Numero 44/2020

27 Ottobre 2020

Nicoletta Tagliabracci, Ambasciatrice dell’enogastronomia territoriale, racconta le Marche brassicole

Nicoletta Tagliabracci, Ambasciatrice dell’enogastronomia territoriale, racconta le Marche brassicole

Condividi, stampa o traduci: X

 

Raccontare il mondo brassicolo italiano oggi diventa un fenomeno sempre più diffuso, grazie anche a tante donne attive nel campo della comunicazione. La protagonista di oggi, Nicoletta Tagliabracci, è l’ambasciatrice dell’enogastronomia territoriale nelle Marche, dove i paesaggi dolci e collinari punteggiati di borghi antichi pieni di storia invitano a una lenta scoperta. Assieme a tanti prodotti offerti da questa terra, la birra artigianale e quella agricola acquistano sempre più valenza. Nicoletta ama la sua terra e la sua missione in quanto professionista è di farla scoprire in una modalità più complessa, abbinando storia e bellezza dei paesaggi, delle strutture architettoniche, storie di vita e lavoro per arrivare ai prodotti, quelli buoni, dove il valore aggiunto è il duro lavoro dell’artigiano.

Ringraziamo Nicoletta per il tempo dedicatoci e vi invitiamo a scoprire la sua storia e il lavoro che svolge, per far conoscere le piccole realtà della nostra amata birra artigianale e non solo.

.

.

Nicoletta, raccontaci la tua storia: qual è la tua professione e come sei arrivata a occuparti di birra nel tuo percorso professionale?

Grazie di cuore per avermi fatto questa domanda perché mi date la possibilità di spiegare meglio una professione che forse esiste da sempre nell’attitudine delle persone, ma che non ha ancora una vera regolamentazione strutturale ed è un vero peccato. L’Italia vanta un numero di eccellenze enogastronomiche che al pari delle sue bellezze artistiche e paesaggistiche è praticamente infinito, sicuramente invidiabile per numero e varietà, ma fino a che nessuno le (ri)scopre, le studia, le certifica e le tutela togliendole dallo scantinato del tempo rimarranno sempre produzioni di nicchia; questo se da un certo punto di vista le preserva dalla globalizzazione, dall’altro le isola e le relega in un angolino con poco peso sul mercato. Come sempre “in medium stat virtus”, sicuramente non è facile mantenere l’artigianalità dei prodotti enogastronomici e al contempo essere competitivi, pensiamo però che il processo di conoscenza e di valorizzazione delle tipicità sarebbe la chiave di volta per incrementare in maniera esponenziale il benessere economico di un territorio. Oltre dieci anni fa decisi di iscrivermi all’Università di Urbino a un Corso di Alta Formazione in Comunicazione e Immagine Turistica acquisendo la qualifica professionale di Ambasciatrice dell’Enogastronomia Territoriale. Fu una svolta inaspettata. È stato come varcare la soglia di un altro mondo fatto di luce e passione, di campagne lavorate e ritmi della Natura rispettati con una grande sacralità. Le Marche sono da sempre una regione votata all’agricoltura e i paesaggi dolci e collinari punteggiati di borghi antichi pieni di storia invitano a una lenta scoperta. Il mio lavoro in questi anni è stato quello legato alla conoscenza delle tradizioni storiche e conviviali e alla valorizzazione del corposo paniere dei prodotti enogastronomici della mia regione (partendo dai) vini, spumanti, liquori e distillati, olii, salumi, formaggi, mieli, prodotti da forno e dolci tipici delle feste. Poteva mancare la birra? Naturalmente no, sull’onda del grande sviluppo e della nascita dei tanti birrifici e beer firm che ha preso piede in Italia in questi ultimi decenni. Io propongo eventi ed esperienze e da allora ne inserisco alcune che prevedono una degustazione finale a base di birre legate al territorio, al contesto storico, al richiamo della stagionalità o all’abbinamento gastronomico. Questa è stata la parte più sorprendente anche per me che stavo scoprendo l’universo brassicolo in espansione; se proviamo a fare un salto all’indietro fino a pochi anni fa ricorderemo che la birra era generalmente bionda, raramente ambrata e si abbinava alla pizza. E basta. Ho iniziato a giocare con i vari stili e ad accompagnarle a pietanze più delicate o più strutturate a seconda della tipologia divertendomi a vedere gli occhi sgranati di chi avevo davanti quando presentavo una birra in stile Porter insieme a una fetta di torta al cioccolato.

Attualmente quali sono i progetti di cui ti occupi che hanno la birra come protagonista?

Dall’inizio dell’anno, causa forza maggiore Covid la mia attività di promozione territoriale enogastronomica ha preso nuovi indirizzi. Senza più serate con assembramenti di centinaia di persone ai buffet, ho pensato di creare dei tours giornalieri in luoghi relativamente vicini e tornare a scoprire le zone di produzione delle nostre eccellenze. Di enorme interesse è stata proprio la visita al birrificio Oltremondo, una realtà giovane e dinamica che si distingue per la quasi totale autonomia dei prodotti che utilizzano per le loro nove birre: coltivano già l’orzo e quest’anno (2020) sono alla seconda raccolta del loro luppolo, una pianta appena adottata in Italia, indispensabile come sappiamo per la produzione delle birre.

