Numero 35/2022
30 Agosto 2022
Enzimi in ammostamento: tutto ciò che bisogna sapere! – parte 2
Il mashing ha il fine di portare in soluzione le sostanze solubili del malto per ottenere un mosto con il giusto contenuto di zuccheri fermentescibili, destrine, sali minerali e composti azotati.
Durante questa fase è importante miscelare il malto e l’acqua a temperature favorevoli alla degradazione operata da determinati enzimi, in pratica sostando a temperature specifiche per un certo tempo.
Vediamo quali sono i principali enzimi coinvolti nell’ammostamento della birra.
Fitasi
L’enzima fitasi lavora fra i 30° e i 52°C. La fitasi rompe la struttura della fitina [Ca5Mg(C6H12O24P63H2O)], un sale, in fosfato di calcio o fosfato di magnesio e acido fitico. Questa sosta è chiamata Acid rest in quanto serve ad abbassare il pH del mosto. L’acid rest si protrae solitamente per 20 – 40 minuti. Questa sosta non è molto usata dagli homebrewer che preferiscono correggere il pH con additivi (acido lattico) o utilizzando del malto acido.
Proteasi e Peptidasi
L’enzima proteasi lavora soprattutto tra i 45 e i 55°, e scinde le lunghe catene di proteine in composti più semplici come i polipetidi. Questi sono ulteriormente ridotti dalle peptidasi, attivi alle stesse temperature. Questa pausa è chiamata Protein Rest e si protrae in genere tra i 10 e i 20 minuti. E’ uno step che si effettua solo in presenza di cereali non maltati o poco maltati, che contengono quindi un eccessivo quantitativo di proteine complesse. Le lunghe catene proteiche sono responsabili della torbidezza finale della birra (vedi alcune Weizen). L’azione delle proteasi riduce la torbidità finale, quella delle peptidasi fornisce invece le sostanze per una buona formazione della schiuma e per il nutrimento del lievito.
Un’eccessiva durata di questo step potrebbe portare a scindere completamente le proteine contenute nel mosto, generando una birra con schiuma scadente o peggio assente.
Amilasi
Le amilasi sono enzimi che degradono gli amidi in zuccheri più semplici (disaccardi o monosaccaridi). La sosta di saccarificazione, di durata attorno ai 60 minuti, è quella che più ci interessa in quanto è in questo momento che si producono gli zuccheri da fermentare. Due sono le amilasi che interessano a noi : alfa-amilasi (α-amilasi) e beta-amilasi (β-amilasi).
Le beta-amilasi lavorano principalmente tra i 54° e i 68°C e scindono le catene di amido nel disaccaride maltosio, altamente fermentabili.
Le alfa-amilasi lavorano a temperature leggermente più alte, tra i 63° e i 76°C in maniera più “grossolana”, scindendo le catene di amido in composti più complessi del maltosio e non fermentabili, le destrine.
Le amilasi svolgono lo stesso lavoro ma in maniera diversa. Le beta-amilasi rompono le catene di amido a partire dalle loro estremità rimuovendo le singole unità di maltosio. Le alfa amilasi rompono le catene in maniera casuale dando vita a molecole più complesse e difficilmente fermentabili. Per ottenere una birra più alcolica, secca e poco dolce, privilegiate il range tra 58° e 63°C, per una birra meno alcolica e molto dolce, privilegiate il range tra 70° e 73°.
Nel range intermedio le amilasi lavorano insieme in contemporanea: le alfa rompono le grandi catene in strutture più piccole permettendo alle beta di attaccarne le estremità in maniera più efficiente. Una temperatura di 68° quindi produrrà una saccarificazione molto spinta, assai più di un prolungato step sotto i 65°, producendo un mosto altamente fermentabile.
La fase dell’ammostamento si conclude con il mash-out, che risulta un momento critico da gestire in quanto è necessario denaturare tutte le molecole enzimatiche, in modo da bloccare il progredire delle trasformazioni a carico delle componenti macromolecolari. Studieremo in modo più approfondito questo step nell’articolo in pubblicazione il 6 settembre prossimo!