Numero 52/2016
30 Dicembre 2016
Birrai Artigiani Friuli Venezia Giulia: l’intervista al presidente Severino Garlatti Costa
Una delle criticità che più spesso è stata lamentata dai birrai artigiani è l’assenza di una vera e propria associazione di categoria: e infatti in alcune Regioni ci si è mossi in questo senso, spesso grazie anche al sostegno di Confartigianato. Tra queste c’è il Friuli Venezia Giulia, dove nel luglio del 2015 è stata fondata l’Associazione Birrai Artigiani Fvg: i suoi scopi, come specificato dallo statuto, vanno dalla consulenza in campo formativo, legale e fiscale, alla promozione di eventi e iniziative di vario genere e dei contatti tra birrai, alla sensibilizzazione del consumatore e degli enti pubblici, alla creazione di sorta di “gruppi di acquisto solidale” per le materie prime. Il Giornale della Birra ha incontrato Severino Garlatti Costa, titolare del birrificio Garlatti Costa di Forgaria, e presidente dell’Associazione – che oggi conta una quindicina di soci, su una trentina tra birrifici e beerfirm presenti in Regione.
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Quali sono stati i principali traguardi raggiunti dall’Associazione in questo primo anno di vita?
Il risultato più immediatamente “visibile” è stato l’essere riusciti ad organizzare numerosi eventi insieme, da Friulidoc, all’Artigiano in Fiera; e fondamentali sono state in questo senso le collaborazioni con Ersa (l’Ente Regionale per lo Sviluppo Rurale) e Confartigianato. Ma è stata proficua anche la collaborazione con le istituzioni, che già da tempo spingevano per avere un interlocutore unico: oggi abbiamo un rapporto continuativo con diversi consiglieri regionali, che ci consente di far presente le necessità del settore – dalle normative agricole alla promozione del prodotto – e devo dire che abbiamo trovato ascolto. Inoltre la Regione può porsi come mediatore tra noi e altre istituzioni, come l’Agenzia delle Dogane.
Quali sono state invece le principali difficoltà?
Innanzitutto il fatto che ciascun birrificio, essendo tutti di piccola dimensione, ha poco tempo da dedicare a mettere a frutto tutte le possibilità che l’Associazione apre: senz’altro servirebbero altre persone per sviluppare i vari progetti. Inoltre, ma non è certo un problema dei soli birrifici, non tutti capiscono l’importanza del mettersi insieme e fare massa critica: come singoli siamo inascoltati.
Ci sono delle specificità della Regione che possono essere utilmente messe a frutto da voi birrai artigiani?
Il fatto di essere tutti di piccola dimensione, e almeno per ora non numerosissimi, pur essendo per certi versi un limite ci consente di avere più agevolmente contatti diretti tra di noi. Inoltre siamo la Regione è è partita per prima nel campo della divulgazione culturale nel settore birrario, con la preziosa opera del prof. Buiatti dell’Università di Udine. Altre Regioni, come la Lombardia e il Veneto, ci hanno poi superati sotto questo profilo e mi rammarico che non si sia cresciuti con lo stesso entusiasmo; ma rimane comunque come punto di forza e come stimolo a dare nuovo slancio il “vantaggio d’immagine” di essere partiti per primi.
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Quali sono i progetti e prospettive per il futuro?
Senz’altro il lavoro da fare per crescere come Associazione non manca. Alla Regione abbiamo proposto la costituzione di un tavolo permanente con il nostro settore, e di farci conoscere attraverso le manifestazioni a cui la Regione partecipa all’estero: il mondo del vino già è presente, per cui possiamo esserlo anche noi. Tra i progetti che ci sono cari c’è poi la creazione di una piccola malteria, dando seguito alle sperimentazioni già fatte all’Università.
Come vedi invece, più al largo, il futuro del settore in Italia?
Dalle ultime analisi uscite è emerso ciò che già da qualche tempo noi operatori avevamo visto “sul campo”, ossia che esistono tre tipologie di birrifici artigianali: i piccoli e i brewpub, che lavorando su piccola scala e a livello locale fanno del poter vendere direttamente l’intera produzione il loro punto di forza; i “grandi”, che vogliono investire per crescere pur rimanendo artigianali, e devono strutturarsi in maniera adeguata per poter sfruttare le economie di scala; e in mezzo i “medi”, che hanno costi fissi paragonabili a quelli dei grandi, ma non riescono a sfruttare quelle stesse economie di scala né a basarsi solo sulla vendita diretta come i piccoli. Per i primi vedo un buon futuro, anche a fronte della crescita vertiginosa del numero di birrifici artigianali, grazie al loro radicamento sul territorio; così come sono ottimista per i secondi, purché a condurli ci sia qualcuno che ha una visione imprenditoriale. Per i terzi, invece, vedo una situazione più critica.