Numero 41/2018

8 Ottobre 2018

Isabella la vidorese

Isabella la vidorese

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Non siamo ad un gioco a premi, ma cosa vi ricorda Vidor?

Ve lo dico io, è’ un piccolo paese del Veneto con un passato semisconosciuto e doloroso per l’Italia.

Torniamo indietro nel tempo e più precisamente nel 1917 subito dopo la disfatta di Caporetto, quando le strade di Vidor si popolarono dei resti di un esercito che attraversava il Piave in ritirata.

Gli abitanti di questo paese abbandonarono tutto per raggiungere la salvezza nei paesi lontani dal conflitto.

Componenti dell’esercito italiano sulle colline difesero fino alla morte la zona dai prussiani consentendo al grosso delle truppe di attraversare il fiume e far saltare il ponte di Vidor.

Questa resistenza fu la prima azione di contrattacco verso il nemico che porterà alla fine del conflitto un anno più tardi.

In questa terra patria anche del Prosecco di cosa andiamo a parlare oggi?

Di Birra Artigianale ovviamente!

Mi hanno mormorato di qualcuno, che con l’aiuto del suo staff e dei suoi amici, sta tentando di promuoverla nel suo piccolo Pub di provincia a Miane nel trevigiano,.

Se ha ereditato la caparbietà e coraggio di coloro che difesero Vidor un secolo fa, Isabella Zanetton, classe 1992, non può che riuscire nel suo obiettivo.

Non torniamo subito ai giorni iperconnessi di oggi.

Accendiamo la nostra televisione, quella in bianco e nero dove guardavamo Rischiatutto e iniziamo un po’ alla Mike Bongiorno…

Si sente pronta signorina Zanetton? Fiato alle trombe Turchetti! Che busta sceglie? Via al cronometro!

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Busta 1:

Si narra che Martha Wayles, la moglie di Thomas Jefferson, terzo presidente degli Stati Uniti d’America, producesse birra in casa e ne concedesse un bicchiere ogni tanto anche al marito.
Com’è nata la tua passione per la birra e hai mai provato a farla?

La mia passione per la birra è nata diversi anni fa quando convinsi le mie amiche ad andare in un pub vicino casa mia.

C’erano talmente tante birre, io ero alle prime armi e non sapevo cosa ordinare, così ho detto al cameriere che decidesse lui per me.
Cosa mi ha portato? Una birra sour!

Un’iniziazione complessa e rischiosa, ma da lì mi si aprì un mondo.

La prima cosa che la passione ti spinge a provare è fare la propria birra in casa.

Abbasso il proibizionismo!

Mi regalarono un piccolo impiantino, ma la mia unica cotta purtroppo produsse più lacrime che litri finali.

 

Busta 2:

Per far parte del mondo della birra sembra che “avere la barba” sia quasi indispensabile. Quanto spazio c’è per le donne?

Se i capelli lunghi li equipariamo ad una barba direi che ho i requisiti giusti!

Penso che ci siano molte donne publican esperte e con molta passione.
Certo il numero è inferiore rispetto agli uomini, ma quel che conta è la conoscenza, la voglia di crescere e il voler imparare.

 

Busta 3:

Per il tuo locale il “PUBlicRelation” vai alla ricerca di nuove realtà birrarie di nicchia e non solo, cercando di fare anche cultura brassicola. Ce ne vuoi parlare?

Per me la Cultura brassicola è parte del quotidiano.

Per prima cosa la voglia di spiegare con semplicità al cliente cosa può bere.

Regalargli un po’ di tranquillità e sincerità.

Fargli nascere interesse senza usare termini troppo tecnici, a meno che questo non voglia entrare nei dettagli. Non voglio fare della birra artigianale un “pippone”.
Nel mio lavoro il primo obiettivo è far nascere curiosità.

Per quanto riguarda il mio locale la mia decisione è stata quella di proporre non solo i grandi nomi.
Avere buone birre è relativamente semplice.

Avere buone novità invece…

Mi piace andare alla ricerca di birrifici meno noti.

Quando il tempo me lo permette andare a festival ed eventi sono ottime occasioni per assaggiare le birre e prendere esattamente il lotto che mi è piaciuto.

 

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Busta 4:
Imparare a conoscere le tradizioni e le diverse visioni della birrificazione influisce nelle scelte delle tue proposte?

Certo che si. Ho fatto alcuni stage in diversi birrifici e aiutato, poche volte purtroppo, Nicola Coppe.

Tutto quello che in ogni occasione mi è stato insegnato mi ha aiutata molto.

 

Busta 5:

E’ scontato affermare che le cose importanti nella vita sono gli affetti e il lavoro.

E’ anche vero che però avere una marcia in più significa non perdersi nei sogni, ma sapere cosa si vuole, ottenerlo e realizzarlo.

A che punto sei della tua strada?

