Numero 15/2019
10 Aprile 2019
Dalla terra alla bottiglia: riflessioni assieme a Gabriele Rosso
In questi giorni vi abbiamo già parlato della prima edizione di Hopiness a Bra, un evento che ha avuto come protagonisti aziende e personaggi del mondo della birra artigianale, in particolare la birra agricola. Il focus è stato sulle birre che hanno un forte legame con il territorio di provenienza, in particolare per l’utilizzo di materie prime locali. Il messaggio: DALLA TERRA ALLA BIRRA.
Su questo argomento abbiamo fatto delle riflessioni insieme a Gabriele Rosso che lavora con Slow Food Editore e Giunti Editore, e collabora con le guide: Osterie d’Italia, Slow Wine e Birre d’Italia. Scrive sulla rivista Slow, è caporedattore di Piattoforte, e durante questi giorni è stato uno dei moderatori e conduttori dell’evento.
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Ci dà una valutazione generale dell’evento?
Devo dire che Hoppiness è riuscito a essere sia una piacevole occasione di convivialità, sia un momento di approfondimento sul mondo della birra artigianale e agricola. Considerato che era la prima edizione, credo si possa dire che è stato un successo, e la mia opinione è molto positiva. Mi auguro che anche nelle prossime edizioni il filo rosso sia quello della birra agricola, perché la provincia di Cuneo è all’avanguardia in questo ambito e c’era bisogno di una manifestazione così. Agli organizzatori l’ho già chiarito a voce, spero che comprendano le ragioni di questa mia personalissima proposta.
Il messaggio “dalla terra alla bottiglia” è stato percepito dal pubblico secondo lei?
Notoriamente non è facile fare breccia in un pubblico che inevitabilmente è molto articolato per interessi e livello di conoscenza e approfondimento. Sicuramente gli incontri sono serviti a veicolare questo bellissimo messaggio, così come ha fatto la selezione dei birrifici. La pazienza e la competenza dei birrai nello spiegare il loro lavoro e le proprie birre hanno fatto il resto. Diciamo che mi auguro che il messaggio sia stato percepito, ma ho la consapevolezza che da parte loro gli organizzatori hanno fatto tutto il necessario per veicolarlo nel modo migliore possibile.
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Cosa vuol dire secondo lei il concetto “dalla terra alla bottiglia”?
Si tratta di un concetto che inserisce la birra artigianale in una nuova dimensione, prima pressoché sconosciuta o comunque minoritaria. Vuol dire dare alla birra una vera dimensione territoriale, non più circoscritta al semplice uso di frutta o spezie locali: si apre a un radicamento più profondo, che vuol dire orzo e luppolo autoprodotti, coltivati in zone circostanti o comunque in Italia. Notoriamente le materie prime delle birre hanno sempre viaggiato, ma io credo che l’Italia, paese con una forte vocazione agricola, possa trovare in questa nuova dimensione una sua specificità nel panorama mondiale della birra artigianale.
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La birra artigianale in Italia va nel senso giusto? Cosa manca secondo lei?
Manca cultura, innanzitutto. Purtroppo, gli appassionati di birra artigianale dall’esterno vengono visti come dei “nerd”, come una nicchia che si parla addosso. E purtroppo un po’ è davvero così: succede anche in altri campi, penso al mondo del vino naturale, pur con le differenze del caso. Quindi manca una cultura diffusa della birra, che può crescere e diffondersi solo attraverso due chiavi: la diffusione e il successo di birre semplici, accessibili ai palati di tutti, e la diminuzione della forbice di prezzo tra birre artigianali e birre industriali. L’altro problema cruciale risiede nel fatto che la sommellerie italiana è poco o per nulla preparata sulla birra artigianale, e qui le associazioni di categoria dovrebbero spendersi per colmare tali lacune. Infine, io credo, e questa è una mia personalissima opinione, che la recente legge sulla birra artigianale, che pure ha posto dei paletti importanti per i birrifici, non aiuti affatto il pubblico a comprendere meglio questo mondo.