3 Dicembre 2014
Accise sulla birra: l’opinione dell’Onorevole Zanin
Tag: artigianale, birrifici, legge, tasse, viva
Il nostro portale, per fare un po’ di chiarezza sui problemi che gravano il mondo della birra, ha contattato l’Onorevole Giorgio Zanin, eletto nella circoscrizione Friuli Venezia Giulia e membro della Commissione Agricoltura. L’Onorevole Zanin, insegnante di scuola secondaria inferiore, da sempre si è occupato dei temi vicini al mondo della birra, spesso difendendo i piccoli produttori della sua zona di provenienza. Ecco le sue risposte alle nostre domande.
In Italia il mercato della birra viva ha fatto passi da gigante, però dal 2003 ad oggi le accise su questo prodotto sono aumentate in modo sconsiderato fino a toccare il 93% in più. Dal Gennaio 2015 l’accisa subirà un ulteriore aumento arrivando a toccare un +117% rispetto al dato del 2003 (fonte AssoBirra). Uno studio di Ref Ricerche per AssoBirra ha dimostrato che se le accise sulla birra fossero uguali a quelle di Spagna e Germania potrebbero generarsi ben 7000 posti di lavoro in più in un solo anno. Sarà possibile revocare questo ennesimo aumento prima che entri in vigore e progressivamente ridurre l’accisa e riportarla a valori più consoni come quelli di Germania e Spagna?
Nelle scorse settimane ho depositato a mia prima firma un emendamento in tal senso alla legge di stabilità in discussione in questi giorni alla Camera. In sostanza propongo di sospendere l’avanzamento che scatterebbe a gennaio 2015, con la prospettiva di una revisione più ampia della norma fiscale in materia di alcool. L’esperienza positiva realizzata con il tabacco pare trovare orecchie attente da parte del governo, quindi sono ottimista.
La birra è un prodotto naturale di fermentazione proprio come il vino con la differenza che viene utilizzato malto d’orzo al posto di uva. Secondo fonti dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli l’accisa (al primo Marzo 2014) sul vino (bianco, rosso o spumante che sia) è pari a 0 €, per quanto riguarda la birra invece è di 32,40 € per ettolitro (2,70€ per ettolitro e per grado plato). Può spiegare ai nostri lettori perché l’accisa sulle bevande alcoliche penalizza in modo eccessivo la birra a discapito di bevande come il vino?
Evidentemente la storia dei prodotti e il loro peso culturale oltre che economico hanno sin qui giocato nel nostro Paese una loro inevitabile parte. L’anno passato in Commissione agricoltura alla Camera quando ho promosso un emendamento per togliere le accise che servivano da copertura per il decreto scuola, ho constatato nella discussione come esistano difficoltà ad avvertire la birra come un prodotto “italiano” da valorizzare. Manca consapevolezza. Questa è una pista di lavoro dunque, per chi produce, per chi consuma e per chi legifera.
Il movimento della birra viva riesce a dare lavoro a circa 137mila persone, e grazie alla passione di queste persone si è ritagliato un’importante vetrina mondiale con le loro produzioni. Complice il calo dei consumi derivato anche dall’aumento delle accise, questo settore rischia di andare in grande crisi e mettere a rischio questi posti di lavoro. Quali misure si possono adottare per far si che questi imprenditori crescano anziché decrescere?
La qualità è la strada maestra per un Paese con il profilo geografico e agroalimentare dell’Italia. La crescita può derivare da alcuni fattori di tutela della qualità, dalla promozione tutelata della stessa e dallo sviluppo del commercio estero. Da parte degli imprenditori c’è la possibilità e l’opportunità di fare sistema per assicurare una riduzione della spesa anzitutto in termini di distribuzione e pubblicità.
Come ben saprà la definizione di birra artigianale a termini di legge in Italia non esiste. Nel 2011 il birrificio Almond 22 è stato addirittura multato per aver apposto sulle proprie etichette la dicitura “birra artigianale”. Visto che la legge che disciplina la produzione di birra risale al 1962 (Legge n. 1354/1962) in futuro sarà possibile modificare questa normativa introducendo il concetto di birra artigianale ed eliminando concetti obsoleti e poco chiari come ad esempio quello di “birra doppio malto”?
Ho allo studio un provvedimento di legge in questa direzione. Conto di presentarlo entro pochi mesi e di contribuire in questo modo all’apertura della discussione di merito alla Camera dei deputati. In questo senso ritengo possa risultare molto preziosa l’esperienza di chi come voi “sta sul pezzo” con competenza, per passione. L’osservatorio di cui disponete è certamente un elemento da valorizzare.
Parlando sempre di normativa in una nostra recente intervista il patron del Birrificio Agricolo Baladin, Teo Musso, ha dichiarato che le istituzioni dovrebbero chiarire chi può scrivere sui propri prodotti la dicitura “birrificio” perché esistono alcuni produttori che affittano impianti produttivi per produrre birra senza essere proprietari di un birrificio. Inoltre, sarebbe auspicabile la creazione di un marchio “made in Italy” che identifichi le produzioni che utilizzano materie prime italiane e che soprattutto la produzione avvenga in territorio italiano, non come alcune produzioni industriali che vantano un made in Italy fittizio. Nel prossimo futuro della birra italiana pensa che si possa arrivare ad una normativa del genere e come si dovrebbe agire?
Vale quanto ho detto prima: occorre un provvedimento di legge organico. Le leggi vanno fatte o per impedire o per favorire e non v’è dubbio che in questo caso una legge sulla birra vada fatta per incoraggiare le produzioni italiane, in primis quelle artigianali.