Numero 32/2021
10 Agosto 2021
Birra e pubblicità: la storia italiana dei volti più amati
L’incontro tra birra e pubblicità ha quasi 90 anni di storia. “Birra, io t’adoro” è solo l’ultimo passaggio di un percorso (il rapporto degli italiani con la birra) passato attraverso l’evoluzione degli stili di vita che ha raccontare la birra agli italiani attraversando il cambiamento delle mode, dei modelli di consumo, degli stili di vita del Paese. Trovando sempre linguaggi, chiavi e canali di comunicazione al passo con i tempi – dalle prime affissioni a Carosello, passando per la televisione fino ai social network – e lasciandoci in eredità vere e proprie “perle” di comunicazione.
Ma ad influenzare la comunicazione sono soprattutto gli anni in cui un nuovo apparecchio entra nelle case degli italiani: la televisione. I produttori ne colgono subito la grande potenzialità e così carosello viene “inondato” di fiumi di birra grazie a testimonial d’eccezione.
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Nei primi anni settanta, grazie anche all’invenzione del frigorifero che consentì alla birra di accedere più facilmente alla famiglie italiane, crebbero notevolmente i consumi pro-capite (16,5 l.) e la produzione (9 milioni di ettolitri), ma una nuova crisi era alle porte: la congiuntura economica colpì anche il settore birrario, già pesantemente penalizzato dalla pressione fiscale. Nonostante ciò si continuò a puntare sulla comunicazione, prima tentando di destagionalizzare il consumo di birra, fino ad allora reputata una bevanda esclusivamente estiva, e poi di esaltarne le virtù.
Ripercorriamo insieme le tappe principali legate alla pubblicità che negli anni è andata a braccetto con grandi personaggi del jet-set italiano e internazionale, come Fred Buscaglione e Anita Ekberg, Mina, Tognazzi fino a Renzo Arbore. E ci ha lasciato indimenticabili slogan, da “Chi beve birra campa cent’anni” a “Birra, e sai cosa bevi!”
1929: “chi beve birra campa cent’anni
Ogni campagna è stata riflesso dei suoi tempi. È datata 1929 la prima campagna collettiva della birra con il fortunatissimo – e inossidabile “Chi beve birra campa cent’anni”. L’headline recitava, testualmente: “Bevetela durante i pasti. Facilmente digeribile, contenente sostanze toniche e nutrienti, la birra è indicata durante i pasti, anche per le donne, vecchi e bambini. Assicura sonni tranquilli e umore lieto”. Certo, oggi sarebbe impensabile promuovere il consumo di alcol dei bambini… Ma le cose del passato vanno viste con gli occhi del passato e all’epoca quel messaggio fu un’idea pubblicitaria geniale.
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1958: il camion-bar arriva nelle piazze italiane per far conoscere la birra
Per tutti gli anni Cinquanta la birra veniva consumata esclusivamente da marzo a settembre, e veniva inserita mentalmente fra le comuni bevande dissetanti, come le bibite gassate, e come tale consumata al banco. Fondamentale per la promozione e diffusione della bevanda la rifondazione di un’associazione di categoria, dopo la conversione corporativa del ventennio. Una delle prime iniziative è la campagna pubblicitaria collettiva del 1958 che, per divulgare la birra e convincere gli italiani a berla, utilizza tutti gli strumenti pubblicitari: radio, cinema, affissione e, per la prima volta, anche la televisione.
Ma forse, più che la televisione poté il mitico “camion bar”, che arrivava strombazzando nei paesi e parcheggiava nelle piazze principali, offrendo a tutti un calice di birra in assaggio gratuito. Dopo la bevuta gratis, qualcuno spiegava di cosa si trattava, a cosa serviva, come era fatta. A volte veniva proiettato un breve filmato dall’evocativo titolo “Il fiume d’oro” e allora lo stupore per questi piccoli e volanti cinema all’aperto era ancora più grande. Passato il camion, dopo qualche giorno i bar venivano riforniti di birra. Insomma, parafrasando un famoso proverbio, se il consumatore non va alla birra, è la birra ad avvicinarsi al consumatore.
Negli anni sessanta la birra approda a carosello (con Mina, Buscaglione e la Ekberg)
Correva l’anno 1959 quando la birra incontra Carosello. È l’inizio di una storia che porterà a diversi famosi testimonial a prestare volto e voce a questa bevanda. Il primo? Con Fred Buscaglione e la prorompente bionda Anita Ekberg, dove al posto del classico “Che bambola!” il cantante torinese se ne esce con un “Che birra!”; Cosi, grazie alla splendida attrice svedese, l’Italia del boom economico scopre un prodotto praticamente “nuovo” per il nostro Paese: la birra chiara. E ancora, la birra canta “Amado mio” assieme alla mora Mina in versione Rita Hayworth (1961-64), al grido di “bionda o bruna, basta che sia birra”; e fa sorridere con Ugo Tognazzi (1964-65).
Anni ’80, la mitica campagna di Renzo Arbore
Dopo il grande balzo degli anni Sessanta e dei primi anni Settanta, scoppia, inaspettata, la congiuntura, che coinvolge anche il settore birrario. Ma come sempre, anche in piena crisi, la birra continua a parlare e a far parlare di sé. Risale all’inverno 1976 una collettiva dall’evocativa headline “Le seti nascoste dell’inverno”, per promuovere la destagionalizzazione del prodotto, antico retaggio dell’“industria del cento giorni” e nodo per la competitività dell’industria nazionale. In questa fase, la comunicazione verte sul problema dei coloranti nelle bibite, ritenuti altamente cancerogeni. I produttori di birra dovevano chiarire, una volta per tutte che la bevanda d’orzo non aveva nessun tipo di colorante. E sulle virtù della birra invitava a “meditare” il carismatico Renzo Arbore sussurrando il suo celebre “Birra… e sai cosa bevi” dando vita a un tormentone citato ancora oggi.
E la storia continua…