Numero 19/2016
12 Maggio 2016
Herba Monstrum di Galbiate: da birrificio domestico a pub!
Dopo le due beerfirm del sud Italia e il progetto BEerInspired, ritorno nella mia Lecco, con gli amici dell’Herba Monstrum di Galbiate. Oggi vi presento le birre ed il locale di Marco, che ho intervistato nel suo locale, ovviamente sorseggiando le sue birre!
Marco , parlami della storia dell’Herba Monstrum.
E’ iniziato tutto più di 10 anni fa, poco più che ventenne, insieme a Matteo, il mio ex socio. Abbiamo scoperto di avere la stessa passione per la birra e abbiamo poi deciso di autocostruirci un impiantino per le cotte domestiche. Da qui sono nate le ricette che in futuro sarebbero poi diventate le birre di Herba Monstrum. La prima ricetta è stata la Musa una Pale Ale. Come beerfirm siamo nati nel 2012, ma in realtà le prime birre da homebrewer fatte con Matteo sono datate 2007 ; personalmente già dal 2003 provavo a fare birra con pochi attrezzi domestici.
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Come si caratterizza la vostra passione per la birra?
Abbiamo sempre ricercato birre diverse, poi con l’esperienza abbiamo capito che fare la birra non era poi così difficile e poi ci son sempre piaciute le produzioni artigianali. Io ho sempre fatto conserve, infusi e tisane, amo le erbe aromatiche e fare birra per me e gli amici non era affatto una cattiva idea.
E’ stata quindi una fortuna trovare un’altra persona come Matteo con le mie stesse passioni.
Parlami del vostro percorso formativo e com’è nata l’idea della beerfirm.
Eravamo una sorta di birrificio ” clandestino”, le birre piacevano e gli amici non aspettavano altro che le nostre birre, chiamate inizialmente con il colore del tappo, tappo rosso, tappo bianco…
Parte tutto dalla cantina, dalla ricerca di informazioni in internet e leggendo diversi libri più mirati su determinate cose e tante tante cotte.
L’idea inizialmente era non una beerfirm ma un vero e proprio birrificio, ma il mio lavoro precedente non mi permetteva finanziamenti: lavoravo nello spettacolo e sapevo che non sarebbe stato il lavoro
della mia vita, volevo un progetto mio. A un corso Unionbirrai ho fatto assaggiare le nostre birre e mi han convinto a buttarmi. Con le prime cotte prodotte da Hibu a Bernareggio, abbiamo dato vita a questa nuova avventura.
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In seguito avete aperto un locale, mi racconti qualcosa? Siete partiti subito con la cucina e gli abbinamenti birra/cibo?
La vendita diretta ti avvicina di più alla gente, quindi mi sono chiesto “perchè non aprire un punto vendita”?
Cucina semplice all’inizio, con prodotti del territorio con 4-5 hamburger semplici, in seguito abbiamo inventato nuovi hamburger con prodotti locali in abbinamento alla birra.
Aprire questo locale mi ha dato la possibilità di lasciare il mio vecchio lavoro ed avere qualche entrata in più, con l’obiettivo sempre di riuscire ad acquistare un impianto.
Come mi avevi accennato, ci sono stati dei cambiamenti a livello societario, vuoi aggiungere qualcosa?
Si, assolutamente. Matteo ha lasciato a causa del suo lavoro, che gli da sicurezza, ma occupa molto tempo. Siamo ancora ottimi amici, prima che ex soci, anzi a breve andrò nella sua cantina a testare con lui quelle che saranno le mie prossime birre sul nostro vecchio impianto. Attualmente sono solo io a portare avanti il tutto con un aiuto ovviamente nel pub.
Cosa ti soddisfa maggiormente nel tuo lavoro, aspetti negativi ce ne sono?
Positivi, tantissimi! Il locale è un po’ casa mia, quindi scelgo i prodotti migliori come a casa, così come vedere che nel tempo la clientela è più attenta alle birre che produco rispetto all’inizio, mi riempie di gioia. Aspetti negativi il tempo che dedico, troppo, avendo una famiglia vorrei avere più tempo per gli affetti. Ma sono sacrifici che ripagano.
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La vostra gamma oggi , qualche dato sulla produzione annua e se puoi dirlo dove producete? Novità?
La mia gamma comprende la Discordia, una brown ale – english bitter, alla quale nelle ultime due cotte ho lavorato per dargli un taglio più inglese ed equilibrato; una golden ale chiamata Musa; una apa double single hop che è la Tatanka Mani; la Malanotte, in stile outmealstout; una session ipa, chiamata Zulù e, infine, la Marco Polo, una belgian strong ale, che rappresenta nostra invernale.
Produzione , lo scorso anno abbiamo sfiorato i 30.000 litri.
Produco prevalentemente da The Wall e dal Carrobiolo, ma sto cercando da due mesi un capannone a Lecco con l’idea di arrivare a settembre con idee chiare sull’acquisto di un impiantino.
Una birra su cui punti molto, raccontaci in breve il perchè.
Il popolo acclama la Tatanka, mentre quella che adoro è la Zulù. Quest’ultima è una ipa ed è un mix tra uno stile antico e uno moderno. Gli Zulu’ in Africa producono una birra di sorgo leggera e acidula, a cui si ispira proprio la mia birra. 3,7 % di TAV, con alta percentuale di sorgo non maltato, ma ipa perché è mixata allo stile delle ipa super luppolate, amara , beverina e corpo ben presente grazie al sorgo non maltato. Inoltre, quando sbagliavamo qualcosa in cotta, in gergo io e Matteo ci davamo il nomignolo Zulù, non in senso offensivo, e mi sono poi informato su questa antica popolazione.
Progetti futuri, in parte mi hai risposto.
Si, come ti ho detto l’acquisto di un impiantino e 2 nuove birre, una con ingredienti locali, complessa, sulla quale dovrò fare ancora delle prove; l’altra una Ipa classica, da 6% di alcol, secca, con luppoli non moderni, che insieme alla Session Ipa e alla Double Ipa andrà a completare la gamma delle super luppolate.
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Infine come è nato il nome Herba Monstrum? E la scelta del logo?
Herba Mostrum, significa la pianta mostro o nella versione più poetica , l’erba miracolosa.
Nelle prime birre che abbiamo realizzato, questo nome era molto indirizzato alle erbe amaricanti e profumate che si trovano sulle nostre montagne e che fin da subito abbiamo utilizzato nelle nostre ricette.
Ad oggi questa birra, come anticipato, non è ancora stata prodotta su impianto, ma l’Herba Monstrum della birra, alla fine, è il luppolo. Anche se qualcuno pensa che Herba Monstrum, ossia la pianta mostro, è la pianta che troneggia all’interno del nostro locale.
Il logo è nato da una coincidenza: insieme a Matteo, eravamo seduti su di un fiorellone di luppolo a bere la nostra birra, ecco quindi il disegno.