Numero 06/2023
7 Febbraio 2023
Postwave Brewing: l’italiano pioniere del craft brewing in Cina
Vorrei raccontarvi che mi sono imbattutto in Postwave per caso, o dopo mirabolanti ricerche, ma in realtà ho ricevuto la soffiata giusta da qualche amico.
Decido così di farne una tappa imprescindibile durante una giornata a L’artigiano in fiera a Rho.
Incontro al loro maxi stand Ludovica Fassi , scambiamo qualche parola e ci promettiamo di rimanere in contatto dopo le feste.
E così è. Mi mette in contatto con Silvio Festari mente e anima del progetto Postwave.
Progetto, perche non è “solo birra”, ma c’è molto di più…
Scopriamolo insieme.
Silvio, raccontaci un po’ di te e del tuo legame con la Cina.
Ciao a tutti, o come si dice anche in cinese 大家好!
Sono Silvio Festari, architetto e co-fondatore del birrificio Postwave Brewing.
Il mio legame con la Cina nasce alla fine del 2012, inizialmente per motivi di studio, sono partito per Shanghai con il progetto double degree del Politecnico di Milano (una doppia laurea in Architettura). Durante il mio trascorso in Cina ho avuto l’opportunità di lavorare per un importante Artista di Pechino, dove proprio nel suo studio ho incontrato i miei attuali partner del progetto Postwave.
Devo ammettere che l’idea non è arrivata all’improvviso. Inizialmente avevamo messo in piedi uno studio di design e architettura con l’architetto Lv Hengzhong, che esiste tutt’ora e che si occupa principalmente di progettare allestimenti museali. Da sempre però sono stato appassionato del mondo dell’artigianato, in primis quello artistico e gradualmente anche quello legato al mondo del food & beverage. Da queste due passioni si sono sviluppati 2 progetti.
-ITACA legato all’artigianato artistico: abbiamo costruito a Shanghai uno showroom espositivo per alcune delle tecniche artigianali italiane più famose nel mondo, invitando e collaborando con maestri artigiani italiani
-POSTWAVE legato al mondo del food & beverage: abbiamo costruito il primo birrificio craft Sino-Italiano a Xitang una graziosa cittadina a qualche km da Shanghai.
Il mondo del craft, come si sarà capito mi ha sempre affascinato ed ho deciso di dedicare la mia vita a questa passione, in particolare alla birra. La birra è una bevanda dalla capacità di creare connessioni tra persone e proprio da qui la scelta di produrla, con il desiderio di creare un progetto multiculturale che potesse connettere Italia e Cina.
Non proprio il luogo che accosterei alla birra artigianale, se permetti…
Hai ragione Daniele, è difficile immaginare la produzione di una birra artigianale non pastorizzata a Shanghai, in quanto è un’impresa ardua per tutta una serie di limitazioni governative. Noi ce l’abbiamo fatta in quanto attraverso l’aiuto dei miei partner cinesi siamo riusciti a districare il complicatissimo processo normativo, se fossi stato da solo sarebbe stato impossibile.
La cosa davvero stimolante è che il mercato Cinese,ed in generale quello asiatico, è ancora piuttosto inesplorato se si parla di birra artigianale; ad oggi per i cinesi è difficile immaginare un’alternativa alla classica Tsingtao (storico brand lanciato in collaborazione con imprenditori Tedeschi ed Inglesi nei primi del ‘900). La Cina può sembrare l’ultimo paese al mondo a cui associare la birra, ma in realtà ti svelo un segreto… in uno scavo archeologico sono stati titrovati dei vasi datati 7000 A.C., ovvero più 9000 anni fa, contentenenti bevande fermantate a base di cereali (una sorta di protobirra) e indovina dove? Proprio nel sud est della Cina.
Esiste una scena craft, o siete tra i “pionieri”?
Le prime conoscenze sulla birra craft in Cina arrivano dal movimento americano, a metà del 2000. Negli anni gradualmente sempre più giovani imprenditori e appassionati si sono avvicinati al prodotti craft (spesso e volentieri importati). Anche se non esiste un vero e proprio movimento, esiste un crescente interesse. Noi ci consideriamo tra i pionieri ad aver offerto una proposta ibrida Sino-Italiana, in quanto la cina e l’italia son due paesi dai forti legami culturali. Pensiamo a Marco Polo e alla via della seta, ed a tutto il mondo del lusso “made in Italy” che ha tra i primi acquirenti proprio i cinesi. La birra Postwave vuole in qualche modo connettere i due mondi. La produzione si trova in Cina, ma le ricette son seguite da mastri birrari italiani e persino il locale che abbiamo aperto a Shanghai prende il nome di un tipico locale italiano in cui si serve la nostra amata birra ‘’BIRROTECA’’.
