Numero 24/2022

14 Giugno 2022

Un viaggio nel tempo con Raffaele Castiglioni

Un viaggio nel tempo con Raffaele Castiglioni

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Anno incredibile il 1973.
Nelle sale esce il film “Amarcord” di Federico Fellini che vincerà poi l’Oscar, Felice Gimondi diventa campione del mondo di ciclismo su strada, Patty Pravo ci regala una delle sue hit più famose: “Pazza idea”, la nazionale di calcio italiana compie un’impresa indimenticabile battendo l’inghilterra a Londra con un gol di Fabio Capello, il fumettista Silver dà i natali al famoso personaggio Lupo Alberto, viene fatta la prima telefonata da un cellulare portatile e Larry Page si inventa Google.

Si usavano i gettoni per telefonare, si facevano le foto con le Polaroid e per sapere se c’era l’amico in casa si suonava il campanello.

Quell’anno vedono la luce Loris Capirossi, Bobone Vieri, Fabio Cannavaro, Monica Lewinsky e dulcis in fundo Raffaele Castiglioni di “Fatti una Birra”protagonista dell’intervista.

I favolosi anni Settanta, parafrasando Gianni Minà, tempi in cui l’Italiano Medio possedeva ancora una dignità, rara in quelli di oggi.

Per quello che mi riguarda a quei tempi avevo 7 anni e l’unico ricordo che ho sulla birra era la Peroni Nastro Azzurro che ogni tanto beveva mio padre.

Appena nato Raffele mai avrebbe pensato di aprire da adulto un beershop on-line.

Con lui voglio ripercorrere alcuni momenti birrari (e non) del passato.

 

 

Prima di accendere il motore della macchina del tempo una domanda complessa…

Tempo fa in un articolo si metteva in evidenza il fatto che alcuni e-commerce di birra hanno alcune pecche, due in particolar modo: l’assenza ddell’indicazione di date di scadenza e l’imperdonabile menefreghismo nei confronti della denominazione “artigianale“. Molti e-commerce che vendono (a loro dire) birra craft non hanno cura di distinguere ciò che è artigianale da cosa non lo è.
Tu che ne pensi e quali sono le problematiche più frequenti che affronti ogni giorno?

A me piace fare le cose nella massima trasparenza possibile. Prima di commercializzare birra sono stato anche io un acquirente e provo sempre ad immedesimarmi in uno dei miei clienti per capire se la decisione che sto prendendo o le modalità che sto adottando saranno apprezzate. Ovviamente mi sono chiesto se fosse opportuno dare evidenza nella scheda prodotto della data di consumo preferibile e ho scelto una soluzione “ibrida”: la riporto quando il prodotto viene scontato e contrassegnato come vicino a scadenza. La scelta è dovuta a due elementi: conservo tutti i prodotti in cella frigorifera per cui sono convinto che una “mia” birra a due mesi dal tmc sia più in forma della stessa birra con quattro mesi dal tmc ma conservata sugli scaffali soleggiati di qualche concorrente; inoltre la gestione di lotti diversi, con tmc differenti, complicherebbe la gestione dell’e-commerce.

Fortunatamente questa non è una problematica che devo affrontare: in quasi 5 anni di attività ho avuto una sola lamentela per la scadenza ravvicinata dei prodotti acquistati e pur non essendo troppo vicina si sa, il cliente ha sempre ragione.

Cerco sempre di proporre prodotti artigianali, ma se in Italia la legge 154 del 10 agosto 2016 definisce esattamente una birra artigianale, all’estero la questione è più complessa. Ad esempio, in Italia uno dei requisiti da rispettare è avere una produzione annua non superiore a 200.000 ettolitri annui, all’estero le cose cambiano: Sierra Nevada, ad esempio, è considerata craft brewery pur avendo una produzione superiore a 500.000 ettolitri/anno.

