Numero 19/2020
5 Maggio 2020
Birrificio Bondai: la strana sorte di inaugurare al tempo di lockdown
Photo credits: Giulia Binutti – Obiettivo foto
Inaugurare in tempi di serrata coronavirus sembra quanto di peggio possa capitare a qualsiasi attività commerciale: e tanto più per una incentrata sulla socialità come un birrificio. Il birrificio Bondai di Sutrio, però, ha in qualche misura sfidato questo concetto. Luca Dalla Torre, homebrewer che possiamo definire “di fama nazionale” nella misura in cui ha vinto concorsi anche a livello italiano, ha infatti lanciato ad inizio aprile la sua attività: quattro birre – la Pils “Beib”, la Apa “Point Break”, la American Amber Ale “Heya” e la American Ipa Listen – prodotte in quel di Sutrio, paese della Carnia ai piedi dello Zoncolan – località turistica nota soprattutto a ciclisti e sciatori. La tap room per ora è chiusa, ma la produzione ferve: perché nonostante tutto, come ci racconta Luca, l’accoglienza è stata al di sopra anche delle più rosee aspettative del periodo.
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Luca, diciamocelo: data la tua abilità come homebrewer, in tanti si chiedevano quando avresti fatto il grande passo. Che cosa ti ha convinto?
Ho iniziato a fare birra in casa nel 2009; e l’idea di aprire un birrificio ce l’avevo già da quando, nel 2012, mi sono trasferito a Sutrio. A Treviso, mia città d’origine, forse non lo avrei fatto; ma qui trovo che il senso di appartenenza che si crea in una piccola comunità stimoli a mettersi in gioco. Ho iniziato da subito a sondare il terreno; ma l’occasione giusta si è concretizzata solo sette anni più tardi, quando l’amministrazione comunale ha deciso di destinare un vecchio mobilificio, che aveva acquisito e recuperato, alle attività commerciali locali. Così un anno fa ho iniziato i lavori, e non posso che ringraziare il Comune che mi ha sempre sostenuto.
Hai un elemento ispiratore nel fare birra?
La “scintilla” nei confronti della birra è scoccata durante un viaggio in Belgio: però, come vedete, ad oggi non c’è nemmeno uno stile belga tra quelli che produco. La cosa ha infatti preso un’altra piega con il mio trasferimento a Sutrio. All’epoca stava iniziando a farsi conoscere l’ormai celebre Foglie d’Erba, non troppo lontano da qui; e così sono andato a visitare il birrificio e conoscere il birraio, Gino Perissutti. Ricordo ancora il profumo di mosto al mio arrivo, mi è rimasto in mente in maniera indelebile. Da lì mi sono accostato agli stili britannici e americani, ho approfondito la conoscenza dei luppoli, e così ho imboccato questa strada. Anche grazie a Gino stesso peraltro, che non mi ha mai negato consigli e sostegno.
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I nomi delle tue birre e le citazioni in etichetta sono curiosi, ci dici come sono nati? E anche quello del birrificio, naturalmente…
Il nome del birrificio viene da Bondi Beach, nota spiaggia australiana, dove io e mia moglie abbiamo vissuto e lavorato per qualche tempo: si pronuncia appunto “Bondai”, e siccome è lì che ho scoperto i primi kit per homebrewer, l’ho scelto come nome per il birrificio. Per il resto, ogni birra prende il nome da un film che per me è significativo, e riporta in etichetta una citazione dal film stesso. Ho chiamato la Pils “Beib” perché è stata un regalo per il compleanno di mia moglie, dato che lei ama questo stile, e in “Armageddon” il protagonista chiama “Babe” la sua fidanzata; la Apa “Point Break”, un film che guardo e riguardo e mi dà sempre nuove emozioni; e così via (non vi diciamo altro per non togliervi il gusto di scoprire le citazioni da voi, ndr).
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Ti sei trovato ad aprire in piena emergenza coronavirus, e in un luogo periferico come Sutrio: che sfide e che prospettive per il futuro pone questa situazione?
Ovviamente, quando avevo progetto di aprire ad aprile 2020, non immaginavo questa situazione. Presumevo di fare il grosso delle vendite in fusto nella tap room intercettando i flussi turistici da e per lo Zoncolan, e in qualche locale nei dintorni. Invece ho dovuto puntare sulla consegna a domicilio delle bottiglie e fortunatamente il successo è andato oltre le mie aspettative, tanto che ho già finito le scorte e messo ordini in attesa. In questo senso, il fatto di essere appena nato è stata la mia fortuna: non ho magazzino da smaltire e ho potuto immediatamente adattare la produzione alle nuove esigenze, cosa più difficile per chi è già strutturato. Non ho potuto fare un’inaugurazione come avrei voluto, ma il fatto di aver consegnato in tutta la Regione grazie ad un “tam tam inaugurale” sui social mi ha forse dato una visibilità ancora maggiore rispetto a una festa a Sutrio – che prima o poi farò comunque. Certo non mi faccio illusioni: la ripartenza dopo il lockdown non sarà facile, e l’effetto novità di cui ora beneficio non durerà per sempre. Ma sono fiducioso.