Numero 43/2018
23 Ottobre 2018
Un marchio a tutela della birra artigianale è necessario, la parola a Ferraris di Unionbirrai!
Lo scorso 13 ottobre in occasione di Eurohop, il Salone internazionale della birra artigianale, Unionbirrai ha lanciato il marchio che certifica artigianalità e indipendenza del birrificio e della birra. Si tratta di una novità decisamente interessante vista anche l’attuale fase dello scenario della birra in Italia che vede sempre più l’industria ‘all’attacco’ dei birrifici artigianali.
Cerchiamo di fare il punto su questo importante passo con il direttore generale di Unionbirrai Vittorio Ferraris e di cogliere le prime reazioni, positive, di alcuni birrai fermo restando che il logo deve rappresentare solo il primo passo di un lungo percorso che dovrà essere caratterizzato da un forte attività di comunicazione e promozione sul territorio.
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“Abbiamo deciso di lanciarlo ora – spiega Ferraris al Giornale della Birra – ma è stato un progetto molto lungo visto che giustamente dovevamo definire un regolamento e un disciplinare preciso. La motivazione è legata al fatto che abbiamo il dovere, come associazione di categoria dei piccoli birrifici indipendenti italiani di tutelare queste aziende e i consumatori che si affacciano sul mercato per scegliere. Oggi l’industria della birra a fronte della continua crescita del comparto artigianale ha adottato strategie di comunicazione e realizzato una serie di acquisizioni di birrifici indipendenti per distogliere l’attenzione. Sono state quattro le acquisizioni di birrifici da parte di grande multinazionali per effetto delle gli stessi birrifici artigianali hanno perso il loro status”.
“Noi, non avevamo strumenti se non quelli di creare un marchio di tutela. Crediamo – prosegue il numero uno di Unionbirrai – che sia il modo piu’ importante per tutelarci. Il mondo dell’industria fa azioni attraverso la commercializzazione di prodotti che ‘scimmiottano’ il mondo artigianale. Va tenuto presente anche che a livello europeo e mondiale associazioni di categoria, nostre ‘colleghe’ si sono dotate di strumenti di questo genere. Inoltre, siamo l’unico Paese europeo che ha una sua legge. Altri non ce l’hanno e fanno riferimento a semplici direttive commerciali europee della metà degli anni 90. In Italia invece abbiamo una norma di legge e riteniamo che il marchio applichi in maniera precisa i termini di questa legge. I requisiti non sono altro che la norma che abbiamo. Il dovere della nostra associazione è di farsi garante e quindi di adottare le misure che possano garantire al consumatore che il prodotto sia effettivamente artigianale. Il logo verrà rilasciato solo dopo opportune verifiche”.
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Verifiche che dovranno appunto attestare il rispetto della norma che stabilisce che ‘si definisce birra artigianale la birra prodotta da piccoli birrifici indipendenti e non sottoposta, durante la fase di produzione, a processi di pastorizzazione e di microfiltrazione. Ai fini del presente comma si intende per piccolo birrificio indipendente un birrificio che sia legalmente ed economicamente indipendente da qualsiasi altro birrificio, che utilizzi impianti fisicamente distinti da quelli di qualsiasi altro birrificio, che non operi sotto licenza di utilizzo dei diritti di proprieta’ immateriale altrui e la cui produzione annua non superi 200.000 ettolitri, includendo in questo quantitativo le quantita’ di birra prodotte per conto di terzi’.
“Si dovranno introdurre verifiche ispettive ai produttori – aggiunge ancora Ferraris – per vedere se rispecchiano tutti i requisiti; sono appunto quattro e sono insindacabili: due sono oggettivi, ossia le dimensione dei 200 mila ettolitri e l’altro è legato all’indipendenza economica e legale. Poi bisogna fare attenzione al fatto che la birra non sia pastorizzata e non venga microfiltrata. Su questi aspetti l’impegno per il controllo sarà piu’ pesante per verificare che il birrificio si attenga a questi vincoli. Pensiamo di aver fatto una cosa utile e speriamo che abbia l’efficacia che ci aspettiamo. Dal 22 ottobre rilasceremo il marchio attraverso una richiesta di concessione dopo aver fatto le opportune verifiche; per gli associati ovviamente è un processo abbastanza veloce”.
Cruciale ovviamente sarà la comunicazione e la promozione del marchio tra i consumatori. “Non sarà un processo velocissimo. Ad esempio, prima che i consumatori lo riconoscano ovviamente ci vorrà del tempo. Parallelamente – precisa il presidente – dobbiamo spingere per la diffusione tra associati e non. Non lo rilasceremo solo agli associati a Unionbirrai, infatti dal 2019 lo rilasceremo anche ai produttori che pur non essendo associati hanno i requisiti. Non nascondo che spero che questo strumenti ci porti a diventare sempre piu’ forti e uniti. Oggi rappresentiamo circa il 40% produttori, ossia circa 300 associati. Tutto cio’ dovrà essere accompagnato da una promozione e campagna informativa efficace. E’ un lavoro partito con grande entusiasmo. Vedremo come si svilupperà. Siamo molto positivi”.
Infine, Ferraris ci tiene a precisare che “le beer firm sono escluse; si tratta di un marchio a tutela del produttore e del prodotto. Identifica entrambe le cose contemporaneamente e quindi la beer firm non puo’ fregiarsene fermo restando che la birra prodotta da una beer firm potrà riportare la denominazione legale di birra artigianale come oggi già è lecito. Il marchio inoltre prevede la produzione esclusiva di birra artigianale” .
Positive le prime reazione tra gli addetti ai lavori che sottolineano appunto come sarà fondamentale un’adeguata attività di promozione del marchio.
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“Ne penso molto bene. La ritengono – afferma Agostino Arioli, numero uno del Birrificio Italiano – una cosa molto utile e quasi fondamentale perchè noi abbiamo dei seri problemi a continuare a fare il nostro lavoro che purtroppo si sta ‘diluendo’ in ettolitri ed ettolitri di birre che sono un qualcosa di diverso. Sono ad esempio pastorizzate e trattate al fine di allungarne la vita. Ovviamente questo marchio sancisce anche una filosofia. C’è dietro infatti tutta una filosofia che consiste nell’avanguardia, nella ricerca e in quel rapporto che la birra artigianale ha con il cliente finale e che la birra industriale non può avere, già solo per questione di numeri. Il marchio serve a far sapere in giro che quella birra è artigianale. L’importante è che mi distingua. Occorre fare promozione del marchio e avere la forza e la capacità di fare azione corale di promozione della birra in Italia e anche all’estero facendo iniziative di carattere nazionale”.
Opinione condivisa anche da Davide Marinioni, birraio del birrificio Il Conte Gelo di Vigevano. “L’impressione è positiva. Il discorso da fare a monte e che negli ultimi anni si è creata molta confusione nel consumatori. Molto marchi ‘crafty’ infatti fanno finta di essere come noi. Il fatto che ci sia un marchio che ci possa distinguere da queste realtà è positivo. Poi, ovviamente bisogna capire quanto si riuscirà a comunicare e a diffondere questa cosa. Noi appena sarà disponibile lo metteremo volentieri”.