 

 

Partiamo dal lontano 2000 A.C., Sei in Mesopotamia al mercato di Babilonia, hai un’anfora con dentro una miscela di orzo e acqua fermentata spontaneamente (praticamente hai appena inventato le lambic), come convinceresti la gente per venderla? (sei destinato ad aprire un beershop dopotutto)

Punterei su cinque elementi:

  1. Non è una semplice bevanda ma un prodotto energizzante e nutriente grazie al suo contenuto vitaminico e zuccherino
  2. E’ piacevolmente dissetante grazie alla sua fresca acidità di fondo
  3. E’ inebriante perché contiene alcol
  4. E’ stimolante al palato grazie alla sua leggera frizzantezza
  5. E’ più sicura dell’acqua perché l’alcol elimina parte dei batteri

Per la comunicazione però non utilizzerei il volantinaggio: incidere e distribuire tavolette di argilla non credo sarebbe molto comodo!

 

 

Nel 1996 la birreria Le Baladin si trasforma in brewpub per la produzione e la vendita diretta di birra.

Sveleresti a Teo Musso qualcosa del suo futuro e cosa gli consiglieresti?
Teo va ringraziato, così come tutti i pionieri che in quel 1996 diedero vita al movimento craft italiano che conosciamo oggi. Non lo conosco personalmente ma è un visionario, una persona lungimirante, uno che è sempre un passo avanti per cui nel ‘96 credo avesse già intravisto quello che poi è successo. Cosa gli consiglierei? Forse semplicemente di caratterizzare di più le proprie birre. Personalmente trovo che per poter incontrare meglio i gusti del cliente, le sue birre siano un po’ troppo “pulite”.

 

 

Come mai ultimamente si parla poco di questo birrificio secondo te?

Mah guarda, dipende dove si ascolta. Baladin è uno dei brand più conosciuti dal “cliente medio” e molto spesso in negozio cercano proprio le loro birre perché conosciute e apprezzate. Anche le grafiche e le bottiglie sono ben fatte e si prestano bene per regali.

Se invece andiamo ad ascoltare quello che si dice in alcuni gruppi di appassionati presenti sul web o nelle fiere di settore allora concordo che sia calato un po’ l’interesse verso questo birrificio. Credo che il motivo principale sia conseguenza diretta delle scelte di Teo: la grande e innegabile abilità commerciale ha favorito una diffusione capillare del prodotto sia in Italia che all’estero. Da un lato ciò favorisce la reperibilità del prodotto e consolida ulteriormente il brand, se mai ce ne fosse bisogno, causando tuttavia quelli che a mio modesto parere sono due problemi non indifferenti. Distorci la percezione del cliente: trovare Baladin sugli scaffali della GDO ti induce a pensare che non sia un prodotto di qualità inconsciamente lo confronti con i prodotti industriali/crafty che trovi sullo stesso scaffale. Dall’altro, più vendi più produci, e più produci meno attentamente riesci a seguire il processo produttivo e la qualità del prodotto. Birrificio Italiano, ad esempio, ha deciso di fermare a 7.000 ettolitri la produzione annua perché oltre a questa soglia si rischiava di perdere di vista l’obiettivo principale ossia la qualità del prodotto.

 

 

Anno 2000, Valter Loverier, che creerà il birrificio Loverbeer, fa i primi esperimenti come homebrewer. Anche tu ti sei cimentato nella produzione di birra casalinga?

Si certo, credo sia un passo compiuto da quasi tutti quelli che amano la birra artigianale. Non l’ho fatto da solo ma insieme al gruppo di amici storici, quelli che dal liceo non si sono mai persi di vista e ancora oggi amano fare due chiacchiere davanti ad una buona birra.

Siamo partiti con i kit per poi arrivare all’all grain. Producevamo circa 80 litri a cotta e spaziavamo tra stili diversi. Ci siamo anche cimentati nell’autocostruire alcune parti di impianto: dallo scambiatore di calore in controflusso all’armadio coibentato e a temperatura controllata per la fermentazione.

Bei tempi, ma la cotta, la fermentazione e l’imbottigliamento rubavano un sacco di tempo alle nostre famiglie così, a malincuore, abbiamo “momentaneamente” abbandonato questo piacevole passatempo.

