Numero 40/2021
6 Ottobre 2021
Giramondo… grazie alla birra!
Parliamo spesso di birre e birrifici, ma spesso ci si sofferma poco su quello che è per alcuni un lavoro quotidiano.
Un lavoro che è sicuramente una passione, ma dove nulla è lasciato al caso.
E se durante gli eventi c’è la possibilità di vivere momenti goliardici, nella vita di tutti i giorni è un lavoro che non permette errori.
Ho pensato così di fare due chiacchiere con Lorenzo Bandinelli, birraio di professione.
Il resto ve lo dice lui…
Lorenzo, vuoi presentarti ai nostri lettori?
Mi chiamo Lorenzo ma potete chiamarmi “Bando”, sono nato ne 1993 nato e cresciuto a Firenze. Ho vissuto un po’ in giro per l’Italia e per l’Europa per studio e lavoro. Faccio il birraio di professione, ma prima di tutto sono un appassionato di tutto ciò che riguarda la produzione di alimenti e bevande, in particolare la birra.
Come sei arrivato a fare il birraio?
Non è stato proprio un percorso lineare. Sono partito da un’intuizione che ho sempre avuto, ovvero che mi piaceva la birra più di qualsiasi altra bevanda, l’illuminazione mi è venuta quando, durante il mio tirocinio in triennale in una famosa azienda di tè fiorentina, ogni volta che arrivava un nuovo batch di tè o piante infusionali pensavo a come utilizzarlo in una birra. Durante i miei studi universitari a Parma e a Padova ( rispettivamente triennale di Scienze Gastronomiche e Magistrale in inglese in Italian Food and Wine) ho potuto approfondire la parte teorica della produzione e della microbiologia legata a questo fermentato, fino al giorno in cui ho iniziato a produrre birra a casa… non vi nego con risultati abbastanza drammatici, ma non mi sono tirato indietro fino ad arrivare al punto di scegliere come luogo per i miei due tirocini in magistrale proprio due birrifici. Il percorso è stato costellato da grandi scivoloni, birre autoprodotte buone per sturare il lavandino, ma anche da grandi soddisfazioni e una crescita personale e lavorativa impagabile. La voglia di imparare e di non sentirmi mai arrivato è quella che mi spinge ad andare sempre avanti; la fortuna di questo mondo è di essere molto dinamico ed ogni giorno c’è qualcosa nuovo che viene fuori o qualcosa della tradizione che viene riscoperto e per me è molto entusiasmante.
Non hai però aperto una tua attività. Perché questa scelta?
No non ho aperto una attività e non ho intenzione di farlo nel breve termine. Come dicevo prima quello che mi muove è la passione e la curiosità per questo mondo, per adesso è un approccio molto genuino al prodotto. Ho avuto la fortuna di lavorare in birrifici dove ho potuto contribuire alla realizzazione delle ricette, dare la mia opinione, proporre modifiche, fino addirittura alla realizzazione di una ricetta completamente pensata, studiata e realizzata insieme ad un mio collega (Davide Balestri). In più credo che prima di aprire una mia attività debba avere le idee ben chiare su cosa voglio produrre, che approccio voglio avere rispetto alla birra e il target di consumatori; preferisco aspettare di aver maturato ulteriore esperienza e di essermi chiarito le idee prima di buttarmi in un tale progetto.
Non è creativamente limitante lavorare su ricette di altri, o comunque con direttive ben precise?
Beh, per certi versi può essere limitante se ti trovi in un posto di lavoro che non coinvolge i dipendenti nelle decisioni o nei progetti del birrificio, ma non è stato così per me. Ho trovato molto stimolante lavorare con altri birrai sulle loro ricette, confrontarsi e fare tesoro della loro conoscenza. Il lavoro del birraio può risultare ripetitivo per certi aspetti, ma quello che credo è che se la predisposizione personale è quella dell’apprendimento e della ricerca di un miglioramento costante in ogni fase del processo ogni giorno può essere occasione di crescita.
In quali birrifici hai lavorato?
Le mie prime esperienze sono state tramite l’Università con dei tirocini formativi presso Haandbryggeriet in Norvegia e da Põhjala in Estonia. Successivamente ho lavorato per Haandbryggeriet per 3-4 mesi nel periodo in cui stavano spostando il birrificio in una struttura più grande ed adeguata e subito dopo ho lavorato per il Piccolo Birrificio Clandestino di Livorno per 2 anni. Adesso da inizio luglio mi trovo di nuovo da Haandbryggeriet proprio dove tutto ebbe inizio.
La tua esperienza preferita?
