Numero 19/2019

8 Maggio 2019

Cooperativa sociale Pausa Cafè: Intervista con Emiliano Andreatta, coordinatore del progetto “Birrificio” presso Saluzzo

Cooperativa sociale Pausa Cafè: Intervista con Emiliano Andreatta, coordinatore del progetto “Birrificio” presso Saluzzo

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Ad oggi in Italia ci sono più di 1000 “marchi brassicoli” ognuno con la sua storia, obiettivi, mission, forma giuridica e altro. Il progetto “Birrificio” presso Casa di Reclusione “Rodolfo Morandi”, di Saluzzo, Piemonte, di sicuro non è solo un birrificio; infatti, la persona che lo coordina, Emiliano Andreatta ce lo conferma: Il mio ruolo è quello di coordinatore del progetto ‘”Birrificio” presso Saluzzo. Ciò richiede la fusione dell’aspetto produttivo con quello sociale, andando al di là del semplice birraio, attività che comunque svolgo e che ritengo principe.

Ringraziamo moltissimo Emiliano per la sua disponibilità ed il tempo che ci ha dedicato per mettere insieme tutti i pezzi, fotografie (per cui abbiamo dovuto aspettare autorizzazioni speciali) e rispondere ovviamente alle nostre domande.

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Cos’è Pausa Cafè, da dove parte quest’idea, dove opera e quale e il suo ruolo?

Pausa cafè è una cooperativa sociale nata nel 2004 da un gruppo di appassionati di caffè, tra cui il presidente Marco Ferrero, che chiedevano alle grandi torrefazioni italiane di introdurre tra le loro produzioni il caffè di piccoli raccoglitori del Guatemala, colpiti da una forte crisi di mercato. La risposta fu negativa. Da quel momento la cooperativa invece di darsi per vinta decise di fondare la propria Torrefazione all’interno del carcere di Torino Lorusso-Cotugno dando formazione e lavoro a persone svantaggiate.

L’idea è stata talmente di successo che Pausa Cafè l’ha fatta diventare un modello, aprendo negli anni successivi il Panificio nel carcere di Alessandria, il Birrificio presso Casa di Reclusione “Rodolfo Morandi, di Saluzzo e il Bistrot a Grugliasco, generando un percorso formativo che continua anche fuori dal carcere. Inoltre, la cooperativa ha la possibilità di offrire, a coloro che hanno avuto modo di cominciare il percorso lavorativo intra moenia, una volta tornati in libertà, la partecipazione attiva all’interno della cooperativa in qualità di soci lavoratori.

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Quale sono i vostri prodotti?

Attualmente produciamo il caffè a Torino, il pane ad Alessandria, la birra a Saluzzo.

Perché avete scelto di fare la birra artigianale e da quando?

Con il successo della torrefazione la cooperativa ha cercato altri prodotti alimentari compatibili con il modo e mondo in cui opera. Era il 2008. Per questi motivi si è scelta anche la birra artigianale.

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Quali sono le caratteristiche del vostro impianto di produzione attuale?
La nostra sala cottura Eco BrewTech è un tre tini classico (Mash, Filtro e Whirlpool) da 15hL nominali riscaldato a vapore, mentre la cantina è composta da sei tank in acciaio da 10hl l’uno, a temperatura controllata.
Per il condizionamento della birra usiamo una infustatrice e una imbottigliatrice entrambe completamente manuali. Volutamente si è deciso di limitare al minimo l’automazione del birrificio con lo scopo di investire più sulla forza lavoro delle persone che nelle macchine. Diciamo che siamo un birrificio “vintage” che permette di esprimere al meglio le caratteristiche dell’individuo.
Le uniche due semi-automazioni sono una macchina lava-fusti e una etichettatrice.
A concludere il birrificio un mulino a rulli, la cella frigo, il compressore di aria sterile e due frigoriferi.

Cosa vuol dire per voi fare birra artigianale?

Per la cooperativa significa poter sviluppare un altro prodotto eccellente e nello stesso tempo creare e/o valorizzare capacità lavorative di persone che in qualche modo le ignoravano o non le sfruttavano, rendendole spendibili una volta scontata la pena. Il valore aggiunto!

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Per i miei colleghi detenuti è una forma di riscatto con la possibilità di allontanarsi da ciò che vivono tutto il giorno, tutti i giorni. L’area del birrificio è una delle poche se non l’unica all’interno del carcere, non presidiata dagli agenti di polizia che, dando fiducia al nostro operato, ci permettono di creare un vero ambiente lavorativo. Ogni processo all’interno del nostro laboratorio artigianale viene analizzato e condiviso con i colleghi detenuti, dallo sviluppo di una nuova ricetta all’imbottigliamento. Ciò permette un coinvolgimento completo della persona che sentendosi valorizzata farà del suo meglio per tenere alto il livello del prodotto. Per quanto mi riguarda fare birra è il “ritorno alle origini”. Pur essendomi laureato in Tecnologie alimentari per molti anni ho lavorato in tutt’altro ambito, che è stato molto formativo, ma di fatto non mi ha mai fatto sentire pienamente “centrato”. L’esplosione della birra artigianale in contemporanea con l’attivazione del Master di Pollenzo mi ha permesso di ri-scommettere sul mio futuro. Oggi posso dire di aver fatto la scelta giusta, sono in un ambiente che mi permette di sfruttare a pieno conoscenze e professionalità.

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Quale sono le vostre birre, gli stili?

Le birre che produciamo si ispirano a stili tradizionali europei ben codificati, ma rivisitati in chiave moderna con un occhio verso materie prime di qualità che le impreziosiscono. Mi riferisco a spezie, malti, luppoli e l’utilizzo di “miscele” di lieviti.