Comunque, qualche bottiglia l’abbiamo ancora in cantina e ogni tanto facciamo un salto indietro nel tempo stappandone una!

 

 

Anno 2016, Duvel inizia l’acquisizione del Birrificio del Ducato e Ab-Inbev quella di Birra del Borgo.

Fu una sconfitta per il mondo Craft italiano?

Preferisco vederla come una vittoria. Davide ha spaventato Golia. L’industria si è accorta dell’inevitabile crescita del mondo craft e, non riuscendo a contrastarla, ha pensato che forse poteva controllarla dall’interno. Fortunatamente però le cose non sono andate proprio in questo modo.

 

 

Da poco Matteo Corazza ha rilevato da Ab-Inbev il Birrificio Collerosso, ovvero quello che era la bottaia di sperimentazione di Birra del Borgo.

Un segnale che le grandi multinazionali non riescono a produrre qualità?

Se un piccolo artigiano con scarse risorse è in grado di produrre birra di qualità, sicuramente lo potrebbe fare anche una grande multinazionale. La grossa differenza è l’obiettivo cui tendi. Il birraio artigianale è innamorato della sua birra, del suo birrificio, i suoi dipendenti sono la sua famiglia, i suoi prodotti sono i suoi figli e come tali li coccola, non dorme la notte perché gli è venuta in mente una modifica alla ricetta e di giorno non ha tempo libero perché segue direttamente l’intero processo produttivo. Quello che fa lo fa mettendoci la faccia e pertanto cerca la qualità e la soddisfazione del cliente. In una multinazionale vige la logica del profitto. Per abbattere i costi di produzione puoi sfruttare alcune economie di scala, ma spesso purtroppo agisci a discapito della qualità delle materie prime e dei tempi di produzione.

 

 

Adesso parliamo un po’ di te e saltiamo nel 2017: è stata l’eclissi solare di quell’anno che ti ha spinto ad iniziare la tua avventura e aprire l’e-shop “Fatti una Birra”?

No, l’eclissi non c’entra. Da un po’ di tempo stavo valutando l’opportunità di avviare un’attività in proprio che mi permettesse di trasformare la passione in lavoro. Nel 2017 alcuni fattori si sono incastrati alla perfezione

e ho deciso di fare il gran passo. Oggi ho ancora l’entusiasmo di allora ed è un bel segno. Vedi, lavoro come dipendente in tutt’altro settore e Fatti una Birra mi assorbe tantissimo tempo al sabato, quando il negozio è aperto, la sera e la domenica quando mi occupo della gestione dell’e-commerce, dei social e delle spedizioni. Rimane ben poco tempo per la famiglia e il tempo libero, per cui scoraggiarsi sarebbe facile ma tengo duro spinto proprio dalla passione che avevo nel 2017 e che oggi è rimasta immutata.

 

 

Quali sono state le birre che hai venduto per prime? Quali stili vendevi e vendi di più?

Ho sempre cercato di offrire birre che spaziassero parecchio sia per stile che per territorio. All’inizio sono partito con alcuni classici del Belgio (Chimay, Brasserie Dupont, De Ranke, De Dolle solo per fare alcuni nomi) e di altri paesi ma ho puntato fin da subito sui prodotti italiani. Abbiamo un’offerta veramente ampia e di ottimo livello per cui sarebbe stupido non proporre le nostre eccellenze. Inoltre, spesso si riesce ad avere un rapporto diretto col birrificio offrendo così prodotti freschi e, saltando alcuni passaggi nella filiera distributiva, con vantaggi in termini economici e di freschezza del prodotto. Nel 2018 ho sottoscritto con Birrificio Italiano un contratto per la vendita in esclusiva online dei loro prodotti e di quelli della linea Klanbarrique: oggi il marchio che vendo di più in assoluto è proprio Birrificio Italiano.

Parlando di stili invece è piuttosto semplice: le più ricercate sono le luppolate, quindi se devo dirti uno stile ti dico le IPA.

 

Un triste balzo in avanti fino al 2020, anno d’inizio della pandemia.

Chiusure dei locali e grandi difficoltà. Cos’hai provato durante il primo Lockdown?

