Numero 46/2019
11 Novembre 2019
Giovanna Merloni e il birrificio “I Beer”, dove la birra è frutto della terra e della sua creatività
Oggi la protagonista della nostra rubrica “Le donne della birra” è l’imprenditrice Giovanna Merloni, titolare del birrificio “I Beer”, che ci racconta la sua storia e come è venuta in contatto con il mondo della birra artigianale. Il suo è un birrificio agricolo che sorge sulle colline marchigiane, a pochi chilometri dalle spettacolari grotte di Frasassi e dalla città di Fabriano.
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Giovanna è una donna che sprigiona energia, voglia di crescere e di evolversi in continuazione. Il suo scopo è anche quello di accrescere la cultura birraria e nella sua sala degustazioni in occasioni dei vari eventi si possono scoprire degli abbinamenti più che interessanti.
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Ringraziamo Giovanna Merloni per la sua disponibilità e scopriamo insieme cosa ci ha raccontato.
Giovanna, raccontaci la tua storia: qual è la tua professione e come sei arrivata ad occuparti di birra?
Sono approdata al mondo della birra un po’ per caso: tutto è cominciato con un kit da homebrewer comprato per passare il tempo mentre ero in maternità…. i primi prodotti che sono riuscita a realizzare mi hanno entusiasmato talmente tanto che ho voluto iniziare ad approfondire sia le vere e proprie le tecniche di produzione, che gli stili birrari internazionali. Da lì ad un anno sono riuscita a trovare finanziamenti per aprire un microbirrificio agricolo, praticamente sotto casa, dove ho potuto realizzare un piccolo sogno: quello di fare la mia birra e poterla anche vendere.
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Il tuo è un birrificio agricolo: puoi raccontarci un po’ di più?
Ho scelto la formula del microbirrificio agricolo perché la mia famiglia aveva comunque un passato nell’agricoltura e siamo possessori di diversi ettari di terra. Lo stesso birrificio risiede in un fienile ristrutturato. Intorno al birrificio ci sono 6 ettari di terra coltivati ad orzo (utilizzo prevalentemente la varietà Steffi), e un ettaro di luppoleto. Le materie prime a km 0 sono uno dei pilastri sui quali si basa la mia filosofia produttiva: è ovvio che non coprono la totalità della produzione, ma considero molto importante riuscire ad offrire prodotti che “parlino ” del proprio territorio di origine. L’impianto di produzione è da 5hl, lavoriamo in doppia cotta in modo da realizzare circa 20 hl a settimana, e al di sopra del birrificio abbiamo una sala degustazione/ punto vendita dove organizziamo parecchi eventi che hanno lo scopo di far conoscere le nostre birre, ma anche in generale di creare una cultura birraria e “birrogastronomica” dove fino a adesso è mancata.
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E’ un lavoro molto duro quello di un agricoltore, ma credo sia anche motivo di orgoglio poter usare la propria materia prima nella produzione delle birre: ci puoi raccontare come avvengono tutti i processi nella vostra azienda?
La lavorazione della terra è affidata ad un terzista, io mi occupo di tutto quello avviene una volta raccolto l’orzo (o il luppolo). L’orzo viene raccolto agli inizi di luglio e viene generalmente lasciato riposare in un magazzino di stoccaggio qualche settimana, poi viene spedito in Germania dove, da anni, ci appoggiamo ad un micromaltificio nella zona di Monaco per trasformare il nostro orzo in malto prevalentemente di tipo PILS. I malti speciali vengono acquistati, ma nelle ricette c’è sempre dal 50% al 90% di malto “della casa”. I luppoli invece vengono raccolti tra fine agosto e la metà di settembre e in parte vengono congelati, in parte essiccati. Alcune piccole quantità vengono usate fresche per le birre che produciamo a fine agosto.
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Che tipo di birre producete? A cosa vi ispirate?
Sono una grandissima appassionata delle birre tedesche ed inglesi, e la mia gamma è fortemente influenzata da questa inclinazione. Per cui, piuttosto che concentrarmi sulle luppolature estreme, vado generalmente a lavorare sulle basse fermentazioni e i bassi tenori di alcool. Tra i miei prodotti principali ci sono infatti una german pils, una helles una mild e una weiss. Mi piace anche sperimentare, per cui stagionalmente lavoro anche su prodotti più particolari, che in qualche modo si legano sempre al territorio. Per cui ad ottobre lancio sempre una limited edition di birra alla zucca, due volte l’anno realizzo una imperial stout aromatizzata con bucce di melanzana essiccata e sigaro cubano, e a metà estate, subito dopo la raccolta della canapa, produco una blanche aromatizzata alla canapa. Nel momento della vendemmia metto sempre in conto la produzione d’una IGA, e vado direttamente in vigna a farmi spremere un po’ di mosto di uve locali per l’occasione.
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Quali sono i tuoi piani per il futuro e come vedi la situazione dei birrifici agricoli in Italia? Cosa possiamo fare per migliorare la situazione e incentivare i birrifici a produrre e usare le materie prime locali nelle loro produzioni?
Per quanto riguarda il mio futuro ho in programma di potenziare l’impianto ed elevarne il livello di automazione: questo lavoro è molto appassionante, ma la tecnologia aiuta sia a migliorare la qualità del prodotto, che la qualità della vita. Passare troppe ore solo in produzione, non consente di aprire la mente verso nuovi sviluppi. Per quanto riguarda la situazione generale dei birrifici agricoli Unionbirrai sta portando avanti un bel progetto proprio in questi giorni, di cui sicuramente siete anche voi informati. Sicuramente un bel punto di partenza è quello di fare cultura, e chiarire le idee a tanti piccoli birrifici che stanno nascendo nel nostro paese. In merito al discorso di incentivare i birrifici ad utilizzare le proprie materie prime…per la mia esperienza molto dipende da quante risorse umane ha a disposizione il birrificio e da quali sono la mission e la vision. Ci sono birrifici in cui l’unico obiettivo è fare birra, e altri in cui la birra è il risultato di un progetto più ampio. E comunque…. coltivare la terra e fare birra sono due occupazioni che da sole, svolte singolarmente, già occupano il 100% del tempo: forse per questo molti microbirrifici preferiscono approvvigionarsi di materie prime acquistate, non hanno tempo e modo di provvedere autonomamente ai loro fabbisogni. la mia fortuna è che vengo da una zona agricola e ho “antenati” del settore, per cui fin da subito ho voluto sviluppare un progetto che partisse dalla coltivazione della terra e dall’utilizzo di tipicità locali.
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Come donna, ti senti avvantaggiata o svantaggiata nel fare il tuo lavoro?
Onestamente non ci penso mai…quindi probabilmente non sono né avvantaggiata né svantaggiata. Credo che lo spirito imprenditoriale possa essere sia “uomo” che “donna”, quindi la strada per il successo sia percorribile, anche nel settore birraio, da entrambi i sessi. L’unica cosa che un pochino mi penalizza è la forza fisica necessaria per alcuni lavori brutalmente fisici che si svolgono all’interno del birrificio, ma per questo ho due aiutanti fantastici che mi evitano la maggior parte della fatica. Mentre per tutto il resto credo proprio che, mettendoci tutta la passione e la grinta del mondo, non ho problemi ad arrivare ai miei obiettivi!!!
Per maggior informazioni: www.ibeer.it