Numero 30/2016
29 Luglio 2016
Birra Kashmir: da un minuscolo borgo del Molise, un birrificio ispirato al Regno Unito.
Filignano è un piccolo comune di poco più di 600 abitanti, che si inerpica tra le montagne della provincia di Isernia: stupisce che proprio in questa minuscola località abbia sede un birrificio artigianale, tipicamente italiano, ma dal cuore anglosassone.
Dal 2012, infatti, grazie alla passione di due amici, Romain Verrecchia e Roberto Castrataro è nata dapprima una beerfirm, diventata, poi vero e proprio birrificio grazie al successo crescente riscontrato tra gli appassionati di birra.
Tra le montagne filignanesi nasce così un’amplissima gamma di birre, che spazia tra stili molto differenti, tra cui anche l’IGA, ma di stampo strettamente inglese. Il Birrificio Kashmir, infatti, è nato e cresciuto ispirandosi alla più pura tradizione anglosassone. Caratteristiche peculiari che si ritrovano non solo nelle birre, ma anche nella conformazione dell’impianto produttivo, tipicamente inglese e che ragiona in barrels, anziché in ettolitri.
In esclusiva per Giornale della birra, l’intervista a Romain Verrecchia, mastro birrario del Birrificio Kashmir.
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Romain, il vostro birrificio ha una storia particolare: dopo una lunga esperienza da homebrewer, esperienze all’estero e un inizio come beer-firm, si è concretizzato la realizzazione di un impianto indipendente. Come si è evoluto il vostro progetto in questi anni di attività?
Si è evoluto con lentezza. In realtà già nel 2013 avevamo deciso di diventare un vero birrificio, prima abbiamo avuto difficoltà a trovare una parte dei fondi, e poi purtroppo siamo stati inghiottiti dalla burocrazia italiana. Nonostante questi ostacoli, però, grazie ad una costante persevenaza e ad una passione mai venuta meno, siamo riusciti, passo dopo passo a realizzare il nostro grande sogno.
Molto interessante la vostre filosofia produttiva ispirata alla tradizione anglosassone: perché questa scelta? Quali sono le peculiarità del vostro impianto per consentire di far collimare l’innovazione della scuola italiana con la cultura brassicola inglese?
Ci ispiriamo al mondo Anglosassone, ma anche a quello Statunitense, semplicemente perché sono le birre che amiamo di più e perché ho una grande amicizia con il birraio di Ayr Brewing, casa brassicola scozzese, dove ho avuto l’opportunità per la prima volta di mettere le mani in pasta. Ci piace molto il loro modo di lavorare, molto più rilassato di quello italiano, ma nello stesso tempo più rigoroso e ispirato alla tradizione. Ovviamente si tratta di un confronto con una cultura produttiva molto più antica e radicata. Il nostro impianto è completamente manuale ed elettrico, quindi mash monostep, tanto lavoro pratico e attenzione costante ad ogni fase della produzione.
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Materie prime: come effettuate la selezione degli ingredienti per raggiungere l’eccellenza delle vostre creazioni?
Ovviamente per creare birra di qualità è necessario focalizzare tutte le attenzioni nell’individuazione dei migliori fornitori. Per le materie prime usiamo un paio di marchi rinomati di malti e solo luppoli rigorosamente in coni. I luppoli sono una parte fondamentale delle nostre birre, li compriamo solo se raggiungono le nostre esigenze, in primis la freschezza e una corretta conservazione.
Numerosissime le birre che producete, che spaziano tra stili molto diversi. Quale filosofia le accomuna? Molto interessante la vostra IGA, che ricorre all’impiego dei mosti di un vitigno locale: puoi darci maggiori informazioni?
La filosofia che le accomuna è che “vanno bevute”! Nel senso che vogliamo fare birre scorrevoli che non fanno fermare il bevitore al primo bicchiere. Chiaramente abbiamo anche una propensione alle birre caratterizzate dai luppoli e dai malti, meno dai lieviti. Comunque l’unica regola che vale è che se ci piace la produciamo, altrimenti no.
Per quanto riguarda la nostra IGA, il nome con cui l’abbiamo designata è “La Veritas”. Ha la particolarità di avere un’ aggiunta di uva di Tintilia, un vitigno autoctono Molisano, fornita dalla nota cantina di Di Majo Norante.
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L’esperienza maturata sul campo come imprenditori vi permette di analizzare il settore della birra artigianale italiana da un punto di osservazione privilegiato: come immaginate il futuro delle craft-beer made in Italy? Quali consigli dareste a dei giovani con il desiderio di avviare un progetto imprenditoriale simile al vostro?
Il futuro italiano penso che seguirà quello Statunitense, come sempre. Quindi la percentuale di penetrazione di mercato delle craft rispetto alle industriali andrà ad aumentare con lentezza, ma con certezza.
Gli unici consigli che mi sento di dare è di non avviare un beerfirm, non è un modello di business redditizio, e di non copiare i birrifici già esistenti in Italia, piuttosto ispiratevi la dove la birra ha una vera storia.
Maggiori informazioni sul Birrificio Kashmir e sulle birre sono disponibili sul sito web aziendale www.birrakashmir.com