Numero 18/2016
3 Maggio 2016
Vecchia Orsa: il gusto sociale della birra
L’Italia è patria, come ben sappiamo, di moltissimi microbirrifici e birrifici artigianali, ma alcune realtà si caratterizzano per qualità che sono molto più importanti delle mera bontà oggettiva della birra prodotta. Tra le tante brasserie che ho avuto l’opportunità di conoscere nel corso della mia “carriera” di divulgatore della cultura birraria, al birrificio Vecchia Orsa riservo una menzione speciale.
Infatti, il birrificio si avvale della collaborazione di persone diversamente abili che, sotto la guida sapiente del Mastro Birraio Enrico Govoni, danno vita alle pregiate birre artigianali. Vecchia Orsa è, quindi, molto di più di una fabbrica di birra: in primo luogo, infatti, è un percorso di vita per ragazzi e ragazze che necessitano di un’attenzione in più, permettendo loro di avviarsi in un cammino di dignità, autorealizzazione, conquista di piccoli e grandi obiettivi di autonomia e lavoro.
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Ho avuto l’onore di conoscere ed intervistare Michele Clementel presidente di Vecchia Orsa: la tensione di passione, amore e solidarietà che ho potuto riscontare nel nostro dialogo è proprio quel valore aggiunto che fa la differenza rispetto alle altre “normali” birre artigianali!
Quando e come è nato il vostro birrificio artigianale? Come si è sviluppato e concretizzato il progetto di coinvolgere persone diversamente abili nella produzione della birra?
Siamo legati al 13 Febbraio 2008, data della prima storica “cotta” del nostro primo impianto nato nella corte di Orsetta Vecchia di Crevalcore, da cui deriva il nome del birrificio.
In realtà la Cooperativa Sociale FattoriAbilità nasce nel 2006 e , nella fatica della partenza dei progetti, incontra due giovani homebrewer che ci affascinano con le potenzialità della produzione della birra artigianale. Decidiamo, così, insieme di lanciarci in questa impresa con squadre miste di lavoratori come tipico delle cooperative sociali.
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Il vostro progetto, dall’avvio ad oggi, si è caratterizzato per varie fasi di crescita, che hanno visto anche l’ampliamento delle strutture produttive: quali sono state le tappe fondamentali?
Il primo impianto era da 75 litri per cotta! Praticamente un giocattolo. Nel 2010 è stata effettuata la prima modifica che ci ha consentito di passare a 400 litri a lavorazione. Il vero salto, nel senso stretto del termine, è stato nel 2012 quando, dopo il terremoto dell’Emilia che ha reso inagibile la nostra sede, ci siamo trasferiti a San Giovanni in Persiceto, in provincia di Bologna, con l’attuale impianto da 10 ettolitri.
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La produzione della birra è un’arte complessa e richiede attenzione non solo per ottenere validi risultati produttivi, ma anche per garantire la sicurezza degli operatori: come riuscite a conciliare le necessità imprenditoriali con la gestione del lavoro dei ragazzi diversamente abili?
Il “ segreto” è lavorare insieme. Può risultare una affermazione banale essendo una cooperativa, ma è ciò che rende speciale l’opportunità che si da ai ragazzi diversamente abili.
Ci piace sottolineare la grande importanza di lavorare tutti insieme ad un progetto comune, ciascuno con le sue attitudini e responsabilità. Certo che qualcuno etichetterà e un altro seguirà l’HACCP, ci sarà chi va in banca e un altro sistemerà lo spaccio, ma tutti si partecipa insieme alla buona riuscita del progetto. Segnalo però che il costo del personale è una delle nostre voci di spesa più pesanti, che a volte ci affatica.
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Il vostro birrificio realizza 10 birre differenti: quale è la filosofia produttiva che le contraddistingue? Come selezionate le materie prime da impiegare per la brassatura?
Certamente la grande bevibilità è una caratteristica importante delle nostre birre.
Enrico è molto attento a rispettare gli stili di riferimento delle nostre produzioni anche se non disdegna … variazioni sul tema!
L’80% dei nostri malti è di produzione italiana e il restante è di produzione europea, non essendo diversi malti speciali prodotti in Italia. Anche i luppoli vengono acquistati all’estero, per ovvie ragioni legate al mercato nazionale.
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Ritornando agli aspetti più umani ed etici, quale opportunità offre il Birrificio Vecchia Orsa alle persone diversamente abili coinvolte nella produzione della birra? Come cambia la vita di questi ragazzi grazie all’impegno lavorativo?
Abbiamo 3 lavoratori svantaggiati assunti. Hanno tutti iniziato come borse lavoro e poi sono stati via via assunti. Partecipano a tutte le operazioni del processo e in particolare uno di loro ha funzioni di “ aiuto birraio” nel senso che è l’unico che assieme ad Enrico porta avanti le due giornate settimanali di cotta.
Oggi le borse lavoro non ci sono più e hanno lasciato spazio ai “ tirocini formativi”.
Abbiamo una brave e volenterosa ragazza, affetta da sindrome di down, in tirocinio e un altro giovane studente che ci aiuta il venerdì per l’etichettatura.
Spesso ci sono ragazzi in “stage” ovvero ragazzi in età scolare che passano una o due giornate con noi per entrare nei ritmi e consuetudini del modo del lavoro.
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Il Birrificio Vecchia Orsa è davvero la prova concreta che la birra può essere molto di più di ciò che normalmente siamo abituati a considerarla: non solo un buon alimento, non solo una bevanda ricca di storia e cultura, non solo un prodotto ricco di innovazione e capace di focalizzare l’attenzione degli appassionati… ma soprattutto una ragione di riscatto sociale e personale per ragazzi e ragazze che hanno qualche difficoltà in più.
Invito tutti i lettori di www.giornaledellabirra.it a visitare e conoscere personalmente il Birrificio Vecchia Orsa, che ha sede a San Giovanni Persiceto, in provincia di Bologna, ed a degustare le ottime birre dal “gusto sociale”. Maggiori informazioni sul birrificio sono reperibili sul sito web aziendale www.vecchiaorsa.it