Numero 11/2023
14 Marzo 2023
Birrificio Menaresta – Una chiacchierata con Enrico Dosoli!
Il Birrificio Menaresta è una realtà brassicola (e non solo) operante sin dal 2007, più di 15 anni di rinomata attività, ma dove siamo? Il birrificio è situato nella celebre cornice della Brianza, più precisamente siamo a Carate Brianza (provincia di Monza e Brianza). Ci troviamo all’interno di un’affascinante vecchia area artigianale (ex fabbriche Formenti, oggi, divenuta un Distretto del Gusto). Una linea di referenze lunghissima, circa 35 esclusi sidri e birre una tantum. La maggior parte delle birre Menaresta è ad alta fermentazione. Il background è di stampo belga, successivamente angloamericano, ma si stanno anche facendo tentare dalle basse fermentazioni. Un birrificio davvero singolare e legato alla qualità. Ma chi sono i protagonisti? I soci: Enrico Dosoli, birraio e contadino, agronomo prestato alla birra. Marco Rubelli, bottegaio cantastorie. Collaborano con loro: Oscar Mancin, tecnicissimo birraio. Andrea, cantiniere. Lorenzo Scardoni, the tradesman. Miky (Kisscane), Marco, detto Tortellino e Saretta in taproom. Per l’occasione, ho avuto il piacere di scambiare due chiacchiere con Enrico e di sorseggiare una birra con lui, vediamo cosa mi ha raccontato…
Come hai iniziato a produrre birre?
“La verità è che ho iniziato perché era una cosa curiosa produrre la birra in casa. Il fratello di Marco (Rubelli, il socio ndr), ai tempi, mi disse che c’era il kit per fare la birra e mi propose di farla insieme, avevo circa 17 anni. Abbiamo iniziato in questa maniera: homebrewing con il kit di Mr Malt. La situazione era effettivamente curiosa, simpatica e la prima birra è sempre buonissima, la seconda no… poi, mi sono appassionato di più. Ho iniziato a studiare agraria, si studiavano fermentazioni, materie prime etc. Il tutto è cresciuto, ho trovato amici che hanno iniziato a fare birra insieme a me. Per gioco prima: partiti con il kit e passati all’ “all grain”. Durante la festa di primavera, con gli amici di agraria, si vendeva sempre vino ed abbiamo deciso di portare birra artigianale fatta da noi, avevamo 22-23 anni. Per passione poi: volevamo vedere come si facevano le cose e la birra ci piaceva berla principalmente. Ci piacevano quelle particolari. Abbiamo ricevuto un grande insegnamento dal nostro amico Dirk, ci ha fatto conoscere le birre belghe che non si trovavano facilmente in giro. Pensa che le prime birre fatte con il birrificio erano di quello stampo, vedi la San Dalmazzo (Belgian blonde luppolata con Cascade ndr). Tutto nasce per la nostra voglia di bere birre e di fare le cose soprattutto, conoscere il procedimento, assaggiarle etc. Dopo gli studi, nasce l’idea di fare qualcosa inerente agli studi stessi e c’erano già alcuni esempi come Lambrate, Birrificio Italiano e Beba. Andavamo anche a trovarli per assaggiare le loro birre. Le prime produzioni prima dell’apertura del birrificio erano sempre molto scanzonate. Quindi, finalmente, è scattata la decisione di aprire il birrificio, coinvolgendo anche Marco.”
Come si è sviluppata la squadra nel tempo?
“Ciò che mi piace di me e di Marco è che apriamo le porte a chi è veramente interessato a questo mondo. Un piccolo esempio: com’è nata Birra Madre? Chiaramente, la prima spinta è stata data da Dirk e da Kuaska grazie ai suoi viaggi organizzati in Belgio. Una seconda ed importante spinta è stata data anche da un nostro amico, Mirko Iacovino che collaborava con noi in birrificio. Il birrificio faceva un sacco di mercatini con SlowFood ai primi tempi ed abbiamo conosciuto Davide Longoni in queste occasioni. Davide ha sempre usato la pasta madre come panificatore: noi abbiamo assaggiato il “lambic” del pane! Abbiamo provato a farlo con la birra ed il primo tentativo era da lavandino! Ci abbiamo creduto, ci abbiamo riprovato e Mirko ci ha spinto in questa direzione. Abbiamo ottenuto il prodotto finale! La squadra nasce in questo modo, per passione. Anche con Valeriani, la collaborazione è nata per passione. L’ho conosciuto ad una manifestazione, abbiamo bevuto l’ultimo fusto della Felina con gli amici, ci siamo rivisti, frequentati e confrontati, da lì, è nata la collaborazione. Si segue sempre l’esigenza di scegliere persone che aiutino nel lavoro. Tutte le persone che sono nella squadra hanno la loro caratteristica, ma ti danno tanto.”