Come viene regolamentata la birra artigianale rispetto a quella industriale?
Non vi è una vera e propria normativa ad hoc sulle produzioni craft. Devo dire che il governo spinge sulle produzioni pastorizzate in quanto permettono di avere prodotti standardizzati e facilmente gestibili.
Per poter produrre birra non pastorizzata bisogna passare tutta una serie di controlli governativi sugli impianti, servono degli standard di igiene altissimi, simili a quelli imposti dal settore farmaceutico (compartimentazioni, laboratori d’analisi, continue visite degli ispettori governativi etc).
Insomma non è stata una passeggiata ottenere una licenza per una produzione craft.
La tua passione per la birra artigianale. Come nasce e come si è evoluta?
Bisogna ritornare indietro di parecchi anni, mi avvicino al mondo della birra artigianale grazie alle prime IPA di successo in Italia… Ricordo ancora bene lo shock gustativo delle prime sorsate della Spaceman del birrificio Brewfist. L’amaro e le note tropicali tipiche dei luppoli americani sono state per me ‘’mindblowing’’. Da quei primi assaggi gradualmente inizio ad appassionarmi a tutto il movimento italiano della birra artigianale, alla sua incredibile varietà, a tutte le difficoltà che negli anni ha dovuto sostenere.
Infatti voglio sottolineare che Postwave nasce proprio per l’amore di tutto il nostro movimento. Leggere le imprese e le storie di alcuni dei miei miti come Teo Musso, Agostino Arioli, Giampaolo Sangiorgi e di tutti i pionieri del ’96 sono state di enorme stimolo per tutto il nostro progetto.
In particolare quello che davvero mi interessa del prodotto è il suo essere veicolo di scambio sociale e culturale, di unire anche solo con semplice “Cin” popoli, passione, età.
Arrivando fino a Postwave. Parlaci di questo progetto delle sue ambizioni.
Postwave nasce dalla passione per il ‘‘craft’’, per la cultura e la gastronomia asiatica e per il movimento italiano della birra artigianale. L’idea di fondo era quella di produrre e proporre birra craft, non pastorizzata in Cina.
Se fossimo riusciti a sbrigliare le difficoltà normative ci saremmo presentati ad un mercato ancora vergine ed in cui avrei potuto contare, a livello commerciale, su tutta una rete di contatti sviluppati negli anni.
Dopo circa cinque anni di incubazione, dalle ripetute analisi del mercato, la ricerca spasmodica per trovare un luogo adeguato e l’avvio di diverse collaborazioni sia in Italia che in Cina, finalmente nel 2019 riusciamo così a lanciare le prime birre sul mercato.
L’euforia però viene sgretolata solo poco dopo con lo scoppio del coronavirus!
Un birrificio in catene con le cotte in fermentazione…
Il virus mi impone di rientrare in Italia (veniamo contattati dalla Farnesina, come tantissimi nostri connazionali all’estero, dicendoci che a breve la Cina chiuderà i confini). Con un progetto imprenditoriale iniziato da zero e sviluppato in diversi anni mi ritrovo così in Italia senza sapere quando sarei potuto rientrare in Cina.
Sono stati momenti molto complicati, ma dai momenti complicati si possono anche trovare nuove opportunità. Fortunatamente al mio rientro in Italia mi ero portato alcune delle
primissime bottiglie prodotte e decido di farle assaggiare ad un importante ristoratore cinese di Milano e la reazione è di puro entusiamo.
Mi dice che erano anni che cercava un prodotto come il nostro, un’ alternativa asiatica di buon livello alle classiche birre di stampo industriale come Tsingao Asahi o Sapporo. Da lì scattò una scintilla e in quel momento pensai subito al futuro di Postwave: distribuire le nostre birre sul territorio europeo.