Difficile da dire, ogni birrificio è diverso, i modi di lavorare sono diversi, le birre che si producono sono diverse. Sicuramente sono state tutte esperienze formative, dove ho avuto la possibilità di capire cosa significa lavorare in un birrificio. Posso dire di avere un debole per Haandbryggeriet perché è stato il primo posto che mi ha dato la possibilità di fare esperienza e di iniziare ad intraprendere questo percorso con l’aiuto di persone che io definisco maestri come Michele, Kacper e adesso Stephen. Ma sinceramente, senza voler essere democristiano, non c’è un’esperienza che valga meno dell’altra.
Com’è la vita da birraio?
La vita da birraio è tanto sudore ma anche tanta birra! Non si hanno mai degli orari prestabiliti e qualcosa può sempre andare storto, si pranza o cena quando c’è tempo, ci sono molte pulizie e lavaggi da fare e non è vero che si beve tutti i giorni.. o forse si! Tendenzialmente è un lavoro che si fa per passione, non si diventa ricchi a fare i birrai, ma personalmente posso affermare che si ha una soddisfazione immensa quando le persone bevono la birra che hai prodotto e dicono: che buona! In più, specialmente nel mondo della birra artigianale, ci sono sempre nuovi trend, nuovi stili, nuove ricette da sperimentare e mille progetti che ti tengono attivo e permettono di non avere le giornate tutte uguali.
Qualche aneddoto divertente?
Difficile da dire, di solito le cose divertenti che accadono in un birrificio non risultano cosi divertenti per le persone che sono esterne a questo mondo. La maggior parte degli aneddoti sono per lo più legati a spurghi dei fermentatori con “docce” di luppolo e lievito su tutti i vestiti e la faccia.
Il comparto craft italiano paragonato ai mercati esteri che hai vissuto.
Difficile fare un paragone proprio per la differenza culturale che vi e tra questi paesi. Posso evidenziare alcuni aspetti che mi hanno colpito in particolar modo; sia la Norvegia che l’Estonia hanno una popolazione estremamente inferiore rispetto all’Italia, basti pensare che hanno rispettivamente 5,3 milioni e 1,4 milioni di abitanti, per cui i birrifici di media grandezza sono costretti ad avere una visione più globale nella produzione e nella vendita delle birre. Entrambi i birrifici nordici per cui ho lavorato cercano comunque di soddisfare prima il palato locale e successivamente avvicinarsi a quello estero, ma tendenzialmente quando raggiungi una certa dimensione devi fare i conti con l’export o con le vendite nei supermercati. L’Italia ha subito un boom di birrifici craft enorme negli ultimi 25 anni, molti lavorano a livello locale o nazionale e pochi escono dai confini e strizzano l’occhio al mercato globale o europeo, sia probabilmente per l’ampiezza del mercato locale sia per la grandezza media di un birrificio artigianale italiano. La Norvegia ha regole molto restrittive sulla vendita dell alcool, per esempio al supermercato e possibile vendere esclusivamente bevande alcoliche che non superano i 4,7%, tutte le altre possono essere vendute solo nei locali, ma si possono consumare solo all’interno del locale, o al Vinmonopolet, ovvero il monopolio di stato per l alcool. In più le tasse sull’alcool sono tra le più alte d’Europa e questo impatta molto sul prezzo finale e sulla scelta dei consumatori. A livello di gusti preferisco l’Italia birraria, più scelta e diversificazione, mentre in Nord Europa i birrifici e i consumatori di birra artigianale seguono molto i trend e le app di ratings, per cui tendenzialmente bevono NEIPA, Imperial stout con qualsiasi tipo di aggiunte e birre acide, anche se ultimamente ho visto una rinascita delle basse fermentazioni… che sia un ritorno alle origini?
E secondo te dove stiamo andando?
Penso che ci sia da contestualizzare a livello geografico questa domanda, in quanto paesi e popolazioni diverse si muovono a velocità o verso direzioni diverse. Il mondo della birra artigianale ha accusato un brutto colpo durante la pandemia ed adesso si inizia a rivedere la luce, ma sempre con una certa cautela. Questo ha portato a prendere scelte diverse nei birrifici, ho visto molti birrifici italiani sperimentare di più, buttarsi in stili che non avevano ancora percorso o rivisitazioni moderne di stili classici. La direzione credo che sia ancora da tracciare ma ho piacevolmente visto che nell’ultimo anno sono ritornate in auge un po’ in tutta Europa le basse fermentazioni, che la forzata e prolungata permanenza delle birre nei fermentatori causa pandemia abbia contribuito a questo trend? Solo il tempo lo dirà…
Cosa prevede il futuro? Progetti?
Ci sono tante cose che mi piacerebbe fare e sono sicuro che da Haanbryggeriet ci sia lo spazio e la voglia di avventurarsi in nuovi progetti, l’ambiente è stimolante e fin da subito sono stato coinvolto nelle attività del birrificio. Non voglio rivelare troppo ma uno dei prossimi progetti si tratta di un fermentato alcolico diverso dalla birra che mi ha sempre intrigato ma non ho mai avuto la possibilità di cimentarmi nella sua produzione…