Avete anche altri progetti oltre le birre…
“Sì, abbiamo la parte della sidreria oltre la parte delle birre sour del birrificio, nata tramite l’incontro con Davide Longoni, una parte importante del birrificio. I progetti sono tanti, ci vorrebbe più tempo per tutto! La sidreria è nata circa 3 anni fa (2019 ndr), ci sta dando soddisfazioni perché sta crescendo piano piano, facciamo sia sidri base (solo mela) che abbinando altra frutta (more di gelso), fermentazioni pulite in acciaio e sidri sour (pasta madre) . Possiamo dire che il birrificio ha tante anime. Per quanto riguarda il discorso taproom, considera che, quando abbiamo iniziato nel 2007, i birrifici che l’avevano erano brewpubs e si contavano sulle dita di una mano. Noi avevamo la produzione ed il gazebo di fianco con il frigo pieno di fusti per le spine e per i nostri amici, venivano a bere le nostre birre il sabato pomeriggio. La taproom era piccolissima, ancora oggi lo è, ma è molto intima. Fra i tanti progetti, c’è quello di ampliare sia la produzione che la taproom, ma senza esagerare. Questa è una nostra scelta commerciale.”
Come nasce il C.B.A. (Caution Barrication Area)?
“Riprendendo un po’ quello che ho accennato prima, Birra Madre nasce con un fermentatore piccolino, una botte, due botti, poi, qualche anno fa, abbiamo trovato uno spazio vicino al birrificio che è diventato magazzino delle birre finite e la bottaia vera a propria. La bottaia è visitabile e si riconoscono anche profumi molto intensi, riusciamo a fare un po’ di progetti interessanti. La CBA fa nascere la Caution Barrication Beer che si ispira alle Red Flamish, nata la prima volta quasi per scherzo e ripresentata anche al compleanno del birrificio (dal 30 settembre al 2 ottobre 2022 ndr) e siamo contenti del risultato. Questo nasce anche dalla voglia di voler fare delle birre particolari. Ma perché? Ai tempi, quando abbiamo iniziato noi, cosa andavi a proporre nei locali? Birre che contrastavano gli stili affermati che provenivano dall’estero? No, andavi a proporre delle birre principalmente particolari: siamo partiti con la blonde luppolata, la Scottish Ale con la cannella che, tra l’altro, funziona benissimo ancora adesso e la birra fatta con la farina di polpa di carrube. Siamo partiti con le birre che si differenziavano tanto e ce l’abbiamo nel sangue oramai, è rimasto come modo di fare del birrificio. Il progetto delle sour nasce per lo stesso motivo, siamo fatti così, è un progetto importante, porta via tempo, spazio e dedizione. Ci piace molto giocare sui gusti anche per il divertimento stesso. A livello commerciale, inizialmente, si discute con Lorenzo Scardoni, la nostra figura commerciale, ma, poi, ci prende gusto anche lui. Sei un birrificio che ha un ampio spettro di birre, è bello, divertente. L’importante è che la birra sia sempre buona!”
Sour, wild e barrel aged: tutta la loro sperimentazione elencata di seguito!
Birra Madre – “Lambic” con lievito madre fermentata in botte
Birra Madre in del bosc – Birra Madre con aggiunta di frutta
Bombyx – Birra Madre con more di gelso
La-ttoo Mango – Lacto barrel saison con mango
Panigada – Farmhouse Saison brettata con fiori freschi di sambuco
Otella – Brown Kriek con “cioccolato” di carruba e amarene
Roots in Wine – Old Ale invecchiata in barrique di Nebbiolo della Valtellina
Caution Barrication Area – Red Flemish invecchiata in botti di Laphroaig
Ho letto anche di corsi organizzati dal birrificio? Mi dici qualcosa in più?
“Ne abbiamo fatti tanti di corsi. Nel primo periodo, siamo stati molto legati a SlowFood. Prima ancora di aprire il birrificio, avevamo fatto il primo corso di degustazione sulla birra, al tempo, c’era anche Schigi che faceva da docente. Molti corsi sulla degustazione sono stati organizzati , successivamente, grazie al legame con Unionbirrai e, poi, ne abbiamo fatti altri sulla produzione casalinga sempre legati ad UB, ma anche autonomamente. I corsi si sono moltiplicati in Italia, per fortuna, noi ci siamo tirati un pochino indietro sia per il poco tempo a disposizione sia perché non era una cosa che mancava. Quando lavori tanto in birrificio, non ce la fai a seguire tutte le attività che vorresti. Nei primi anni, abbiamo divulgato soprattutto, almeno spero, grazie a tutti gli attori con cui abbiamo collaborato come SlowFood, UB ed anche gli homebrewers della zona. L’obiettivo era quello di diffondere la cultura della birra artigianale ed i corsi erano sempre pieni, la gente era contenta di partecipare. Negli ultimi anni, ci siamo un po’ rilassati, ci siamo dedicati ad altre cose.”
