28 Gennaio 2016
L’intervista a Vittorio Capovilla, il pioniere dei Distillati di Birra italiani
I distillati di birra, correttamente definiti secondo la legge “acquaviti”, sono un prodotto di nicchia che sta riscontrando un interesse sempre crescente tra gli appassionati di birra e superalcolici artigianali. Come già evidenziato in un precedente articolo, le bevande ottenute dalla distillazione della birra sono tipiche delle culture del Nord Europa, dove trovano uno spazio di mercato di assoluto rilievo.
In Italia, tale tipologia di bevanda alcolica è piuttosto recente e, in esclusiva per www.giornaledellabirra.it, ho avuto l’onore di intervistare il Signor Vittorio Capovilla, fondatore e titolare dell’omonima distilleria vicentina, che è stato il pioniere della produzione di acquaviti di birra nel nostro Paese.
Del Signor Capovilla, mi ha colpito di primo acchito la profonda passione che lo lega alla sua azienda e la sua grande esperienza e conoscenza in materia di alambicchi, materie prime e processo di produzione.
.
.
Non ha esitato, infatti, a raccontarmi in dettaglio la sua esperienza imprenditoriale e le ragioni che, quasi per caso, lo hanno condotto ad avvicinarsi al mondo dei distillati: La mia passione per gli alambicchi e il mondo che li circonda è nata nella metà degli anni Settanta, quando iniziai la mia esperienza lavorativa nel settore enologico, come agente vendite di macchinari per la vinificazione. Fu proprio in occasione dei miei frequenti viaggi all’estero che osservai la diffusa presenza degli alambicchi nelle aziende che visitavo; incuriosito scoprii che in Austria esistevano quasi 90.000 diritti di distillazione e 30.000 in Germania. Diritti che risalgono all’Impero Austroungarico, tuttora validi, e che mi hanno fatto capire quanta storia e cultura vi è dietro queste bevande. In Italia, invece, sono ad oggi attive poco più di cento distillerie e vengono distillati esclusivamente vinacce e sottoprodotti della vinificazione; inoltre, la distillazione casalinga è assolutamente proibita e, se realizzata, viene, in genere, praticata con strumenti costruiti con materiali di fortuna e clandestinamente. Nei paesi tedeschi e del centro Europa, invece, le cose avvengono ufficialmente con delle regole molto semplici e con alambicchi a bagnomaria costruiti da bravi artigiani”.
.
.
Intuisco subito che la curiosità del Signor Vittorio lo abbia portato a sperimentare la produzione di qualche distillato e prontamente ne ho avuto la conferma dalle sue parole: “ Fu così che, quasi per scommessa con i miei colleghi di lavoro, acquistai in Austria un alambicco da 80 litri, che trafugai pezzo per pezzo portandolo in Italia a più riprese. Così cominciò l’avventura. Per una decina d’anni coltivai questa passione come hobby, distillando in piccole quantità tutto quello che era possibile distillare: frutta, bacche, uve, vinacce. Mi confrontavo con i bravi mastri austriaci e tedeschi. Crebbero passione e amore per questa disciplina, tanto da farmi prendere la decisione di farlo professionalmente”.
Ho domandato, poi, al Signor Vittorio di raccontarmi in breve come è cresciuta la sua idea di distilleria artigianale, dal progetto alla realtà consolidata e riconosciuta per l’alta qualità: “Trent’anni fa è nata la “Capovilla”: per una dozzina d’anni abbiamo prodotto anche vino, con uve acquistate da viticoltori della zona, ma la legge italiana, che non prevede la coesistenza di vino e alcool libero di nessun tipo, ci ha costretti ad avere un laboratorio all’esterno della nostra azienda dove imbottigliare i nostri distillati. Enormi perdite di tempo! Così nel 1996, seppur non a malincuore, abbiamo rinunciato alla produzione di vino concentrando le nostre forze esclusivamente nei distillati”.
.
.
.
Sempre più incuriosito dalla notevole dinamicità e voglia di sperimentare dell’imprenditore, gli ho posto alcuni quesiti in merito alla scelta delle materie prime, della definizione dei processi di trasformazione e distillazione. Il Signor Capovilla, mi ha risposto in un modo tanto semplice, quanto spiazzante: “Nel nostro percorso abbiamo distillato tutto quello che è reperibile come materia prima e che può essere poi interessante nel distillato ottenuto. La cosa certa è che finché non si prova… non si possono conoscere i risultati!”
Ha continuato, poi, svelando i dettagli tecnici della produzione: “la fermentazione trasforma gli aromi primari in nuovi profumi complessi, spesso completamente diversi dai sentori originali presenti nella materia prima; appena riusciamo ad avere almeno 1.000 kg. di frutta non rinunciamo a trasformarla e a distillarla. Una precisazione a cui tengo molto: la nostra scelta è di produrre solo distillati puri, ovvero, l’alcool proviene esclusivamente dalla fermentazione degli zuccheri naturali del frutto, che la distillazione poi separa; non vi è alcuna aggiunta, né prima, né dopo, di zuccheri o di alcool di cui non seguiamo direttamente la produzione a partire dalla materia prima”.
.
.
