Numero 02/2021
12 Gennaio 2021
La birra de La Casa di Cura!
Nel cuore del Parco Nazionale del Gran Sasso, nel comune di Crognaleto (TE) è attivo fin dal 2013 il birrificio La Casa di Cura. Alfredo Giugno è uno dei fondatori e il principale artefice della produzione di questa interessante e pluripremiata realtà italiana. Lo abbiamo incontrato per farci illustrare la sua azienda.
Avete ideato un marketing davvero originale, forse il più innovativo nel panorama birrario. Come è nata l’idea? Sono nati prima i nomi delle birre o del birrificio?
Siamo nati nel 2013 con l’idea di divertirci e divertire. Sin dagli albori la nostra idea è stata quella che la nostra birra potesse curare e far bene alle persone, ecco spiegato il nome del birrificio – deciso per primo – e a seguire tutto il resto, i nomi delle birre e persino le nostre mascotte: il matto e l’infermiera. La scelta del nome da dare alle birre è frutto di uno studio: cerchiamo un nome attinente al mondo medico-sanitario rievocando una sorta di assonanza con lo stile brassicolo.
Possiamo definire T.S.O. una delle vostre birre più rappresentative. Cambia ogni volta restando sempre mono malto, mono luppolo e mono spezia. Come decidete di cambiare la ricetta?
T.S.O. ci ha regalato tantissime soddisfazioni. Il lavoro su questa birra ebbe inizio quando ancora eravamo homebrewers, adesso creiamo direttamente le birre nell’impianto senza alcuna prova preliminare. Solitamente facciamo 2 cotte al mese, ma in questo periodo storico la produzione è rallentata. Gli ingredienti vengono scelti a seconda della disponibilità del momento; la spezia utilizzata deve dare solamente un tocco in più e non caratterizzare, o peggio ancora prevaricare, la birra. Cerchiamo di scegliere un luppolo che sia affine per caratteristiche alla spezia usata. Per il prossimo futuro vedremo su cosa cadrà la scelta: dopo aver utilizzato assenzio, genziana e funghi porcini potremmo finire per scegliere le castagne o i frutti di bosco.
Dal giardino adiacente al birrificio potete rifornirvi di erbe aromatiche e frutta, ma soprattutto utilizzate l’acqua della fonte Mercurio che utilizzate senza alcun trattamento. Secondo te in quali delle vostre birre si riesce a percepire al meglio la qualità dell’acqua?
Sinceramente crediamo e vogliamo che l’acqua sia rispettata in tutte le nostre creazioni; deve essere il trait d’union di ogni nostro prodotto. Abbiamo la fortuna di avere a circa 1500 metri dal nostro impianto la fonte Mercurio. Come hai detto tu, non facciamo alcun trattamento chimico perché le proprietà organolettiche dell’acqua sono eccellenti. L’unica accortezza che utilizziamo è quella di modificare il pH con i malti acidi.
Tra le birre che producete avete linee dedicate alle birre biologiche e probiotiche. Ci racconti questi due progetti?
La nostra linea Bio si caratterizza per la qualità degli ingredienti utilizzati che provengono tutti da agricoltura biologica senza l’utilizzo di pesticidi. Vogliamo un prodotto finito che sia rispettoso della natura. Al momento abbiamo tre birre i cui nomi prendono spunto da tre antidepressivi: Naturtavor, Ecovalium e Bioprozac. La linea probiotica nasce dalla curiosità e dalla passione per il kombucha, un fermentato del the. Tutte le birre di questa linea sono a fermentazione mista: partiamo da una base della nostra T.A.C. e poi ci divertiamo a sperimentare aggiungendo mele per la Skizo, rapa rossa per la Flora e zafferano per la Kombu.
Non vi accontentate delle linee Bio e Probiotiche, avete anche una cantina di affinamento e producete delle barrel age.
Abbiamo iniziato qualche tempo fa a sperimentare le maturazioni in botti con la Santa Morte, una Russian Imperial Stout da oltre dieci gradi alcolici. Da quel momento ci siamo incuriositi e così abbiamo deciso di provare a realizzare qualche birra invecchiata in botte. Al momento facciamo riposare sia la Flebo che la Neuro in botte di whiskey scozzese. Recentemente abbiamo reperito delle botti di bourbon americano e ci abbiamo fatto affinare la Doppia Neuro, sono certo che ci darà belle soddisfazioni!
So che per quanto riguarda le etichette vi siete rivolti ad Auca Design. Quanto è importante avere un packaging attraente e innovativo per poter commercializzare un ottimo prodotto?
Purtroppo il packaging conta tantissimo. Il nostro obiettivo è quello di proporre un prodotto di grande qualità, ma allo stesso tempo vogliamo farci riconoscere anche sullo scaffale. Il lavoro di Auca Design è straordinario e siamo molto soddisfatti. I personaggi creati hanno riscosso un bel successo tra i nostri clienti e amici.
Per un’azienda è importante stare sempre al passo con i tempi, soprattutto quando c’è una pandemia globale. La casa di cura come ha affrontato questo periodo, come è cambiata la fase produttiva e soprattutto quella relativa alla commercializzazione dei vostri prodotti?
Chiaramente in questo periodo con i locali spesso chiusi abbiamo dovuto privilegiare i formati in bottiglia rispetto ai fusti. Il nostro shop online, soprattutto durante la prima ondata, ci è stato di grande aiuto e ha funzionato alla grande. Da settembre fino ad oggi non c’è stato l’assalto e le vendite sono molto blande. Probabilmente questo è dovuto alla scarsa capacità e voglia di spendere dei consumatori; i soldi sono pochi e si preferisce spendere per altre cose oppure non spendere affatto.
Per quanto riguarda le spedizioni ci affidiamo a corrieri e crediamo che per le tipologie di birre che produciamo la spedizione refrigerata non sia utile e soprattutto andrebbe ad incidere enormemente sui costi sia per la spedizione che per l’inscatolamento.
Maggiori informazioni: www.birrificiolacasadicura.it