Numero 44/2017
3 Novembre 2017
Voglia di “cominciare”: il sogno italiano in UK del Birrificio Brewheadz
“Parti per scalare le montagne
E poi ti fermi al primo ristorante
E non ci pensi più” (cit.)
Loro non si sono fermati, anzi di strada ne hanno percorsa tanta prima di trovare la loro dimensione.
Sono passati dal mangiare la Tiella di Gaeta al servire fish and chips ed ora bevono la loro birra.
E’ un gruppo di quattro ragazzi (Vincenzo Conte, Gianni e Stefano Rotunno, Giovanni Massa) non di Liverpool, ma di Fondi in provincia di Latina, con tanta voglia di “costruire” lontano da casa, meglio per loro e forse peggio per noi.
Vincenzo, Gianni e Giovanni sono stati i primi e per ultimo è arrivato Stefano… In ognuno di voi quando è nata la passione per la birra?
Per Gianni iniziò all’incirca 11 anni fà, appena si trasferì a Londra.
Ogni volta che entrava nei pub assaggiava, inevitabilmente, birre nuove. Poi un giorno al GBBF (Great British Beer Festival) bevve per la prima volta la Punk IPA . Una folgorazione! E’ in quel momento che è iniziò tutto.
Giovanni che si era appena trasferito, si fece contagiare dal suo entusiasmo ed insieme nel 2012 iniziarono un corso da Homebrewers alla London Fields Brewery.
Comunicavo con loro via Skype e mi trasmisero la loro passione.
Così feci anch’io un corso per homebrewer in Italia. Lessi meticolosamente “La tua Birra Fatta in Casa” di Bertinotti e iniziai a farla da solo ovviamente. In Italia è stato facile trovare attrezzature da homebrewer e coltivare questa passione.
Alla fine non ho potuto fare altro che raggiungerli.
Nel 2013 Gianni si è iscritto alla Heriott-Watt di Edinbugo ed ha iniziato i suoi studi per Brewing and Distilling.
Stefano si è aggregato nel 2015. Eravamo ormai tutti innamorati a tal punto della birra artigianale che ogni volta che ci ritrovavamo, a casa sua e di suo fratello Gianni, era solo per far cotte.
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Cosa ha spinto originariamente Gianni e Giovanni a partire per Londra e poi tu a raggiungerli? Amicizia, voglia di avventura, un pizzico di follia o opportunità lavorative che in Italia mancano?
Gianni all’inizio qui a Londra non conosceva nessuno, solo suo cugino, quindi per lui è stata voglia di avventura e follia. Anche noi ci siamo trasferiti un pò per questi motivi, ma anche perchè in Italia tutti avevamo lavori che non ci piacevano e soddisfacevano.
Antonio Conte arrivato a Londra ha trovato una bella accoglienza e un lavoro come allenatore. Non si può fare certo un paragone… credo che i vostri inizi siano stati sicuramente più difficili e interessanti, ce ne vuoi parlare?
Non abbiamo avuto vita facile. Abbiamo tutti iniziato a lavorare in cucina per colpa del nostro Inglese non perfetto. (il nome della nostra birra, la Kitchen Porter deriva proprio da questo)
A mano a mano che il nostro inglese migliorava alcuni di noi sono saliti subito di livello.
Giovanni e Stefano hanno incominciato a lavorare in un ristorante Giapponese di alta classe.
Gianni si è laureato qui in Economia e ha incominciato a lavorare come accounting in compagnie alberghiere e turistiche.
Io ho lavorato in cucina al Brewdog Camden, poi promosso al bar. Non ho mai voluto cercare altro perchè la paga era comunque buona e li ho avuto la possibilità di conoscere tante persone del mondo del Craft Beer.
Birra Artigianale in Inghilterra? Un movimento quanto importante?
Direi che dopo gli Stati Uniti, per la birra artigianale, UK, specialmente a Londra, è una delle scene più importanti nel Mondo. Puoi respirare Craft Beer praticamente nell’aria e trovarla ovunque, dal ristorante “posh” al classico off-license sotto casa.
Noi siamo poco distanti da Beavertown che penso sia uno dei birrifici più in voga al momento.
C’è ovviamente ancora chi non conosce la differenza fra Ale e Lager, bevono per la maggior parte birre a basso costo giusto per “get smashed”.
Poi ci sono I più anziani ancora attaccati alla tradizione e quindi al CAMRA (Campaign for Real Ale). Alcuni di loro quando sentono parlare di Craft Beer iniziano a storcere il naso dicendo che non è vera birra.
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Aprire un vostro birrificio in Inghilterra, una delle patrie storiche della birra. Trovare location, soldi, attrezzature… Che difficoltà avete incontrato?
Una cosa che ci ha colpito molto è stata la facilità di aprire la compagnia, una Limited, che sarebbe una SRL in Italia, in soli 3 giorni su Internet e con 75 pound.
Per finanziarci abbiamo chiesto dei prestiti personali alle nostre banche e ad una compagnia finanziaria per piccole e medie imprese.
Una cosa che ci ha aiutato molto all’inizio è stato il rimborso dell’IVA che arrivava puntuale ogni 3 mesi, così ci ha aiutato nei mesi iniziali per “andare avanti”.
Le nostre attrezzature diciamo che non sono le più costose al mondo, ma ci consentono di fare con efficienza una birra di buona qualità e gli stili che vogliamo.
L’impianto purtroppo non ci permette di produrre Lager, cioè potremmo ma non sarebbe della qualità che vogliamo.