Le interessanti premesse ci hanno accompagnato nel cuore della nostra intervista, ovvero ai distillati di birra, di cui il Signor Vittorio è orgogliosamente il pioniere della produzione in Italia: “abbiamo iniziato a distillare la birra nel 1995, siamo stati i primi a distillarla a livello nazionale. È stata necessaria tutta una trafila burocratica in quanto il “Distillato di Birra” non esisteva come prodotto merceologico ed a quel tempo i contrassegni di Stato erano diversi per ogni tipo di distillato. Dopo un anno e mezzo il Ministero dell’Agricoltura e gli organi competenti, dopo aver interpellato la Comunità Europea, sentenziarono che si poteva commercializzare tale bevanda, ma che la denominazione non poteva essere Distillato di Birra, bensì Eau de vie de Bière (in francese) o Bierbrand (in tedesco), in quanto la birra non è un prodotto tipicamente italiano. Si pronunciarono finalmente anche in merito al contrassegno da usare: la denominazione ufficiale definita fu Acquavite di cereali”.
Con un paio di domande tecniche, ho focalizzato la conversazione sulla tecnica di produzione e sulle modalità di messa a punto del processo, sicuramente non di immediata definizione, considerata l’innovatività del prodotto: “All’inizio ho sperimentato la distillazione di varie tipologie di birre artigianali, dalle bianche, alle bionde, alle scure, lager, doppio malto… l’aspetto più interessante è che da ogni birra si otteneva un distillato diverso, come se fossero dei frutti. Trovata la birra che più mi piaceva, abbiamo continuato sempre con lo stesso procedimento. La birra che più si presta alle esigenze della nostra produzione è una bionda doppio malto poco luppolata e non filtrata, che da oltre 15 anni viene per noi prodotta dalla Theresianer; conferita presso la nostra sede in cisterna, viene subito distillata con la tecnica del ripasso a bagnomaria, la stessa procedura che utilizziamo per i distillati di frutta. Viene proposta bianca a due gradazioni diverse, ovvero a 42° e a 52°; la gradazione più alta si accompagna bene con un buon cioccolato o un sigaro leggero”.
.
.
Ma il Signor Capovilla, oltre a queste due tipologie, produce distillati di birra invecchiati, così come lui stesso mi ha spiegato: “Nel 2008 ho messo in affinamento due barriques con tostatura leggera e lasciato maturare il distillato di birra per cinque anni. Ora che il superalcolico è stato messo in bottiglia, il risultato è decisamente interessante: l’aroma della birra e l’apporto fine e complesso del rovere hanno creato un’armonia straordinaria, esaltando la materia prima d’origine”.
.
.
E ancora: “Nel 2006 abbiamo iniziato la produzione del Rhum Rhum, attraverso una società costituita da Distillerie Bielle, Velier di Genova e Capovilla. Produciamo questo Rhum all’interno della Distillerie Bielle a Marie Galante – piccola isola della Guadalupa – , ma il tutto viene fatto con la nostra tecnica produttiva: abbiamo installato in loco serbatoi di fermentazione e alambicchi costruiti appositamente per noi e condotti da Michele Lunardon, nostro dipendente, che rimane sul posto durante tutta la stagione della raccolta della canna da zucchero, ovvero da febbraio a luglio; anche l’invecchiamento e l’imbottigliamento avvengono a Marie Galante, visto che le condizioni climatiche sono favorevolissime per la maturazione del Rhum, che avviene rigorosamente in barriques francesi di gran pregio”.
La possibilità di confrontarmi con un esperto, come il Signor Vittorio, su un prodotto così di nicchia come il distillato di birra, mi ha indotto a porgli alcune domande in merito al consumatore che predilige questa tipologia di superalcolici rispetto alle tante e più classiche alternative: “Il consumatore tipo di un distillato di birra è lo stesso consumatore di altre acqueviti, whisky, cognac, rhum, distillati di frutta e bevande ad alto grado alcolico. Anzi, il distillato di birra è molto versatile e di facile beva, essendo naturalmente gentile e rotondo, anche a gradazione superiore ai 50°. I birrofili europei sostengono che per i bevitori di birra è molto efficace bere un piccolo bicchierino di acquavite, in quel caso un distillato neutro di grano, tra un boccale e l’altro. Inoltre, il distillato di birra è un alcool “leggero” che viene metabolizzato facilmente, non contiene metanolo o residui di conservanti come l’anidride solforosa”.
.
.
In conclusione del nostro ampio dibattito, il Signor Capovilla non poteva che stupirmi con un altro frutto del suo genio, che mi descrive con entusiasmo: “Negli ultimi trent’anni sono sorti centinaia di birrifici artigianali che producono birre di alta qualità, ma quasi nessuno ha pensato di trasformare i residui di produzione, oltre alla birra stessa, in un distillato che possa essere commercializzato a completare la gamma di prodotti offerti. In collaborazione con Müller, ho progettato un impianto di distillazione per le aziende agricole che vogliono distillare i sottoprodotti della vinificazione o anche fermentati di frutta, con la “piccola licenza” a tassa giornaliera. Per la birra il sistema sarebbe analogo: in questo caso l’alambicco è quello pensato solo per liquidi, da 100 a 200 litri di capacità. Considerando che i birrifici hanno già disponibilità di vapore e rapporti continuativi con l’Agenzia delle Dogane, con un piccolo investimento e senza particolari aggravi burocratici, sarebbe possibile avviare la produzione di acquavite. Noi forniamo l’impianto e diamo assistenza per la messa in funzione e la formazione del personale. Insomma, una interessante opportunità che consiglio ai titolari di birrifici artigianali”.
In conclusione dell’intervista, non mi resta che concedermi all’assaggio dei preziosi distillati del Signor Capovilla… e non esito a consigliare a tutti i birrofili di avvicinarsi alla degustazione di queste acquaviti, così strettamente legate alla birra artigianale.
Maggiori informazioni sulla Distilleria Capovilla e sui prodotti curati dal Signor Vittorio sono reperibili sul sito aziendale www.capovilladistillati.it