Una strana sensazione. Ci siamo trovati tutti catapultati in una situazione mai vissuta in precedenza la cui gestione non è stata semplice e ha comportato scelte dolorose. Il primo lockdown in particolare è stato molto duro perché ci sono state le restrizioni maggiori e non si sapeva molto come combattere il virus. Ai miei figli dicevo di memorizzare le strade vuote, i locali chiusi, la dad, perché una situazione del genere, facendo i dovuti scongiuri, sarà ben difficile viverla di nuovo. Parlando di birra, quello che mancava di più è stato ovviamente il poter bere una pinta al banco del pub facendo due chiacchiere con gli amici. Speriamo che questo triste capitolo si sia chiuso definitivamente.

Guardando al bicchiere mezzo pieno, invece, è stata l’occasione per trascorrere più tempo in famiglia, occuparsi di quei piccoli lavoretti in casa che rimandi sempre, vedere un po’ di serie tv per le quali non si hai mai tempo.

 

 

Come hai vissuto quel momento lavorativamente?

Cosa fa un appassionato di birra costretto in casa, con i pub chiusi? Compra birra online.

Inutile dire che il 2020 è stato un ottimo anno, lavorativamente parlando. I volumi sono cresciuti molto ed è stato un anno piuttosto impegnativo ma gratificante. Certo, è aumentata anche la concorrenza, a partire proprio dai birrifici che, con i pub chiusi e i magazzini pieni, hanno quasi tutti attivato un proprio servizio di delivery.

Come tanti altri commercianti anche io ho attivato un servizio gratuito di consegna a domicilio nei comuni limitrofi per poter servire con ancor più velocità chi aveva la gola secca!

 

 

Anno 2022, Beer Attraction, Arrogant Sour Festival a maggio e Acido Acida in settembre, ritornano le grandi manifestazioni birrarie finalmente dopo un periodo di assenze.

Appuntamenti importanti per chi vende e produce birra.
Sei stato ultimamente a delle manifestazioni birrarie? Che valutazione gli dai?

Finalmente! Le manifestazioni sono sempre un’occasione importante per ritrovare amici, per un confronto con i birrai, per assaggiare nuovi prodotti da proporre alla clientela. Confesso che mi piacerebbe avere più tempo per partecipare a questi eventi… Un appuntamento che non mi perdo mai è EurHop a Roma. Con il solito gruppo di amici cerchiamo di essere presenti ad ogni edizione, e ne approfittiamo sempre per un giro in città ed un buon piatto di cacio e pepe o coda alla vaccinara.

L’ultima manifestazione alla quale ho partecipato è stata il Pils Pride 2022: 24 pils, tutte in formissima (almeno quelle che ho provato), è stato un gran bell’evento! La cosa che mi fa sempre piacere è vedere il senso di fratellanza che unisce i birrai che, pur essendo concorrenti, partecipano con entusiasmo a queste manifestazioni supportandosi e confrontandosi a vicenda.

 

 

Ora hai tu la possibilità di scegliere in che anno vuoi andare e chi vuoi essere…

Sarà banale ma ogni volta che vedo rovine romane rimango incantato. A partire da opere immense come il

Colosseo, la Domus Aurea o l’Arena di Verona fino a un piccolo ponte sperduto tra le montagne della Valle d’Aosta come il Pont d’Ael, è impressionante che ciò che fu costruito allora è resistito fino ad oggi e se non ne possiamo più godere è a causa di intemperie, saccheggi e demolizioni volontarie. Ecco, mi piacerebbe fare un salto indietro nella Roma imperiale, passeggiare per i fori, ammirare il mondo di allora e conoscere un popolo che a piedi ha conquistato quasi tutta l’Europa. Chi essere? Beh, penso che ai tempi o stavi bene bene o la vita non fosse molto piacevole per cui ti dico un imperatore, magari Adriano, buono e longevo (almeno rispetto alla vita media di allora).

 

 

L’anno più bello che hai vissuto fino a oggi e quale quello che vorresti cancellare?

