Numero 25/2016
20 Giugno 2016
Birra Nursia: la birra dei Monaci di Norcia
Il Monastero di San Benedetto di Norcia ha una storia millenaria: l’antica basilica risalente al primo secolo d.C., ospitò comunità monastiche a partire dall’anno mille, ma, a seguito della soppressione della Congregazione Benedettina dei Celestini in epoca napoleonica, venne abbandonato. Solo in prossimità del secondo millennio, più precisamente nel 1998, le antiche strutture vennero recuperate per ospitare una nuova comunità di monaci benedettini, che, oltre a dedicarsi alla vita religiosa, hanno trovato nella produzione della birra una ragione del rispetto della regola “Ora et labora”.
Giornale della Birra ha avuto l’opportunità di intervistare il vicepriore del Monastero, Padre Benedetto Nivakoff, per scoprire come si svolge la vita della comunità religiosa e la produzione delle birre a marchio Nursia.
.
.
Padre Benedetto, come si svolge la “giornata modello” della vostra comunità monastica? Quale ruolo ha il lavoro alternato alla preghiera nel cadenzare il tempo della vita di un monaco?
I monaci birrai seguono molte pratiche della vita normale del monastero, anche se per alcuni aspetti devono adattarsi alle esigenze della produzione della birra. Si svegliano alle 3:40 della mattina, o alle 3:20 nei giorni di festa, come tutti i monaci. Ma invece di fare le preghiere normali ed il canto in gregoriano dei salmi, i monaci birrai assistono subito alla Messa, prendono un caffé al volo, e poi subito in birrificio per il mash. La preghiera, invece, trova spazio durante la fase di ammostamento. Dopodiché i monaci si alternano tra birrificio e chiesa per le 8 preghiere ufficiali del giorno, in modo da gestire le due cotte quotidiane, senza sottrarre tempo alla preghiera. Potrebbe sembrare anacronistico andare e tornare su e giù tra birrificio e chiesa per tutta la giornata, ma è proprio ciò che desiderava San Benedetto. Più si pensa esplicitamente a Dio durante l’intera giornata, più Dio può entrare nell’anima durante il lavoro. Più che “Ora et Labora” il motto del Santo patrono era “Ora Est Labora”: tutto il lavoro del monaco deve essere una forma di preghiera. Per la birra ha una conseguenza diretta, quanto cerchiamo di pregare bene, tanto cerchiamo di fare bene la birra.
.
.
Come è nato il progetto di avviare la produzione di birra all’interno del monastero? Quali sono state le fasi decisionali e pratiche con cui siete giunti all’avvio dell’impianto?
All’inizio il monastero dipendeva esclusivamente sulle donazioni. Era necessario perché eravamo in pochi e tutta l’energia si dedicava alla crescita della comunità. Ma con il passare degli anni cercavamo un modo di sostenere il monastero economicamente e anche di evangelizzare. Abbiamo capito che la birra era un valido strumento in questo senso. È un prodotto ricercato e la tradizione monastica ci permette di raggiungere alta qualità. Per di più, è un prodotto che, diversamente de un oggetto strettamente sacro, attira al monastero gente di varie origine. Una persona qualsiasi arriva per prendere la birra, ma allo stesso tempo vuole conoscere un monaco, vuole condividere l’esperienza di chi lo produce. In questo modo con la Birra Nursia siamo riusciti non solo ad aiutare il monastero a sostenersi, ma anche a condividere un bene spirituale con il mondo.
Don Francesco Davoren è il capo birraio: quale è stato il suo percorso formativo e quale è il suo ruolo nella gestione della brassatura? Come sono coinvolti gli altri confratelli nella produzione della bevanda?
Don Francesco ha studiato la brassatura da solo e anche fatto dei tirocini preso famosi birrifici monastici belgi. Dalla nascita del birrificio fin ad ora segue tutte le fasi della produzione della birra: le cotte, la fermentazione, l’imbottigliamento e la pulizia dei serbatoi e sala cottura. Altri monaci sono coinvolti con un incarico proprio nel birrificio, assumendo diversi ruoli. Padre Martino è il direttore generale, Frater Agostino il manager, e alcuni altri monaci assistono alle cotte e preparazione di ordini, spedizioni … assolvendo a tutte le necessità della produzione e della commercializzazione. Durante i giorni di imbottigliamento altri membri della comunità devno aiutare almeno per un ora, anche svolgendo i ruoli più ripetitivi, come mettere le bottiglie vuote o togliere le bottiglie riempite dalla linea di imbottigliamento.
.
.
Due sono le birre della vostra gamma: quale filosofia produttiva le accomuna? Come scegliete le materie prime e quali sono le caratteristiche dell’impianto produttivo?
Al momento le nostre birre sono la Bionda e la Extra, che vi invitiamo a degustare!
Scegliamo solo gli ingredienti migliori, prendendo inspirazione dalle birre e ricette monastiche, aggiungendo l’inspirazione italiana, per arrivare a una sintesi e interpretazione veramente unica, ma totalmente tradizionale. Volevamo pure che queste due birre si abbinassero con la gastronomia umbra. L’impianto produttivo del monastero è standard e non ha particolari peculiari; consiste di 2 tini (ammostamento e bollitura) con serbatoi per acqua calda e fredda, 5 serbatoi di fermentazione e una attrezzatura per l’imbottigliamento. Essere ben attrezzati è importante, però l’elemento essenziale sono la qualità degli ingredienti, la ricetta e specialmente un programma di pulizia studiato e preciso.
.
.
La produzione e vendita della birra rappresenta per la vostra comunità monastica un modo per essere a contatto con il mondo esterno: cosa desiderate comunicare ai consumatori della vostra birra, oltre la semplice gioia di bere una buona birra?
Il mondo è stato creato buono. Siamo noi che lo distruggiamo. Speriamo che la birra artigianale, fatta esclusivamente da noi monaci possa essere un ponte non solo tra il monastero e il mondo, ma anche tra il mondo e Chi l’ha creato!
Maggiori informazioni sulla Birra Nursia e sulla comunità monastica di San Benedetto di Norcia sono disponibili sul sito web www.birranursia.it