Il nostro magazzino è del comune di Haringey (borgo settentrionale di Londra), ha un costo quindi più accessibile di quello di un privato In più la zona era in via di sviluppo quindi a prezzi migliori (se avessimo preso lo stesso magazzino in questo momento ci sarebbe costato almeno £2000 in più all’anno)
In quanto italiani accuserete gli effetti della “Brexit” sul vostro lavoro?
Sinceramente non so cosa succederà. Come italiani e tanti altri stranieri aspettiamo le decisioni del governo.
Sicuramente c’è stato un aumento per quanto riguarda le materie prime e qualche tassa. Per questo motivo alcuni mesi fa, purtroppo, abbiamo dovuto alzare i prezzi.
Le vostre prime birre che accoglienza hanno avuto? Diffidenza nei vostri confronti? Il mercato britannico quanto è esigente?
Diciamo abbastanza bene.
Abbiamo avuto il sostegno di alcuni birrifici ormai affermati nel mercato per il lancio del nostro progetto, soprattutto Five Points Brewery che si è mostrata molto disponibile e solidale, ma abbiamo un buon rapporto con quasi tutti.
C’è stato qualche Pub/Shop che non voleva sapere niente di noi a priori, neanche assaggiare le birre, ma non penso sia per qualche strano motivo di nazionalità.
Il mercato inglese é molto competitivo, specialmente a Londra. Ci sono dei veri “mostri”. Solo a 10 minuti di distanza ci sono Beavertown e Pressure Drop e competere con loro non è facile. Noi ovviamente non abbiamo a disposizione le stesse attrezzature e finanze, ma cerchiamo di impegnarci al massimo per cercare di farci un nome.
Brewheadz… come avete scelto il nome? Ha un significato particolare?
Non ha un vero e proprio significato. Abbiamo avuto prima l’idea del logo che sarebbe stato uno smile sorridente così a Gianni è venuto in mente Brewheadz, che significa più o meno “Teste di Birra” e ci è piaciuto.
Ogni nostra “core range” ha una personaggio/testa differente.
C’è stato un aumento quasi esponenziale degli eventi sulla Birra Artigianale in Italia, com’è la situazione in Inghilterra? Parteciperete ad eventi prossimamente?
Partecipiamo ad eventi praticamente quasi tutti i mesi, piccoli e grandi.
Il primo è stato il Craft Beer Rising a Febbraio che ci ha fatto conoscere I ragazzi di Beer52 e Ferment Magazine. Ci hanno inseriti nel loro box mensile “New Kids on the Block” ad Aprile e hanno pubblicato un articolo su di noi.
Poi London Brewers Market, Dalston Beer Day, Craft Theory che ci ha fatto conoscere i ragazzi di Wild Weather Ales con cui ultimamente abbiamo fatto 2 birre in collaborazione.
Non sono mancati varie Tap Take Over nei vari Brewdog bar ed in altri locali.
Il prossimo grande evento sarà il 10-11 Novembre ad Aviemore, in Scozia, per il North Hop.
Siamo particolarmente eccitati per questo primo evento fuori Londra.
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C’è chi ha esportato birre Made in Italy in Inghilterra… in futuro vorrete esportare il vostro Made in English in Italia?
Certo che si!
Sarebbe un onore essere presenti anche nel mercato italiano.
Il nostro focus attualmente è ancora territoriale, essendo ancora piccoli, ma stiamo lavorando sodo per crescere e trovare qualcuno che creda in noi e ci faccia conoscere anche in Italia.
C’è un birrificio italiano con cui è in programma una collaborazione quindi questo potrebbe essere un’altro inizio.
In Italia sta crescendo nei bevitori la richiesta di birre Sour. Cosa ne pensate e com’è considerato questo stile in Inghilterra?
È uno stile che amiamo molto, berremmo sour tutti i giorni sinceramente (e a volte lo facciamo), anche se io non sono stato subito un suo amante, mi ci è voluto tempo.
Personalmente ho iniziato ad apprezzare questo stile perché mi ero annoiato di bere sempre IPA, APA e simili, così un giorno assaggiai una “Spontan Double Elderflower” di Mikkeller e da lì ho cambiato il mio modo di bere e pensare.
Qui in UK è uno stile molto apprezzato ed è molto facile trovare ottime sour in giro, anche in comunissimi off-license.
Ci sono birrifici come Wild Beer Co. che basano il loro range su birre “wild”.
Stanno anche nascendo piccoli birrifici, come Little Earth Project, che producono per la maggior parte birre a fermentazione spontanea e Farmhouse Ales.
Tra l’altro qui è famoso e molto apprezzato l’Arrogant Sour Fest di Reggio Emilia e Acido Acida di Ferrara. Spero di poter venire alle prossime edizioni.
Non è mai semplice “staccarsi”.
L’impegno e il lavoro alla fine portano a un risultato che deve essere considerato comunque positivo.
Spesso si ha paura di rischiare, ma non è un “nostro” difetto.
E’ qualcosa che in Italia ci hanno inculcato in questi ultimi vent’anni alzando ostacoli ovunque.
Per trovare quel coraggio che serve bisognerebbe iniziare a dare un valore alla sconfitta, pensare che è anche una ricchezza,
In certi casi significa che hai tentato e quindi dentro hai ancora la forza per ricominciare.
Cosa posso dire alla “banda” Brewheadz, non certo un in bocca al lupo. Voglio credere che non ne abbiano bisogno.
“Quel che vi so dire è che dovete essere liberi”.
“You got to be free
Come together, right now
Over me”
(Beatles)
Maggiori informazioni: www.brewheadz.com