Visto che ne usate tantissime… come si scelgono le materia prime?
“Siamo sempre molto attenti alle materie prime che ci vengono proposte. C’era poca scelta all’inizio, circa 15 anni fa, poi, la scelta è cresciuta molto. Noi cerchiamo le materie prime da tutto il mondo, i luppoli arrivano prevalentemente dagli Stati Uniti per le birre che facciamo ed una parte dalla Germania. Negli ultimi anni, visto che è nata una filiera italiana, abbiamo iniziato a prestare attenzione anche per queste scelte. Facciamo una birra con materia prime completamente italiane, sia malto che luppolo, la birra è la Bicerada (Italian lager con malto d’orzo di Malteria Monferrato, i luppoli di Modena della Italian Hops Company e l’acqua brianzola ndr). Il malto italiano lo stiamo provando anche in altre ricette. Un’altra birra che è quasi tutta italiana è la Birra Madre, malto italiano e frumento italiano, il luppolo è tedesco invece. Bisogna ammettere che alcune malterie straniere hanno una qualità davvero ottima e si usano spesso visto che facciamo un’ampia produzione, discorso diverso se facessimo soltanto alcune tipologie di birre.”
Frutta e spezie invece?
“Partiamo dal sidro: utilizziamo le mele della Valtellina, il sidro è un prodotto completamente italiano e del territorio. Cerchiamo di usare tante materie del territorio, ma altre preferiamo usarle non locali per seguire sempre una buona qualità durante la produzione, vedi la cannella. Le carrube che utilizziamo sono siciliane ad esempio. Alcune materie locali non sono così caratterizzanti come altre che prendiamo dall’estero.”
Situazione eventi… Come avete deciso di partecipare e come vi siete organizzati?
“Questo aspetto lo ha curato sempre molto bene Lorenzo (Scardoni ndr). Gli eventi si scelgono un po’ per visibilità, un po’ per amicizia, un po’ perché ti piace l’evento, ci sono diversi fattori da tenere in conto come i volumi ovviamente. Noi ne facciamo tanti anche in birrificio, ma sono feste a tema come il MenaBelgium (festa nella quale ci sono solo birre a tema Belgio ndr) che funzionano bene, attirano pubblico e fai bere un po’ di Belgio anche a chi non lo beve. Questo è un nostro modo di fare anche un po’ di cultura sempre in maniera scanzonata.”
Le grafiche? Mi parli un po’ di come sono realizzate, chi le ha scelte etc.?
“Le grafiche… Quello che ci hanno sempre un po’ “contestato” è il fatto di non aver mai affidato le nostre grafiche ad uno studio grafico, una società che ti fornisce la sua visione e tutto il resto. La verità è che ci siamo sempre affidati alle nostre idee ed a persone che sanno fare il loro mestiere, ma ti seguono nella realizzazione. Quindi, tutte le grafiche che vedete sono realizzate partendo dalle nostre idee. Poi, da un po’ di tempo a questa parte, c’è la Miki (Marelli “kisscane” ndr) che le sviluppa, soprattutto quelle di Marco Quindi, ci siamo dati un’impronta simpatica, scanzonata, ma che ci definisce e ci rende riconoscibili, questo è un punto importante per noi. Poi, ci sono birre che hanno un carattere artistico forte come la Birra Madre: l’etichetta è un disegno di Mason, un artista locale a tuttotondo (noto anche per la Befana sul Lambro ndr) che ha sviluppato per noi l’etichetta relativa al progetto. Questa è la parte seria, al contrario del Balabiot che si trova in tutte le varie versioni sulle diverse etichette. La verità è che la grafica è una cosa che ci identifica molto, mostra quello che siamo.”
Progetti futuri?
“Avere un poco di spazio in più per migliorare delle cose come bottaia, taproom, sidreria ed un po’ la produzione. Impegnarsi in queste situazioni e, poi, divertirsi, lavorare di meno, ma aumentando solo leggermente la produzione. La sede è questa, rimarrà questa e non vogliamo spingere oltre un certo limite.”
Uno dei loro ultimi messaggi recita così e come dargli torto…
“Amiamo quello che facciamo, pare che anche molti altri amino quello che facciamo.”