variazioni della ricetta. Di norma, tutti gli ingredienti vengono mescolati insieme ad acqua calda all’interno di un recipiente, detto potjie, posizionato su di un focolare all’esterno dell’abitazione. Per dar vita alla fermentazione il tutto viene scaldato per una notte intera. A questo punto una parte del mosto viene prelevato e messo da parte, mentre la restante parte continua a cuocere fino a farla diventare croccante. Questa parte, chiamata isidudu, terminata la cottura, viene fatta raffreddare e spesso viene mangiata come una specie di porridge oppure viene riaggiunta al mosto insieme ad una manciata di malto di mais o sorgo.
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A questo punto il liquido ottenuto è mescolato con un particolare cucchiaio in legno, l’iphini, e coperto per far sì che il calore continui la fermentazione. Il mostro fermentato viene filtrato attraverso l’intluzo, una specie di colino allungato fatto da fili d’erba intrecciati, che costituisce un classico regalo per gli sposi durante i matrimoni. Per costruire questo strumento occorre seguire una complicata tecnica secolare che è tramandata di generazione in generazione. L’intshela, il fondo che rimane all’interno del potjie viene aggiunto alla birra per conferirle più sapore. Viene riutilizzato anche il grano che resta tra le maglie del colino che viene dato in pasto al pollame. Una volta filtrata la birra viene versata nel gogogo, un contenitore che serve a condividere la bevanda con tutta la tribù durante importanti ricorrenze.
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La birra si presenta opaca e marroncina, il colore può variare in base alle quantità di mais e di sorgo, infatti un maggior contenuto di quest’ultimo cereale senza glutine la rende più scura. Si tratta di una bevanda molto ricca di vitamina B ed è poco alcolica. In bocca risulta essere densa e cremosa e ha uno spiccato spunto acido.