Numero 43/2016
24 Ottobre 2016
Sandro Vecchiato racconta Thomas Hardy’s Ale
Il 2016 resterà sicuramente nella memoria di ogni appassionato di birra per la ricomparsa sul mercato della Thomas Hardy’s Ale. Il gruppo BrewInvest che fa a capo ad Interbrau, storico marchio italiano di importatori di birra, ha acquistato ricetta e marchio del leggendario barleywineinglese nel 2012 e solo in quest’ultimo periodo lo ha messo in commercio. Giornale della Birra ha contattato, per i nostri lettori, Sandro Vecchiato, amministratore delegato di Interbrau, e artefice, insieme al fratello Michele, dell’acquisizione di Thomas Hardy’s Ale.
Come è nato il progetto per l’acquisizione di Thomas Hardy’s Ale?
“Parlando in tutta sincerità, dobbiamo ammettere che l’opportunità è arrivata quasi per caso, o meglio dire per fortuna. Lavorando da 30 anni come importatori di birra, Michele ed io ci siamo imbattuti parecchie volte in persone che ci raccontavano della loro esperienza con la Thomas Hardy’s Ale, descrivendola come qualcosa di unico. Per un motivo o per l’altro, pur non avendola mai assaggiata, ci siamo via via innamorati della leggenda nata attorno a questo Barley Wine inglese. Quando durante un viaggio d’affari in Danimarca ho finalmente trovato il modo di assaggiarla, chiesi subito al barista dove potessi acquistarne ancora. Egli mi rispose che non sarebbe stato possibile, in quanto il birrificio ne aveva cessato la produzione. Devo dire che da quel momento in poi mi ritrovai spesso a pensare alla Thomas Hardy’s Ale, fino a quando un buon amico mi avvisò che era riuscito a rintracciare George Saxon, proprietario del marchio e della ricetta, e che questi poteva essere interessato a cederli. Da lì in avanti le cose si sono mosse velocissime, quasi frenetiche, e quasi senza rendercene conto ci siamo ritrovati proprietari del brand. Ma eravamo solo all’inizio: la ricerca di un birrificio, ovviamente inglese, che fosse all’altezza e pronto ad lanciarsi in quest’avventura ha implicato tre anni di lavoro, ma siamo certi che ne è valsa la pena”.
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Thomas Hardy’s Ale rappresenta un po’ il Santo Graal per tutti i beer hunter. La produzione, per quanto riguarda la quantità, rimarrà limitata alimentando la leggenda di questa birra?
“Assolutamente, le bottiglie continueranno ad indicare in etichetta l’annata ed il numero progressivo, in primis in omaggio alla tradizione della Thomas Hardy’s Ale, e poi… Diciamocelo chiaramente: è una birra estremamente costosa da produrre, richiede una maturazione lunghissima e questo implica occupare i tank per tantissimo tempo. È impossibile prevedere una Thomas Hardy’s Ale prodotta su larga scala”.
Per la produzione di questo barleywine vi affidate al birrificio Meantime. Quali sono stati i motivi di questa scelta?
“Abbiamo conosciuto Meantime quando siamo diventati gli importatori per l’Italia delle loro birre ed abbiamo trovato, oltre a delle ottime specialità, persone estremamente competenti ed appassionate come Alastair Hook. Quando parlando con lui gli abbiamo detto di essere i proprietari del marchio Thomas Hardy’s Ale, il suo sguardo si è illuminato; ci ha chiesto di seguirlo per mostrarci la collezione di birre che il celebre scrittore Michael Jackson gli aveva lasciato in eredità, tra le quali molte vintage di Thomas Hardy’s Ale. Vedere che dietro un brewmaster così affermato c’era ancora tanta passione… e poi la ciliegina sulla torta dell’investitura da parte di Michael Jackson… Abbiamo pensato subito che ci sarebbe piaciuto che la firma della “nostra” Thomas Hardy’s Ale fosse opera sua”.
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I puristi della birra artigianale sostengono che siccome Meantime sia di proprietà della multinazionale SAB Miller, il prodotto finale non sarà all’altezza delle precedenti Thomas Hardy’s Ale. Cosa ne pensate? Perchè non avete scelto un birrificio indipendente?
“In verità l’abbiamo fatto. Come potrete immaginare le trattative con Meantime sono state lunghe e, quando è stata data la notizia del loro acquisto da parte di SAB Miller, molti test erano stati fatti e la prima cotta ufficiale della Thomas Hardy’s Ale era già stata pianificata. È inutile nascondere che la vendita alla multinazionale ci ha messo in grossa difficoltà: abbiamo pensato che poteva cambiare tutto, che forse non era il caso di andare avanti. Ci siamo presi qualche giorno per riflettere e alla fine abbiamo ripensato ai giorni che abbiamo passato in Meantime, lavorando a stretto contatto con loro: abbiamo deciso che farla produrre da Alastair Hook, col fondamentale aiuto di Derek Prentice (altra icona della birra inglese), era ancora la scelta giusta.E siamo andati avanti. Il contratto con Meantime prevede ancora parecchi anni di collaborazione e al momento non abbiamo percepito che il management della multinazionaleabbia apportato qualche cambiamento nel modo di lavorare di Meantime. Quando ciò dovesse accadere, saremo i primi ad intervenire per non correre il rischio di snaturare la Thomas Hardy’s Ale”.
I birrifici che si sono cimentati nella produzione della Thomas Hardy’s Ale hanno rinunciato anche perchè i costi di produzione erano molto alti. Come pensate di superare questo problema?
“Quando chiediamo a Derek Prentice qual è stato l’aspetto più difficile nel ricreare la Thomas Hardy’s Ale, egli sostiene, senza esitazioni: utilizzare le tecnologie moderne in un modo antico. Pensiamo ai passi in avanti fatti in materia di ottimizzazione dei processi produttivi, anche nelle fasi di imbottigliamento, ad esempio. E poi nella logistica. Se riusciremo a portare la Thomas Hardy’s Ale nel futuro senza intaccare la sua qualità, il suo fascino, la sua leggenda, saremo sulla buona strada per scrivere una pagina molto lunga della sua storia”.
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Potete descrivere ai nostri lettori, le sensazione olfattive e gustative ed emozionali che la vostra prima edizione di Thomas Hardy’s Ale regala a chi la beve?
“Proviamo a farlo con imparzialità ma, ce lo concederete, dopo tutta questa attesa siamo davvero innamorati della nostra Thomas Hardy’s Ale. La versiamo in un ampio ballon che ne permetta l’ossigenazione, la temperatura consigliata è di circa 13°C. Il colore è ambrato scuro con dei riflessi bronzei. Prima di assaggiarla ne annusiamo l’aroma più volte, a distanza di qualche minuto: il profumo è ricco e complesso, note di frutta sotto spirito, tabacco, sensazioni leggere di legno si susseguono. In bocca è densa e soffice, l’alcol riscalda il palato ma i toni di marmellata amara, castagne, miele si distinguono chiaramente. La birra è giovane, senza dubbio, con un deciso amaro pepato di luppolo che arriva veloce a dare pulizia. Non vediamo l’ora di assaggiarla tra 3, 5 e poi tra 10 anni: ci aspettiamo una birra ancora più complessa nel gusto, e per certi versi più rotonda. Consigliamo vivamente quindi di fare largo in cantina, in modo da poterla assaggiare subito e riassaggiare negli anni”.