Anni belli ce ne sono stati parecchi. Scegliere è impossibile. Ci sono stati momenti stupendi che ricordo con immenso piacere, legati alla famiglia. Ti dico il matrimonio nel 2005 e la nascita dei due figli nel 2009 e nel 2015. Non me ne voglia Rossella ma penso che non ci sia momento più emozionante di quello in cui prendi in braccio per la prima volta il tuo bimbo.

L’anno che vorrei cancellare è invece il 2002, anno in cui morì mio padre. Era una persona eccezionale che si meritava molto più di quello che ha avuto. Andava pazzo per i bambini e mi si stringe il cuore al pensiero che è mancato prima che nascessero i suoi quattro nipoti: sarebbe stato un nonno fantastico.

 

 

Corre l’anno 2352, come sarà in futuro il mondo della birra artigianale?

Spero si possa parlare ancora di birra artigianale riferendoci al prodotto che conosciamo oggi.

Ho un po’ di timore per le materie prime perché cereali e luppoli potrebbero subire diverse modifiche, sia a causa delle manipolazioni di laboratorio che credo saranno sempre più frequenti sia, purtroppo, per le mutate condizioni climatiche cui siamo destinati. Inoltre, salvo crolli demografici dovuti a pandemie o conflitti, nel 2352 quanti miliardi di persone ci saranno su questo pianeta? Impareremo a vivere “in verticale” ma verrà sottratta sempre più terra alle coltivazioni anche a discapito della biodiversità. Forse però riusciremo a colonizzare altri corpi celesti e avremo varietà di luppoli lunari e di orzo marziano.

Son sicuro però che ci sarà sempre un manipolo di nostalgici che difenderà questa tradizione e, tolta l’aeromobile dal garage, si troverà con gli amici a discutere di alfa amilasi e umulone davanti ad un pentolone in piena bollitura e una fresca pinta di birra tra le mani.

 

Il nostro recente passato è faticoso da sopportare.
Faccio un po’ fatica a dargli un senso; è accaduto di tutto e abbiamo rischiato di essere sconfitti dagli eventi.
Il passato però non si può cambiare, ma accettare.
Le ferite non si cancellano, ma possono cicatrizzare; le cicatrici ogni tanto fanno male, ma almeno non sanguinano più.

 

Un po’ di retorica forse, ma si dice che “farla fa diventare più belli” (questa invece si che è una gran c#####a!)
Adesso andate a farvi una birra, magari quella che avete comprato on line a “Fatti una Birra” di Raffaele, perché “Bere birra è il dannato sostegno a questa vita”.

 

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Piero Garoia
Info autore

Piero Garoia

Sono nato nel lontano millenovecentosess… il secolo scorso, a Forlimpopoli, paese natale di Pellegrino Artusi padre della cucina italiana.
Appassionato di musica, cinema, grafica e amante della fotografia.
La passione per la Birra Artigianale nasce tra gli scaffali di una libreria sfogliando un piccolo manuale per fare la birra in casa.
I disastrosi tentativi di produrla mi hanno fatto capire che diventare homebrewer non era proprio la mia strada.
Ho scelto allora di gustare la birra con gli amici, tutti appassionati, “credenti” che artigianale sia significato di unicità e qualità.
Non sono un docente, nemmeno un esperto, ma ho un obiettivo, mantenere vivo un piccolo mondo romantico dove la cultura della birra sia sinonimo di valori, socializzazione e condivisione di esperienze.
Coltivo le mie conoscenze partecipando a eventi, degustazioni, incontri e collaboro con l’Unper100 un’associazione di homebrewer forlivesi.
Mi affascina il passato delle persone, ascoltare le loro storie e capire come vivono le loro passioni.
Gestisco anche un mio blog semiserio www.etilio.it e mi piace pensare che questo possa contribuire a “convertire” più persone possibili al pensiero che “artigianale è meglio”.
Ho ancora tanti sogni nel cassetto e altrettanta voglia di concretizzarli.
Far parte del “Giornale della Birra” cosa significa? Vuol dire avere l’opportunità di comunicare a molte più persone quello che penso e mi appassiona.