.

.

Quando racconti una birra, un birrificio, il lavoro di un birraio, quali sono gli aspetti che cerchi di evidenziare?

La conoscenza diretta è basilare, conoscere i produttori e il loro ambiente di lavoro, condividerne spazi e profumi mi ha aiutato a comprenderne meglio il valore e i sapori. Gli ingredienti di base sono gli stessi, qua e là troviamo la personalizzazione degli aromi, ma la vera differenza la fa sempre quell’energia sottile che lega l’uomo al suo prodotto, alla sua creatura; naturalmente parlo di uomo nel senso di essere umano dato che non possiamo non accorgerci di quanto, anzi, l’apporto femminile sia sempre più travolgente. Il mondo della birra sta cambiando, ci sono tante donne birraie, publicans, appassionate e sempre più esperte conoscitrici di stili e tendenze e questo può solo regalare un tocco di armonia in più.

.

.

I tuoi piani per il futuro?

Per quanto riguarda il futuro temo che il Covid rappresenti il grande falciatore per le imprese più piccole. Sopravviverà chi saprà sviluppare una comunicazione efficace e incentivare due canali: il recupero dell’unicità dei sapori legata alla territorialità quindi la scelta già in fase di produzione dell’uso di erbe e piante locali (peraltro utilissima anche per creare benessere nella microeconomia locale) e aprirsi all’e-commerce e alle richieste dell’online business. Come Ambasciatrice per le Marche dell’Associazione delle Donne della Birra vorrei aumentare la visibilità delle imprenditrici del mondo birraio, creare iniziative per valorizzare la conoscenza del felice connubio tra donne e birra.

.

.

Come vedi la situazione del fenomeno craft beer in questo periodo di crisi?

Mi sono imbattuta per la prima volta nel “fenomeno” delle birre artigianali locali vedendo quanto fermento si creava nel mio territorio, la provincia di Pesaro-Urbino dove un gruppo di giovani imprenditori preparato e motivato si stava avviando alla produzione di birre rivelatesi autentiche meraviglie, profumate e aromatizzate con erbe e piante locali. Tanti di loro sono cresciuti in campagna, hanno studiato nelle grandi città e sono tornati nella loro terra con l’idea di investire trasformando l’uso dei campi di orzo di famiglia in quello che è uno degli ingredienti base per la produzione della birra che diventa “agricola”. Al momento nelle Marche ci sono una settantina di realtà brassicole, tra beer firm e birrifici che hanno un impianto autonomo spesso alle falde degli Appennini così da poter vantare tra gli ingredienti il valore aggiunto dell’acqua di sorgente. Altro ingrediente che rende speciali le birre artigianali. I periodi di crisi, aldilà della drammaticità, spesso portano anche grandi spinte verso nuove tendenze. Ne è una prova il risultato del sondaggio elaborato tra il 23 aprile e l’11 maggio proprio dalle Donne della Birra in cui emergono dati interessanti sui consumi delle birre in generale e di conseguenza anche le craft beers: “un terzo dei consumatori più esigenti ha aumentato i consumi durante il lockdown scegliendo soprattutto produzioni artigianali, sono triplicate le vendite online: per un consumatore su 2 si tratta di una nuova abitudine che rimarrà anche oltre l’emergenza covid, riscuotono successo le degustazioni e gli eventi in video: un supporto all’e-commerce in cui i social media hanno giocato un ruolo chiave.”

Come concludere? Direi con un brindisi con la vostra birra preferita!

Ringrazio la Caffetteria storica “I dolci di Battista” a Urbino per aver fatto da sfondo ad alcune foto.

 

Condividi, stampa o traduci: X

Lina Zadorojneac
Info autore

Lina Zadorojneac

Nata in Moldavia, mi sono trasferita definitivamente in Italia per amore nel 2008. Nel 2010 e 2012 sono arrivati i miei due figli, le gioie della mia vita: in questi anni ho progressivamente scoperto questo paese, di cui mi sono perdutamente infatuata. Da subito il cibo italiano mi ha conquistato con le sue svariate sfaccettature, ho scoperto e continuo a scoprire ricette e sapori prima totalmente sconosciuti. Questo mi ha portato a cambiare anche il modo di pensare: il cibo non è solo una necessità, ma un piacere da condividere con la mia famiglia e gli amici. Laureata in giurisprudenza, diritto internazionale e amministrazione pubblica, un master in scienze politiche, oggi mi sono di nuovo messa in gioco e sono al secondo e ultimo anno del corso ITS Gastronomo a Torino, corso ricco di materie interessanti e con numerosi incontri con aziende produttrici del territorio e professionisti del settore. Il corso ha come obiettivo la formazione di una nuova figura sul mercato di oggi: il tecnico superiore per il controllo, la valorizzazione e il marketing delle produzioni agrarie e agro-alimentari. Così ho iniziato a scrivere per il Giornale della Birra, occasione stimolante per far crescere la mia professionalità.