Nello stesso periodo decido quindi di aprire una nuova società satellite (Siland), con gli amici che tanto mi son mancati in Cina, con l’obiettivo di proporre le nostre birre in esclusiva alla ristorazione asiatica d’eccellenza. Iniziamo ad importare container via nave a temperatura controllata (le birre non avrebbero retto le alte temperature dello stretto di Suez), le stocchiamo nel nostro magazzino a Cremosano (CR) e iniziamo gradualmente ad attaccare il mercato della ristorazione asiatica della città di Milano. Nel giro di due anni siamo riusciti ad inserirci in circa una settantina di attività di ristorazione asiatica crescendo in maniera esponenziale portando ancora una volta nel mercato un prodotto unico.
Presentaci lo staff
In cina siamo suddivisi in quattro macro aree gestite da me e dai miei partner, Lv Hengzhong, Xie Zhenwei e Xie Tian. Si tratta di una coppia di Architetti Shanghainese e del loro figlio, con cui ho creato un bellissimo rapporto che va oltre quello lavorativo. La nostra struttura è suddivisa in maniera classica:
La produzione: in cui viene gestita tutta la parte di operations, dall’arrivo delle materie prime al packaging dei prodotti. In quest’area vi è anche la gestione del laboratorio d’analisi.
Il commerciale: In cui viene gestito tutto il rapporto con i clienti e l’arrivo sul mercato dei nostri prodotti ed in generale la vendita dei prodotti, in quest’area collaboriamo con diversi distributori ed agenti locali.
Marketing e R&D: in cui lavoriamo allo sviluppo di nuovi prodotti e di nuovi packaging. In quest’area sviluppiamo anche le ricette in collaborazione con mastri birrai italiani.
Perché non aprire semplicemente un birrificio qui in Italia?
Aprire un birrificio in Italia non avrebbe avuto senso.
Come dicevo questo non è solo un progetto commerciale di produzione e vendita di birra ma l’obiettivo è quello di creare un interscambio, di proporre una nuovo modo di degustare la ristorazione asiatica.
Però ti svelo un’anteprima, non parliamo di un birrificio, ma quest’anno Postwave aprirà il suo primo locale in Italia, in cui le nostre birre verranno accompagnate da particolari piatti della tradizione asiatica contaminate con un po’ di “made in Italy”.
Che stili producete?
Le prime sei birre che abbiamo prodotto son state sviluppate utilizzando solo le materie prime principali per la produzione della birra:il malto, il luppolo, l’acqua e i lieviti.
Non volevamo inizialmente lavorare con le aromatizzazioni.
L’obiettivo era quello di proporre ‘’ale’’ non pastorizzate.
Abbiamo iniziato con tre tipologie di luppolate (una APA, una pacific IPA ed una session IPA), volevamo sfruttare la vicinanza con l’Australia e la Nuova Zelanda e le loro straordinare produzione di luppolo.
Abbiamo poi sviluppato tre stili più classici : una Dark Ale di stampo belga, una Wheat Ale simile ad una birra di frumento tedesca e infine una birra più semplice. L’unica a bassa fermentazione, una Helles.
Con il tempo abbiamo poi sviluppato delle nuove e particolari ricette legate al territorio e alla tradizione locale. Così ingredienti come i tè, il lychees, il pomelo, lo yuzu e la zucca Hulu sono entrati a far parte della nostra offerta. Siamo arrivati alla realizzazione di circa una ventina di ricette, a rotazione, sempre legate alla stagionalità ed al reperimento delle materie prime.
E soprattutto… Come e dove…
La produzione in Cina deve confrontarsi con una grande limitazione: uno stato che non possiede una grande cultura sulla produzione di birra di qualità.
Non vi sono buoni produttori locali nè di luppolo nè di malto. Fortunatamente per quanto riguarda i luppoli come detto in precedenza, utilizziamo quelli prodotti nei territori oceanici che hanno straordinarie produzioni, mentre i malti sono in prevalenza importati.
La fonte dell’acqua della città di Xitang dove si trova il nostro birrificio presenta delle ottime caratteristiche, anche se abbiamo un impianto di osmosi inversa che ci permette di essere molto flessibili con le ricette.
Ultimamente però per le nuove ricette stiamo usando prodotti locali e stiamo pensando di coltivare alcuni cereali in loco. Sicuramente sarà un processo lungo e che richiederà molto tempo ma su cui puntiamo molto.
Import-export, come lo gestite?
