Numero 51/2019
18 Dicembre 2019
Il Birrificio Italiano sbarcherà a Napoli nel 2020! intervista a Agostino Arioli!
Il Birrifico Italiano di Agostino Arioli, punto di riferimento di tutto il movimento della birra artigianale della Penisola, punta a sbarcare a Napoli entro fine 2020 con un nuovo locale.
E’ questo, insieme alla rivisitazione della comunicazione del Birrificio, uno dei punti salienti emersi dall’intervista che il Giornale della Birra ha fatto in esclusiva ad Agostino in occasione della festa di compleanno dei due anni del locale del Birrificio Italiano a Milano.
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Sei soddisfatto di questi due anni?
“Siamo contenti. Il locale sta prendendo piede a modo suo anche nel modo in cui auspicavo. Qui funziona molto la fascia aperitivo, fino alle 22h00. La proposta di cibo, inoltre, è eccellente ma contenuta. Non è un ristorante e non vogliamo diventarlo. La gente viene qua per bere e l’atmosfera è unica e atipica. C’è anche un’attenzione all’estetica, che a me piace. Quindi, ammiro quello che siamo riusciti a fare qua. I ragazzi sono molto bravi. E’ un posto tranquillo dove non vieni per fare la ‘caciara’ del solito pub. E’ qualcosa di diverso, ma è quello che volevamo fare noi”.
Hai in mente dei cambiamenti per il locale in futuro?
“Faremo un intervento importante a livello di acustica perché c’è del rimbombo. Apriremo l’altra parte del dehor in primavera quindi avremo tutti i posti fuori lungo le vetrine. Queste sono le implementazioni importanti che per un po’ saranno anche le uniche. Non è che in un locale devi sempre investire soldi altrimenti c’è qualcosa che non funziona. Queste due cose le faremo a breve e il resto rimarrà in linea con quello che è ora”.
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A cosa è dovuto, secondo te, il successo di questo locale?
“E’ un posto originale, come qualsiasi cosa legata al marchio Birrificio
Italiano. E’ un modello che non è quello belga, tedesco o inglese. E’ italiano. Parlo di birre, ma anche di atmosfera e di proposta di locale. Sono molto contento”.
Quali altri progetti hai in futuro?
“Apriremo a breve credo, entro fine 2020, Birrificio Italiano Napoli. Come è successo qua, anche a Napoli, quello che è fondamentale per noi sono le persone. A Napoli c’è un distributore con cui collaboriamo da un sacco di anni. E’ una persona squisita, conosce il suo territorio, ha una passione incredibile, almeno quanto quella che ho io per le nostre birre. E’ la persona giusta e le persone fanno tutto e soprattutto le persone fanno l’artigianalità. Questo è il motivo per cui Napoli”.
Che tipo di locale sarà?
“Faremo un localino più piccolo rispetto a questo. Sarà una cosa più misurata come impegno sia di investimento e di gestione che sia una bella vetrina del Birrificio Italiano. Non ho dubbi che riusciremo a riempirlo alla grande, però il progetto su Napoli è più modesto come volumi, ma non come obiettivi e idee”.
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Come sta andando l’attività del birrificio?
“Il birrificio a livello di produzione va benissimo. Quello che sto iniziando a fare adesso, e che si concluderà verso fine 2020, è una sorta di revisione un po’ dell’immagine e della comunicazione. Questo perchè dopo 23 anni mi sono reso conto che raccontiamo un sacco di cose. Il nostro sito è pieno di storie e di idee, ma ho notato che non sono presentati in modo tale che la gente possa veramente capire cosa stiamo facendo. Questa è una cosa che mi dispiace. Non arriva quello che è il Birrificio Italiano come vorrei io. Ci impegneremo invece per fare in modo che venga compresa di più la nostra ricerca, che è assolutamente unica. Questo, comunque, non deve e non può comportare uno stravolgimento. E’ una mera questione di presentazione e non di sostanza”.
Sei soddisfatto di questi 23 anni di attività?
“Sì, sono soddisfatto. Ho capito anche che non mi interessa ampliare ulteriormente e prendere nuovi impianti. Sto perdendo anche molto interesse per la tecnologia. Stiamo sviluppando molto di più, io e tutto il gruppo, la conoscenza della materia, del processo e del rispetto della birra. Quindi dopo la fermentazione non facciamo alcun intervento correttivo; non ci interessiamo di centrifughe, filtri, additivi o chiarificanti. Ci interessiamo di tutto quello che sta a monte: materia prima, lievito e le dinamiche della fermentazione. Il Birrificio Italiano di Libido Comasco si chiama infatti Officina Alchemica per quello”.
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In cosa sei impegnato in questo momento?
“Sono personalmente impegnato nel far conoscere le ultime due birre nate: Huxley e Lucid Dream. Huxley, secondo me, è praticamente perfetta e non ha bisogno di ritocchi. Sulla Lucid Dream invece stiamo lavorando. Sono birre che avranno un futuro radioso. La prima è una è India Pale Lager da 5,7 gradi, invece la Lucid Dream è una Lager da 7-7,5 gradi pensata e chiamata provocatoriamente New England Pils. L’idea è stata quella di replicare due cardini principale delle New England Ipa: la torbidità e, forse più importante, lo spostare tutta l’aggiunta di luppolo verso la fine, quindi avere molto aroma e molto erbaceo e poco amaro. Abbiamo mancato il primo obiettivo, che era appunto quello di avere birre torbide e questo perchè che usiamo
lievito che non è il tipico New England che da questo effetto sospensione, usiamo infatti il lievito Lager. L’altro altro aspetto invece è stato raggiunto, ossia l’aromaticità. Usiamo luppoli tedeschi e sloveni tradizionali. Niente di americano e oceanico”.
Come vedi l’attuale fase del mercato?
“Il mercato cresce fortemente. Non c’è rallentamento. Si vedono però birrai e produttori meno entusiasti e più tiepidi perchè il numero di birrifici sta aumentando in maniera maggiore rispetto all’aumento della domanda. Ognuno di noi era abituato negli anni d’oro, e non sto parlando degli anni 50 ma di qualche anno fa, ad avere una crescita a due cifre. Adesso invece soprattutto quelli che hanno fatto grossi investimenti possono avere qualche problema. Il mercato in tre/quattro anni è cambiato completamente non perché ci sia meno richiesta di birra artigianali, ma perchè gli attori sono tantissimi. Noi, e parlo dei birrari che stanno in un’ottica di qualità, di imprenditorialità e di birra artigianale italiana indipendente, siamo stretti da una parte tra piccolissimi birrifici, che partono con tante buone idee, ma che non sono in grado di fare una proposta che sia economicamente sostenibile per nessuno e che sono un elemento di disturbo, e dall’altra parte abbiamo le industrie. Siamo stretti tra queste due cose”.