Numero 19/2019
7 Maggio 2019
Un riferimento per gli homebrewers: Roberto Perticarini, alias “l’Americano”
“L’Americano” è il secondo romanzo di Henry James, è l’intermezzo di Niccolò Piccinni del 1772, è il fantastico film “Un americano a Roma” abilmente girato da Steno, con protagonista il maestro Alberto Sordi, è anche una bellissima canzone di Renato Carosone – Tu Vuò Fa’ L’Americano.
Ma l’Americano che vi voglio presentare io è Italo-Canadese. Non è un attore (almeno di professione) ma è un appassionato cultore della birra artigianale. Una bella persona, simpatica, preparata, allegra, competente. Un riferimento per gli homebrewers.
Raccontaci un pò di te. Chi è Roberto Perticarini, alias “l’Americano”? Nato a Toronto (Canada) e da qui il nomignolo “l’americano” in quanto figlio di Antonio l’americano quasi 55 anni fa (19 maggio). Sono sposato con Anna da 25 anni, ho 2 figli e sono un fabbro. Da sempre amante di birre “strane” come le chiamavano i miei amici in quanto non uniformate ai sapori industriali. Ho conseguito un diploma di primo livello con Unionbirrai e tra 15 giorni darò l’esame per conseguire il secondo livello in attesa di conseguire l’abilitazione Ubt.Tengo corsi per Fermento birra su materie prime e produzione e faccio tantissime cotte pubbliche durante l’anno per portare a conoscenza e promuovere la birra artigianale.
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Ti si trova su diversi social. Perché vuoi aiutare i principianti in maniera capillare ?
Si, sono molto attivo sui social e sono un predicatore della condivisione assoluta. Non ho segreti e aiuto tutti coloro che me lo chiedono con correzioni di ricette. Cerco di stimolare i nuovi homebrewers a non copiarle, ma a sforzarsi nel creare le loro. Poi, successivamente, discutendo insieme per correggere eventuali errori spiegando dove migliorare.
Come è nata questa passione? Mi avvicino al mondo dell’ homebrewing nel 2014 tramite un kit luppolato che mi venne regalato. Da quel momento iniziò la passione. Dopo appena 2 kit, tante ore passate a studiare (di notte) per imparare, conoscere, approfondire la conoscenza su ogni parte del processo (dalla produzione, ai potenziali dei malti passando attraverso gli stili birrari), passai direttamente all’All grain. Nacque così la mia Tripel che, al primo concorso a cui partecipai, si classificò terza. Questo fu per me uno sprone a continuare. Aumentarono a dismisura la passione e l’autostima. Fondamentale fu l’incontro con altri homebrewers iscritti a quel concorso. Ci demmo appuntamento il Mercoledì a Macerata, in un piccolo locale che si chiamava “il Minimo Circolo Birraio M.C.B.” (oggi purtroppo è chiuso). Per noi amici era la possibilità di confrontarsi, assaggiando le birre prodotte alla ricerca di eventuali errori dovuti all’ inesperienza durante tutta la fase di produzione. Qui abbiamo stretto amicizie incredibili e siamo cresciuti tutti quanti di livello in maniera esponenziale.
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Tecnica AG, perfetto ma…AIO, tre tini, Biab? Il tuo mestiere ti ha portato a realizzare parti del tuo attuale impianto? Quali? Il mio impianto è un classico 3 tini senza tanti fronzoli tecnologici. Rispetto per chi li usa come i tilt, le pale rotanti,i magli perforanti e via dicendo. A me bastano un termometro, phmetro, frusta per la polenta per mescolare ogni tanto e il sorriso di chi fa quello che lo diverte. Naturalmente col mio lavoro mi sono costruito delle componenti come un fondo filtrante, un filtro bazooka in tubo inox e una serpentina in inox corrugato.
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Quali sono i tuoi cavalli di battaglia? Adoro produrre birre di stile inglese, soprattutto ricercare antiche ricette di secoli fa per ricreare ciò che e’ stata la storia della birra. Non disdegno comunque gli stili del Belgo e birre alla frutta. Ultimamente mi sto appassionando al mondo Sour con piccole produzioni di birre brettate che bevo esclusivamente all’ interno del mio regno, il CAVEAU.
