Numero 34/2022
23 Agosto 2022
Enzimi in ammostamento: tutto ciò che bisogna sapere! – parte 1
Gli enzimi non sono altro che proteine che fungono da catalizzatori nelle reazioni chimico/ biologiche. Il fatto che siano catalizzatori significa che danno luogo a queste reazioni senza consumarsi, infatti il compito dell’enzima è solo quello di velocizzare una reazione chimico/biologica e non quello di farla avvenire.
Nei malti sono presenti diverse tipologie di enzimi ognuno con proprie caratteristiche che li porta ad entrare in azione a temperature e pH diversi fra loro. Si può quindi affermare che ogni enzima presente nel malto ha una “finestra di operatività” che è delimitata da due parametri: la temperatura e il pH.
Se la temperatura sarà troppo bassa o il pH non corretto, l’enzima non entrerà in azione (o se lo farà la sua azione sarà molto rallentata).
Per questo motivo le soste che vengono richieste nella fase di ammostamento vanno sempre eseguite in ordine ascendente di temperatura (da quella a temperatura più bassa a quella a temperatura più alta).
Dato che sono gli enzimi a catalizzare le reazioni chimiche, occorre che nel mosto sia presente un quantitativo sufficiente di questi simpatici amichetti. Gli enzimi sono già presenti normalmente nel malto, ma in misura differente a seconda della varietà. Si parla a questo proposito di “potere diastasico” del malto.
Più elevato è questo valore, più vuol dire che sono presenti enzimi nel malto.
Alcuni tipi di malto hanno un elevato potere diastasico, ovvero contengono un’elevata quantità di enzimi tale da permettere la scissione ottimale degli amidi presenti al loro interno ma anche di quelli presenti all’interno degli altri grani.
Altre varietà hanno un ridotto potere diastasico, ovvero un quantitativo insufficiente o nullo di enzimi, e devono necessariamente essere impiegati assieme ad altre tipologie per un buon ammostamento.
Altri tipi di malto hanno un quantitativo sufficiente solamente a scindere gli amici contenuti al proprio interno, ma non quelli all’interno degli altri malti. Vi sono infine alcune tipologie che durante il processo di maltazione hanno già subito una trasformazione/scissione degli amidi in zuccheri semplici e non hanno quindi necessità di essere sottoposti a mashing.
I malti con alto potere diastasico sono: Pils, Pale/Maris Otter, Vienna, Monaco, Mild e Weizen. Brown, Amber, frumento non maltato e fiocchi di cereali, non hanno invece enzimi sufficienti. Malti Caramel, tostati e arrostiti, hanno subito la trasformazione degli zuccheri durante il processo di maltazione e quindi non avrebbero neanche bisogno di ammostamento.
Fattori che influenzano il mashing: pH, temperatura
pH: Altra condizione per un corretto mashing è che il pH del mosto sia compreso fra 5,2 e 5,6 (l’ideale è 5,5). Le principali reazioni enzimatiche necessarie al processo di ammostamento infatti avvengono in quel range. Scostamenti significativi da quei valori potrebbero inibire o bloccare le reazioni rendendo sostanzialmente inefficace l’intero mash.
TEMPERATURA: Veniamo al capitolo più interessante per l’homebrewer. La temperatura è importantissima nel processo di ammostamento in quanto influenza il lavoro dei singoli enzimi, attivandone alcuni ed inibendone altri, determinando dunque quale tipo di reazione avviene nel mosto. Esistono infatti diversi enzimi la cui attività avviene però a temperature diverse. Il birrario o l’homebrewer dovrà sfruttare la temperatura per determinare che tipo di reazioni privilegiare e ottenere un mosto con caratteristiche differenti. Effettuerà quindi delle “soste” o “step” a diverse temperature per un certo quantitativo di minuti a seconda del risultato che vorrà ottenere.
Vedremo nel prossimo articolo (pubblicazione 30 agosto 2022) quali sono gli enzimi in questione e le relative soste.