Ho 26 anni, la mia età può solo dire quanta strada ho ancora da fare e quante birre ancora “da bere”. Sono solo all’inizio della partita.

I sogni sono il motore che mi aiuta ogni giorno a fare di più per i miei clienti e nella mia testa fermentano in continuazione nuove idee e progetti.

 

Busta 6:

Qual è stata la tua maggior soddisfazione nel lavoro?

Ho rilevato un attività dove prima si serviva solo birra industriale, per cui tutti i cambiamenti che ho fatto nel locale in campo birrario hanno scavato un fosso che alcuni clienti non hanno voluto saltare, di conseguenza se ne sono andati, ma altri sono rimasti e mi hanno dato fiducia.

I molti nuovi arrivati hanno poi premiato il mio impegno.

Tra le varie soddisfazioni che ho avuto una per l’appunto è stata quella di riuscire a cambiare i gusti che le persone avevano da una vita e un’altra è di aver fatto venire “maniaci” della birra artigianale a Miane dove ho il locale.

Un paesino disperso che grazie a loro ogni tanto si trasforma nel centro del mondo proprio per la mia voglia di avere birrifici sconosciuti.

Un giorno è venuto un birraio che mi ha detto: “la prima volta che sono venuto qui da te, l’ho fatto perchè ho saputo che avevi “attaccato” un birrificio che volevo tanto conoscere ma che in Veneto nessuno propone”.

Una bella soddisfazione!

 

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Busta 7:

Qual è il più grande ostacolo che hai affrontato?

Trovare un’originale “prima via” artigianale italiana che avesse una buona costanza, il prezzo giusto e una bevibilità che non fosse troppo complessa.

 

Busta 8:

E’ stato detto: “Le donne sono caparbie. O per lo meno… lo sono le donne del vino perchè ci vuole pazienza…”

Come sono le donne della birra?

Stai parlando con un ariete lo sai?

Vino o birra siamo quello che beviamo giusto? Noi donne quando vogliamo bere vogliamo bere bene e pretendiamo molto. Siamo sincere, dirette, puntigliose e non ci nascondiamo mai.

 

Busta 9:

Viviamo in un mondo “stratecnologico”. Per alcune cose non esiste computer o tecnologia che possa servire, ma per quanto riguarda la comunicazione, anche nel mondo dell’artigianalità birraria, non se ne può fare a meno.

Esiste una giusta miscela per far si che questi mezzi non oscurino l’inconfondibile immagine del prodotto di qualità?

Si sà che il giusto marketing può portare al successo.

Gli specchietti per allodole sono all’ordine del giorno però.

Chi è del settore sa valutare la qualità.

Per chi non lo è per una volta può anche farsi comprare dall’aspetto visivo, ma poi non deve farsi fregare nuovamente… Bisogna stare molto attenti, ci sarà sempre qualcuno che offre le cotte non andate a buon fine e altri poi che rischiano di berle per colpa di una bella immagine.

 

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Busta 10:

In questo momento, secondo me, stiamo vivendo un estremo uso e abuso dei social media. Anche nel “mondo birrario” c’è chi fa cattivo uso di questi mezzi di informazione?

Ovvio che si! Quello che siamo si riflette sui social. Per chi sa distinguere sincerità da falsità è una fortuna perchè eviti uno spreco di tempo e attenzione.

Purtroppo sono in tanti che non riescono a valutare il vero obiettivo del messaggio e la sostanza delle cose.

Sarebbe bello ci fosse un mezzo che filtrasse l’onestà.

 

 

Busta 11:

Partiamo dal presupposto che la libertà di espressione è un fondamento della democrazia.

A fianco di alcuni nomi autorevoli e tante altre persone che con passione scrivono di birra, esiste un mondo di blogger dell’ultima ora che si sentono purtroppo in diritto di esprimere giudizi solo perchè sono “seguiti”.

Non mi scandalizza e sorprende il fatto di aver sentito uno/a di questi “esperti” affermare: “Non capisco molto, faccio un copia-incolla così mi offrono da bere e ci vivacchio pure”.

Far informazione e cultura è cosa ben più seria, non ci si può improvvisare.

Visto il tuo impegno attuale, che ne pensi?

Penso che ognuno ha i suoi followers, ma merita di averli? I nodi alla fine vengono al pettine.

E’ vero anche il contrario… conviene avere certi followers? Dimmi con chi vai e ti dirò chi sei!

Io non giudico, ma valuto con la mia testa per cui non mi perdo dietro a degli improvvisati e vado avanti per la mia strada.

Nella vita reale la gente si fida di me, sa che li so consigliare e io vivo grazie a questo. Le chiacchiere vanno lasciate a chi vuole “vivacchiare”.