Ad esempio, la Dui e Mes è arricchita da zafferano di Taliouine e pepe nero di Rimbàs, entrambi presidi Slow Food, così come la Chicca con caffè di Huehuetenango o la Ermes con incensi alimentari e miscela di spezie, oppure ancora la Taquamari con tapioca, amaranto, quinoa e riso basmati.

Insomma, facciamo della ricerca del gusto, attraverso materie prime di qualità, uno dei nostri punti di forza. Attualmente abbiamo in produzione: 

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Dui e mes: Saison di soli 2,5% alc. con zafferano di Taliouine e pepe nero di Rimbàs presidi Slowfood

P.I.L.S:  BohemianPils 4,7% alc. con luppolo Saaz in fiore

Ermes: Blache 4,7% alc. con miscela di spezie

Taquamari: Weiss da 5,2% alc. con tapioca, amaranto, quinoa e riso basmati

T.I.P.A: English IPA 6,7 alc. con luppolo tradizionale inglese

Triplete: Triple 9% alc. con utilizzo di una “miscela” di lieviti

Chicca: Stout da 4,5% alc.  con caffè di Huehuetenango presidio Slowfood

Tosta: Barley Wine 12,5% alc. con cacao del Costa Rica

Navidad: Birra di Natale 8% alc. con melograno, cedro candito, uva sultanina, spezia di Ceylon 

 

Nella nostra storia abbiamo prodotto anche altre birre, tra le quali quelle a fermentazione spontanea e sidri.

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 Quali materie prime usate e da dove ve le procurate?

Le nostre materie prime sono di origine europea, malti dal Belgio, luppoli di origine inglese, ceca e belga, lieviti francesi. Stiamo anche testando la bontà di materie prime italiane con l’intento di poterle inserire nelle ricette.

Come detto in precedenza facciamo anche gran uso di spezie, incensi, caffè, cioccolato… Questi vengono scelti tra prodotti del pianeta eccellenti e solidali, così come i nostri.

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Per quanto riguarda i ragazzi che lavorano con te al progetto, la loro situazione è molto particolare, ricevano un corso di formazione prima o imparano tutto sul campo? Cosa pensano loro del progetto?
I ragazzi seguono sul campo un corso di formazione tecnico-teorico continuo. La formazione tecnica viene svolta attraverso l’affiancamento ai colleghi più esperti e poi completata con miei interventi, mentre la parte teorica è completamente a mio appannaggio con l’ausilio di testi professionali di diverso livello.
I limiti di apprendimento sono la loro motivazione e la mia preparazione, ma come anticipato, per fortuna ci sono i libri!
Il poter lavorare per molti detenuti è già di per sé un privilegio, farlo in quest’ambito è un di più; in molti vorrebbero ma purtroppo i posti sono limitati. I ragazzi che giungono in birrificio sono persone di diversa estrazione sociale, culturale, etnica e religiosa, ciò che li accomuna è il forte desiderio di riscatto.

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Quali sono gli aspetti positivi e negativi del vostro progetto?

L’aspetto impagabile nel far parte di questo progetto è l’esser consapevole, anche dopo la giornata più faticosa o quella in cui tutto è andato storto che oltre ad aver realizzato un prodotto di alta qualità si è partecipato, pur nel piccolo, a rendere “casa nostra” un po’ migliore.

Non parlerei di aspetti negativi legati al progetto ma di punti (task) che man mano vengono affrontati e risolti.

Per quanto riguarda il mio lavoro, invece, il birrificio di PC ha visto alla sua guida l’alternarsi di bravissimi birrai con capacità incredibili che hanno arricchito il progetto professionalmente e umanamente. Ciò però ha inevitabilmente condizionato di volta in volta il prodotto finale.

La mano del birraio condiziona la birra!

Ecco, la parte più difficile del mio lavoro è stata quella di fondere esperienze e capacità dei miei predecessori con le mie, ottenendo un prodotto per certi versi nuovo ma sempre fedele all’originale. In questo caso possiamo parlare di aspetto negativo? Non so, per me è stata ed è una bella sfida che continua ad arricchirmi.

 

Ringrazio anche Rosita Tondo, mia collega del corso ITS Gastronomo di Torino che attualmente è in stage presso Pausa Cafè, per la realizzazione di questa intervista.

 

Per maggior informazioni su cooperativa sociale Pausa Cafèwww.pausacafe.org

 

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Lina Zadorojneac
Info autore

Lina Zadorojneac

Nata in Moldavia, mi sono trasferita definitivamente in Italia per amore nel 2008. Nel 2010 e 2012 sono arrivati i miei due figli, le gioie della mia vita: in questi anni ho progressivamente scoperto questo paese, di cui mi sono perdutamente infatuata. Da subito il cibo italiano mi ha conquistato con le sue svariate sfaccettature, ho scoperto e continuo a scoprire ricette e sapori prima totalmente sconosciuti. Questo mi ha portato a cambiare anche il modo di pensare: il cibo non è solo una necessità, ma un piacere da condividere con la mia famiglia e gli amici. Laureata in giurisprudenza, diritto internazionale e amministrazione pubblica, un master in scienze politiche, oggi mi sono di nuovo messa in gioco e sono al secondo e ultimo anno del corso ITS Gastronomo a Torino, corso ricco di materie interessanti e con numerosi incontri con aziende produttrici del territorio e professionisti del settore. Il corso ha come obiettivo la formazione di una nuova figura sul mercato di oggi: il tecnico superiore per il controllo, la valorizzazione e il marketing delle produzioni agrarie e agro-alimentari. Così ho iniziato a scrivere per il Giornale della Birra, occasione stimolante per far crescere la mia professionalità.