L’idea di esportare è nata dallo scoppio del coronavirus, con l’apertura di una nuova società appositamente pensata riusciamo a gestire tutto il processo in maniera efficace senza passare da intermediari e permettendoci di aver un monitoraggio ed un controllo assoluto sui prodotti. I problemi più grossi che riscontravamo con l’importazione erano i costi folli e il mantenimento della qualità dei prodotti con un viaggio di più di 10.000 km.
Inoltre fino a qualche mese fa era ancora possibile importare, ma con il lock down cinese e il blocco delle dogane non ci è stato più modo e così abbiamo dovuto di nuovo trovare una soluzione ‘’creativa’’ per continuare con il progetto.
La soluzione è stata quella di delocalizzare una parte di produzione proprio in Italia, abbiamo mantenuto le nostre ricette e l’anima cinese attraverso il design del marchio e appoggiandoci ad un birrificio artigianale Italiano siamo riusciti a superare anche questo ostacolo.
Ad oggi quindi gestiamo due produzioni, quella in Cina per il mercato cinese e quella in Italia per il mercato Italiano.
Nella sfortuna dei vari blocchi d’importazione produrre di qua ci ha permesso di avere più controllo sul prodotto, offrire una maggiore freschezza delle birre salvaguardandone così le qualità organolettiche ed un maggiore controllo sulla gestione degli ordini.
Devo ammettere che la folle idea di importare container di birra artigianale dalla Cina in piena pandemia è risultata essere vincente.
Ho notato una grande attenzione alla grafica, sbaglio?
Non sbagli Daniele, su questo aspetto abbiamo lavorato tantissimo e non c’è dubbio che in questo siamo stati aiutati dal nostro background legato al design e all’arte.
Le nostre etichette giocano un ruolo fondamentale nella presentazione del prodotto. Le abbiamo ideate come veicolo per informazioni culturali, ci siamo lasciati ispirare dall’immenso patrimonio artistico cinese.
Sull’etichetta ci sono le foto dei cocci di alcune tazze da tè antiche. Queste opere di grande artigianalità prendono il nome di jianzhan ( 建盏 ) e si diffusero in Cina durante la dinastia Song. Queste tazze, prodotte nel Fujian per un brevissimo lasso di tempo, prendono il nome da particolari smalti applicati all’epoca tramite un’accurata lavorazione manuale. il Jianzhan è uno smalto imprevedibile, poiché la sua colorazione finale cambia in base alla posizione e alla temperatura dell’oggetto nel forno. Era assai difficile da controllare. Questo li rende pezzi unici e irripetibili nel vero senso del termine. Non a caso con il tempo non sono più riusciti a riprodurle perché negli anni è cambiata la composizione del suolo.
Con la nostra proposta di mettere questi oggetti antichi dal valore inestimabile sulle nostre etichette vogliamo sdoganare l’idea che la storia sia solo per musei, al contrario può essere molto più vicina a tutti.
In Cina per diversi clienti abbiamo sviluppato bottiglie con design particolari e personalizzate in base alle loro esigenze. Questa capacità di saper rispondere alle richieste dei nostri clienti e dei consumatori con soluzioni di design ad hoc è uno dei nostri fiori all’occhiello.
La vostra direzione è più improntata a sbarcare in Italia o in Cina?
Per ora la nostra mission è svilupparci per bene in Cina e strutturarci in Italia, nella ristorazione asiatica. Principalmente IL 90% del nostro mercato è in Cina. Insomma, in oriente puntiamo a diventare il primo marchio di birra artigianale e in futuro, al di fuori della Grande Muraglia, vogliamo diventare un marchio amato e riconosciuto su tutte le tavole della ristorazione asiatica del mondo.
Birra artigianale italiana: il tuo pensiero si questo mondo a 360°…
Come ho già ripetuto diverse volte, amo tutto il mondo della birra artigianale italiana, Postwave nasce proprio da questo, il vero grande problema in italia è il mercato. Purtroppo abbiamo realtà che propongono prodotti fantastici ma si ritrovano in una grande competizione per una fetta di mercato relativamente piccola. Oltretutto vi sono tantissimi produttori che purtroppo crescono e scompaiano spesso troppo velocemente a causa di fattori economici e di un mercato saturo.
Da qui a qualche anno cone ti vedi?
Spero in un mondo in cui sia possibile ritornare a viaggiare senza blocchi e barriere, spero un giorno di visitare un luogo di cui non conosco né lingua né storia e vedere lì, al di là di una vetrina di un bel ristorante asiatico, assaporare felici una delle nostre birre Postwave.