Numero 06/2018
9 Febbraio 2018
Cercate una medicina alternativa? Ci pensa la Casa di Cura
Se cercate una cura diversa, a base di birre medicali, il birrificio la Casa di Cura fa proprio al caso vostro. La “clinica” trova sede a Senarica in un vecchio confetturificio, in cui FLEBO, T.S.O., TAC sono all’ordine del giorno ma soprattutto sono i nomi dati dai quattro soci ad alcune delle loro birre e con cui cercano di curare i malanni dei loro pazienti.
La nascita ufficiale del birrificio avviene nel marzo 2013, ma già nel 2012 si erano avute le prime cotte sperimentali. Tonino Ventilii, Alfredo Giugno, Loreto Lamolinara e Luigi Recchiuti (quest’ultimo, fondatore del birrificio, è uscito dalla compagine sociale nel 2016) decidono di aprire la loro attività, sfruttando anche la vicina Fonte Mercurio che garantisce costante acqua purissima con bassa durezza e povertà di calcare, ideale per creare birre dal carattere “pulito” e leggero.
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Oggi, in esclusiva per Giornale della Birra, ho conosciuto Alfredo Giugno che mi ha informato su tutti i trattamenti che svolgono alla Casa di Cura.
Il concept è un modello ospedaliero e la birra è la medicina per i malati. Come è nata l’idea della Casa di Cura?
È nata guardandoci in faccia visto che noi, prima di tutti gli altri, avevamo bisogno di cure e abbiamo pensato ad una medicina alternativa, abbiamo scelto di creare le birre medicali.
La vostra linea di birre è ispirata ai trattamenti ospedalieri. Parlaci un po’ delle birre che producete. Da quale corrente traete ispirazione?
Le prime due birre che abbiamo realizzato sono di ispirazione inglese; la FLEBO è una Brown Ale di 4,3 gradi alcolici che utilizza quindi sia i luppoli che i malti di stampo anglosassone. Per quanto riguarda la TSO è una IPA di 7 gradi alla quale siamo particolarmente legati perché non è solo una birra ma anche un progetto che nasce dall’idea di fare una birra “didattica” con una caratteristica distintiva, cioè ogni lotto prodotto è unico, dato che su una stessa base di acqua, malto pilsner e lievito, vengono ogni volta utilizzati abbinamenti diversi di luppolo e spezia o frutta. Lo stesso luppolo è quindi utilizzato in amaro, in aroma e in dry hopping e in ogni cotta cambiamo luppolo. Dopo, abbiamo tratto ispirazione sicuramente dal Belgio dato che produciamo una Saison chiamata TAC ed una Tripel, sempre in stile, caratterizzata con il miele millefiori che aggiungiamo in bollitura e che viene prodotto dalle api che sono dietro al birrificio e quindi fanno parte del nostro ecosistema.
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Dopo, abbiamo fatto la Peacemaker che è una collaboration con Buskers beer, una Scotch Ale ispirata al mondo delle birre scozzesi, anche grazie all’utilizzo di malti torbati che le donano un retrogusto di torbato e sentori di whisky scozzese. L’ultimo progetto nato è la NEURO, che prende dall’idea della TSO questo principio di cambiare. Noi siamo un piccolo birrificio e ci piace sperimentare, però sempre mantenendo l’equilibrio e l’armonia nelle birre, che dapprima devono essere bevibili e poi ci devono dare la soddisfazione di creare qualcosa di nuovo ogni volta. Di base è una Irish Stout Dry cioè secca, la prima l’abbiamo fatta secca così come volevamo e poi le versioni successive, che attualmente sono tre con ingredienti differenti. L’ultima birra che produciamo è una collaboration chiamata Santa Morte che è una RIS (Russian Imperial Stout), concepita in Messico dal beer sommelier Eduardo Villegas (oggi titolare oltreoceano del microbirrificio Tatuaje) nata in Italia dalla condivisione che abbiamo fatto con gli amici di Opperbacco e con Luca Madonna, che è uno dei soci della beer firm abruzzese Holy Wood.
Da qui è nata l’idea di questa birra di 10,2 gradi che portasse dentro il carattere del creatore con in più l’utilizzo di tabacco maturo, che è il tabacco con il quale viene chiuso il sigaro, al quale abbiamo aggiunto la genziana, che è un prodotto caratteristico abruzzese e del legno di palissandro messi sempre in bollitura.
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Quanto pensi siano importanti le collaborazioni con altri colleghi? Avete altre birre in cantiere?
Si certo, assolutamente. Le collaborazioni ci danno la possibilità di crescere e di confrontarci in una prospettiva di continuo e reciproco miglioramento. In un birrificio, dopo un pò di tempo i tuoi modi di fare o di produrre diventano automatici, e il confronto con i colleghi è sempre migliorativo, perché riesci a cogliere degli aspetti che ti sembravano già scontati e che invece il confronto ti aiuta a scoprire. Per esempio ad accorciare dei tempi o a colmare eventuali piccoli difetti.
Per adesso vorremmo migliorare le birre che già produciamo, e vorremmo continuare a sperimentare sia sulla TSO che sulla NEURO.
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Ringrazio Alfredo Giugno per le informazioni sui loro trattamenti e convinto dalla bontà della loro medicina alternativa, mi accingo a testare una delle loro birre medicali.
Per maggiori informazioni sul birrificio La Casa di Cura visitate il sito : www.birrificiolacasadicura.it