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L’intervista si ferma. Pausa di meditazione. Roberto Perticarini detto l’Americano ha un caveau???? Prima che la gente pensi a cose strane meglio approfondire.
Scusa ma…cosa è questo CAVEAU? Luogo dei sogni di ogni homebrewer. Non ci sono lingotti d’oro ma molto meglio! Una costante presenza di oltre 200 bottiglie di birra appartenente ad almeno 20 stili diversi. Meta di pellegrinaggio frequentata da molti amici con cui ci troviamo nelle serate dedicate alle degustazioni di nostre produzioni. Non mancano poi simpatici conoscenti di tutta Italia che si trovano in zona di passaggio. A tutti loro dico sempre: “Chi passa, beve!”
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La tua passione per il passato, alla continua ricerca di preservare e tramandare la memoria, al piacere di essere e fare cose diverse, sembra trasparire anche un po’ nel tuo look. Mi sbaglio? No, Giovanni, hai ragione. Tutto nacque da una foto di mio padre degli anni 60 scattata in Canada dove emigrò dopo la guerra. Una foto bellissima con 2 basette alla Elvis che mi fecero innamorare. In suo onore ho deciso di averle anche io. E’ il mio segno particolare, quello che nelle manifestazioni mi rende piuttosto riconoscibile.
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Pensi che oggi si parli di “birra” più per una tendenza (moda) piuttosto che per il piacere espandere il verbo con consapevolezza? Oggi fortunatamente la birra artigianale sta ritagliandosi il suo spazio tra l’abitudine di bere vino o birre industriali. Sta a noi cercare di far capire le differenze e le qualità, qualora ce ne fossero, delle birre artigianali.
Sei arrivato a festeggiare le tue prime 100 cotte. Quali sono quelle che ricordi e perché? Sono arrivato a 90 cotte senza tenere conto di eventuali prove da 5 litri altrimenti le avrei superate. Quelle che più ricordo sono quelle notturne dove solo con me stesso assaporavo ogni attimo della cotta, i profumi e il risultato finale.
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Il movimento brassicolo dalle vostre parti è attivo? Tra i circa 30.000 abitanti di Porto Sant’Elpidio hai qualcuno con cui confrontarti? Siamo tantissimi homebrewers e ci si confronta continuamente, sia in veste ufficiale nei concorsi che negli assaggi con relativi sfottò tra di noi. Vivo questa passione col sorriso sulle labbra e non credo che mi arrabbierò mai sui vari forum dove predico rispetto per tutti.
Di recente sei arrivato secondo alla prima tappa del campionato italiano homebrewers. Possiamo sapere qualcosa in più? Partecipare a concorsi non è il fine di questa passione, diciamo è un confrontarsi con altre persone e avere valutazioni da parte di giudici più esperti e non coinvolti emotivamente come quando me le assaggio da solo. Non partecipo a moltissimi concorsi, solo dove ci sono amici che organizzano e ho la possibilità di essere presente di persona. Quest’anno per la prima volta partecipo al concorso Mobi, un campionato italiano ben strutturato su 7 tappe con punteggi a ogni tappa. I primi 5, dopo queste tappe si scontreranno in finale. Lo affronto insieme al mio amico Christian Barchetta,un altro homebrewer bravissimo, ma abbiamo deciso per l’indipendenza delle cotte, ossia ognuno fa le sue birre poi si scelgono le migliori. Avendo gusti produttivi diversi ognuno di noi esprime il meglio di sé (io faccio beer fruit come la berliner ai frutti di bosco mentre lui le luppolate e i cloni). Il tutto col fine di divertirsi…e lo facciamo!!!!
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Che consigli di sentiresti dai dare a chi si avvicina al mondo dell’homebrewing? Di intraprendere un percorso fatto di studio e di appoggiarsi a qualche gruppo o almeno a qualche homebrewer che possa aiutarti a capire i meccanismi e i passaggi principali.
Sogni nel cassetto? Sogno nel cassetto? Poter vivere di birra, non in un birrificio mio, ma mettendo l’esperienza e la conoscenza a disposizione di tutti.