 

 

Busta 12:

Mentre guido non vedo quasi mai manifesti pubblicitari di una birra artigianale, ma solo quelli di birra industriale con a fianco spesso due belle “ttt” che sicuramente non fanno passare la sete ma possono fare correre il rischio di tamponamenti.
Viviamo ancora di questi stereotipi? Per vendere è proprio necessario scendere a compromessi pubblicitari?

Non vedo neanche manifesti di Ferrari, evidentemente alcuni prodotti non hanno bisogno di pubblicità per essere venduti, certo se a vendere una Ferrari c’è una bella presenza sicuramente anche l’acquisto può risultare più felice.

 

Busta 13:

Dire che la Weisse ha un colore chiaro, è leggera, è poco alcolica e quindi è una birra per le donne è come dire che la birra analcolica è fatta per gli automobilisti.

Sfatiamo questi luoghi comuni… tu quale birra preferisci?

Si è già capito che il mio mondo è quello delle birre acide che va dalle gose/berliner weiss alle lambic/plambic. Questo è quello che bevo io, a ogni donna la sua birra.

 

Busta 14:

A Norwich, nella regione dell’East Anglia, si organizza il “Fem Ale”, un festival di musica e birra che è rigorosamente prodotta e gestita da donne.
Un sogno quanto lontano nel nostro paese?

E’ un problema che non mi sono mai posta, forse al momento servirebbero per esempio più locali di donne che lavorano “per” e “con” la birra artigianale. Un domani però…

 

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Busta 15:

In Italia è stata fondata l’associazione “Le donne della Birra”.
Per alcuni un modo per unire tutte le sinergie femminili del mondo birrario, per altri un errore, un ghettizzarsi.

Cosa ne pensi?

Penso che qualsiasi cosa porti a parlare o alla conoscenza della birra artigianale possa essere solo positiva. C’è ancora troppa birra industriale a questo mondo.

 

Busta 16:
Pensi che il lavoro maschile abbia ancora un riconoscimento maggiore di quello femminile?

Certo per alzare i fusti! Scherzi a parte per il momento ha fatto di più l’uomo quindi onore e meriti a chi si è dato molto da fare, ma a noi donne piace la sana competizione.

 

Busta 17:

Chi ammiri di più nel mondo della Birra Artigianale?

Chi fa birra e non si monta la testa. Chi ti avvolge con un sorriso, ti tratta come un amico e con rispetto a prescindere da chi sei.

 

Busta 18:

Un consiglio che daresti ad una donna che si approccia domani al mondo birrario…

Di bersi una weiss, non dare importanza ai pregiudizi, andare in palestra per alzare i fusti da sola portando un tacco 12… e questa è una sfida!

 

 

Isabella è la prima donna che intervisto che va a formare la “quota rosa”.

E’ sinceramente difficile trovare un modo per concludere perchè ha detto tutto lei e qualsiasi cosa sarebbe superflua.

Dalle sue parole si capisce che le donne portano effettivamente sempre due pesi, quello sociale e quello privato.

Posso darle un consiglio citando la Montalcini “qualunque decisione tu abbia preso per il tuo futuro, sei autorizzata, e direi incoraggiata, a sottoporla ad un continuo esame, pronta a cambiarla, senza condizioni se non risponde più ai tuoi desideri”.

Bene abbiamo concluso, passo la linea alla regia e arrivederci alla prossima puntata… forse.

 

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Piero Garoia
Info autore

Piero Garoia

Sono nato nel lontano millenovecentosess… il secolo scorso, a Forlimpopoli, paese natale di Pellegrino Artusi padre della cucina italiana.
Appassionato di musica, cinema, grafica e amante della fotografia.
La passione per la Birra Artigianale nasce tra gli scaffali di una libreria sfogliando un piccolo manuale per fare la birra in casa.
I disastrosi tentativi di produrla mi hanno fatto capire che diventare homebrewer non era proprio la mia strada.
Ho scelto allora di gustare la birra con gli amici, tutti appassionati, “credenti” che artigianale sia significato di unicità e qualità.
Non sono un docente, nemmeno un esperto, ma ho un obiettivo, mantenere vivo un piccolo mondo romantico dove la cultura della birra sia sinonimo di valori, socializzazione e condivisione di esperienze.
Coltivo le mie conoscenze partecipando a eventi, degustazioni, incontri e collaboro con l’Unper100 un’associazione di homebrewer forlivesi.
Mi affascina il passato delle persone, ascoltare le loro storie e capire come vivono le loro passioni.
Gestisco anche un mio blog semiserio www.etilio.it e mi piace pensare che questo possa contribuire a “convertire” più persone possibili al pensiero che “artigianale è meglio”.
Ho ancora tanti sogni nel cassetto e altrettanta voglia di concretizzarli.
Far parte del “Giornale della Birra” cosa significa? Vuol dire avere l’opportunità di comunicare a molte più persone quello che penso e mi appassiona.