Numero 32/2018
7 Agosto 2018
Il Birrificio Hibu non cambia pelle, birre di qualità e divertimento!
Il birrificio Hibu di Burago di Molgora conferma il suo approccio ‘scanzonato’ al mondo della birra anche dopo l’acquisizione nel mese di ottobre dello scorso anno da parte di Dibevit, società dedicata all’importazione di birre premium e speciali. Maggiore attenzione soprattutto sulle aree di Milano e Roma e nessun cambiamento a livello produttivo, ma una potenza di fuoco più forte in termini commerciali con un focus su 7-8 birre. Attesa dopo l’estate invece la nuova Bock.
Questi in sintesi i punti salienti dell’intervista esclusiva del Giornale della Birra, a Tommaso Norsa, uno dei tre soci Hibu che ad ottobre hanno negoziato l’acquisizione insieme a Lorenzo Rocca e Raimondo Cetani, quest’ultimo il mastro birraio. Lo abbiamo incontrato in occasione della seconda edizione del B(eer)BQ DAY che si è tenuta lo scorso 10 giugno nella sede del birrificio a Burago di Molgora (Mb).
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L’anno scorso siete stati acquisiti da Dibevit, società del gruppo Heineken focalizzata su birre premium e speciali. È cambiato qualcosa a livello produttivo?
Da ottobre si è aperta una nuova fase di sviluppo del nostro progetto, contraddistinta da una serie di situazioni in continuità e altre invece in mutazione. Niente è cambiato per ciò che riguarda la produzione. Continuiamo infatti a produrre nel birrificio di Burago, esattamente come prima, senza alcun condizionamento. Inoltre essendo mondi così diversi non abbiamo ad esempio neanche dei vantaggi sul fronte dei costi di acquisto della materie prime. In sintesi non è cambiato nulla. Raimondo Cetani è sempre l’autore delle ricette e si sveglia presto al mattino per far partire e seguire le cotte. La logica di un grande birrificio è quella di comprare grandi quantità di poche cose mentre quella di un piccolo birrificio è comprare piccole quantità di tante cose. L’accesso ai loro contratti è impensabile proprio per questo motivo. Poi, da parte della nuova proprietà l’idea è stata fin dall’inizio di non cambiare niente, di garantire continuità al consumatore. L’unica cosa che abbiamo fatto è stata rimuovere la scritta ‘craft’ per essere comunque tranquilli rispetto all’interpretazione della legge.
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In termini distributivi invece?
La rottura con il passato sta proprio qui, nell’accesso alla distribuzione. Naturalmente i canali commerciali del mondo Dibevit hanno una capacità di fuoco non paragonabile a quella che avevamo noi prima. Quest’anno, parlo del 2018, abbiamo deciso di potenziarci su due aree: Milano e Roma. Trasformandole nelle zone prioritarie. Milano perché geograficamente include il nostro territorio d’origine, Roma perché è quello di maggiore successo per la birra prodotta con determinate modalità, quelle appunto artigianali. Da un punto di vista della distribuzione il nostro prodotto è molto più presente nei locali e nei pub rimanendo destinato principalmente al canale Horeca. Rimaniamo pertanto canalizzati sul consumo fuori casa. Non abbiamo in programma lo sbarco nella grande distribuzione. Inoltre, ci siamo focalizzati sulla vendita in Italia, interrompendo quelle piccole iniziative di export in essere precedenti all’acquisizione. E per concentrarci sul brand abbiamo anche scelto di interrompere la produzione per conto terzi, rispettando ovviamente le varie scadenze contrattuali. Per cui entro la fine dell’anno arriveremo a produrre solo birre Hibu per il canale Horeca in Italia. Dal punto di vista della continuità vogliamo mantenere intatto l’approccio scanzonato e radicato al nostro territorio. Fino ad ora il mondo che ci ha accolti è stato estremamente rispettoso del nostro approccio. Nel senso che non ci hanno comprati per snaturarci. Il ragionamento è stato quello di dare ad Hibu le risorse necessarie per fare meglio ciò che già faceva prima, mettendo in gioco la capacità distributiva di Dibevit.
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Come hanno reagito i clienti all’acquisizione da parte di Dibevit?
Questo cambiamento per qualcuno dei nostri clienti, sia consumatori che gestori di locali, è stato motivo per interrompere il rapporto. Ma ce lo aspettavamo. Mentre per altri l’acquisizione è stata recepita come un fatto quasi tecnico. In ogni caso, abbiamo comunque cercato di essere rispettosi di un modo di pensare diverso dal nostro. Ad esempio, dal primo momento abbiamo rimosso la scritta craft. È una piccola cosa ma voleva essere un segnale. Ed è stato giusto così, nonostante fattivamente, nel processo produttivo, non è cambiato assolutamente niente.
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Quali novità ci sono per l’anno in corso?
Il grosso sviluppo è stato concentrato su 7-8 birre. Per la forza vendita del mondo Dibevit era più logico partire con una selezione limitata, evitando di disperdere le energie sulle nostre 25 birre. Anche se in casa continuiamo a produrre pressoché l’intero campionario precedente. Il focus come ho detto resta comunque su 7-8 birre. È stato un anno di consolidamento del nostro portafoglio. Dal punto di vista della scelta aggiungiamo solo una birra, una Bock che uscirà dopo l’estate e che rappresenta l’unica novità di quest’anno. L’anno prossimo invece pensiamo a maggiori novità. Mediamente abbiamo 20-25 birre disponibili in un anno, con un turnover di circa 5 etichette. Per l’anno prossimo l’idea è di ritornare a questo ciclo di nuove produzioni.
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In conclusione, siete soddisfatti dell’operazione con Dibevit?
Assolutamente, le premesse comportamentali che erano state concordate sono state rispettate. Chiuderemo quest’anno con una produzione doppia rispetto all’anno scorso. Quindi siamo molto contenti. Nel corso dell’estate aumenteremo anche la capacità produttiva per stare dietro alla richiesta che, nei mesi caldi, incrementa vertiginosamente.
Maggiori informazioni sul Birrificio Hibu sono disponibili sul sito web www.birrificiohibu.it