Numero 11/2024
12 Marzo 2024
Hoppycrat: birre rivoluzionarie del Trentino
Il nostro viaggio tra i produttori di birra artigianali italiani ci porta oggi alla periferia di Trento, alla scoperta di un birrificio che rappresenta una delle realtà con più consolidata esperienza dell’areale e che ha vissuto un moto di rinascita e rigenerazione, non solo di immagine, che ne ha fatto decollare la diffusione oltre i confini locali. Infatti, questo birrificio è stato travolto da una vera e propria trasformazione: senza soluzione di continuità il noto Passion Brewery, già esistente da anni, ha avviato una vera e propria rivoluzione che ha coinvolto il rebranding, lo studio di nuove birre, un nuovo approccio al mercato, sempre con l’obiettivo di assicurare al consumatore la massima qualità e l’emozione della bevuta.
Ospiti del birrificio, andiamo alla scoperta della realtà produttiva in compagnia di Marco Tettamanti, Marzio Dalpalù e Michele Zotta che guidano, insieme ad una affiatata compagine di collaboratori, la sala cotta ed il locale annesso.
Marco, partiamo dalle origini del vostro progetto: quali i primi passi della tua attività da birraio, strettamente legata alla tua esperienza e formazione?
Il progetto, come molto spesso accade nel contesto della birra artigianale, affonda le sue origini in una storia di amicizia e condivisione di passioni tra coloro che poi sono diventati gli imprenditori e le anime del birrificio. Marzio ed io, infatti, siamo amici di infanzia e ci siamo avvicinati al tema della birra grazie alla comune passione per il cibo e per la storia e le emozioni legate agli alimenti. Poi l’interesse è diventato travolgente quando abbiamo scoperto il libro di Micheal Jackson, il celebre beer hunter internazionale, che ci ha aperto gli occhi sullo straorinario mondo della filiera della birra e delle sue infinite sfaccettature. Altri libri, i primi viaggi alla scoperta dei birrifici italiani ed esteri, soprattutto inglesi, la ricerca di nuovi prodotti con la diffusione delle artigianali in Italia. Nel 2011, inoltre, un viaggio in America, che ai tempi era nel pieno della rivoluzione delle craft Made in USA, mi ha convinto a voler seguire il sogno di aprire un birrificio. Convinti alcuni amici ad unirsi insieme per questa sfida, ho deciso di seguire un corso di laurea da birraio all’Università di Sunderland. Al termine del percorso formativo, nel 2014, ho iniziato una fase di formazione – lavoro alle dipendenze di nomi eccellenti delle birre artigianali europee per ritornare in Italia con la padronanza necessaria per mettermi alla guida della sala cotta di quello che sarebbe diventato finalmente il mio birrificio… quello dei miei sogni.
Marzio e Michele, i miei due soci, contemporaneamente hanno continuato la formazione nel settore economico e di marketing e così sì è costituito un sodalizio perfetto, non solo basato sull’amicizia, la stima e la passione comune per la birra, ma anche creando un pool di competenze settoriali, ampie e trasversali nell’ottica di creare e gestire una impresa complessa.
Quali sono state le fai dell’avvio del birrificio? Il ben noto Passion Brewery?
La prima fase di avvio, ovviamente è partita dalla ricerca del giusto locale in cui trovare sede. Abbiamo così trasformato un vecchio capannone industriale in un laboratorio produttivo dotato di tap-room. Personalmente ritengo che questa scelta, fatta nel 2017, avesse un forte carattere di innovazione, proprio perché se è vero che la mia esperienza all’estero mi aveva permesso di capire che la mescita diretta fosse una grande opportunità per il settore craft, in Italia tale modello di business non era ancora particolarmente diffuso. Siamo partiti, così, fin dall’avvio, avvenuto il 23 febbraio 2018, con questa particolare dedizione al contatto con il consumatore che, di certo, ci ha permesso di avere dei riscontri diretti sulle nostre birre, comunicarne in modo più efficace e senza filtri il valore e anche cogliere le aspettative e le richieste dei nostri clienti.
Quali sono gli stili birrari su cui punti maggiormente?
La produzione è iniziata con 5 stili di taglio prevalentemente anglosassone, proprio perché si trattava di quelli su cui più avevo avuto modo di formarmi non solo dal punto di vista teorico, ma anche grazie all’esperienza vissuta con la “gavetta” in birrificio. Si trattava di birre che ci hanno dato sin da subito grandi soddisfazioni. Solo a seguito del progetto di ampliamento della cantina, ho avviato anche la produzione delle basse fermentazioni. Ad oggi abbiamo 7 birre a produzione continua, a cui si affiancano alcune stagionali e one-shot. Questo ci permette di accontentare i consumatori più classici con gli stili di più facile bevuta, ma assecondare anche le esigenze particolari degli appassionati di stili decisamente più complessi. Per il mercato della distribuzione abbiamo puntato molto al tema dell’inlattinamento, che realizziamo servendoci di un servizio conto terzi.
Come è composta la cantina di produzione?
Abbiamo incominciato con un impianto di seconda mano con una sala cotta da 500 litri e capacità di cantina di 25 Hl. Ovviamente questo ci ha vincolati nelle prime fasi di sviluppo alle vendite presso la sola tap room che, come già indicato, è stato per noi un elemento molto importante di sviluppo e di crescita soprattutto in termini di qualità e di fidelizzazione del consumatore.
Ai fini di sostenere le possibilità di creare una distribuzione più ampia oltre alla sola collaborazione con i pub e locali in zona, già dal 2020 abbiamo iniziato a pianificare l’espansione di cantina, in modo da raggiungere una capacità produttiva di circa 100 hL mensili. Causa la pandemia, il nostro progetto di ampliamento si è realizzato solo a maggio dell’anno scorso, ma il salto qualitativo e quantitativo delle produzioni ci ha permesso di assecondare oggi dei contratti di distribuzione a livello nazionale con i quali siamo certi di raggiungere un pubblico appassionato.
Un punto importante per la vostra realtà è il contatto con il pubblico. Anche questo è un progetto che è cresciuto nel tempo…
A fianco della tap-room che è nata insieme al birrificio, oggi abbiamo anche realizzato un beergarden che ci consente di ospitare foodtruck e creare occasioni di convivialità e festa direttamente presso la nostra sede, valorizzando in modo sempre più forte le caratteristiche del nostro marchio, delle nostre birre, mantenendo sempre un legame diretto e personale tra noi ed i nostri consumatori. Il nostro è, quindi, un birrificio accogliente, che ci spinge ancora di più a mettere attenzione non solo alla qualità delle birre, ma anche all’armonia ed all’imprinting fresco e giovanile che si ritrova nella caratterizzazione delle etichette delle nostre lattine, piuttosto che negli arredi della tap-room e del garden, dei nostri slogan.
Quali sono i vostri obiettivi a lungo termine?
Sicuramente mantenere viva la nostra rivoluzione. La birra per noi è la lingua universale che unisce tutti i luppolocratici, i membri della nuova classe sociale, e la comunità è il cuore pulsante di tutto ciò che viene fatto. La diversità è celebrata e considerata una ricchezza che rende il mondo della birra artigianale più interessante.
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