Numero 02/2020
9 Gennaio 2020
Gli impianti di produzione della birra – Parte 3
Siamo arrivati al 3° approfondimento sugli impianti per la produzione della birra. Dopo le macchine per la preparazione del mosto e gli impianti di fermentazione primaria, è il momento di parlare degli impianti per la fermentazione secondaria e per l’affinamento della birra.
Al termine della fermentazione primaria si procede con la fase di maturazione di quella che è ormai birra, non più mosto.
Da questo momento i principali impianti che si vanno ad utilizzare in produzione sono:
– Tini di maturazione
– Filtri
– Pastorizzatori
- Tini di maturazione. La birra giovane, al termine della fermentazione primaria, deve procedere alla maturazione. Questa avviene nei tini di maturazione, che possono essere o gli stessi fermentatori dov’è avvenuto il processo fermentativo o dei nuovi tank, utilizzati appositamente per tale parte del processo.Si tratta di una fase delicata, che deve tener conto di 3 fattori principali:
– Quantità di zuccheri fermentescibili rimanenti
- Presenza di lieviti
- Temperatura
.
.
L’obiettivo di questa fase di produzione è raggiungere il massimo dell’attenuazione possibile, sviluppare ed affinare i metaboliti secondari prodotti dal lievito (che forniscono una parte importante degli aromi) e separare il più possibile il lievito dalla birra finita.
Per fare ciò è necessario disporre di tank con controllo di temperatura. La birra viene portata a temperature di 0-1 °C (o addirittura inferiori), processo che necessital’utilizzo di gruppi frigo ben dimensionati.
Come anticipato, è possibile servirsi, in questa fase,dei serbatoi già utilizzati in fermentazione primaria. In tal caso è importante rimuovere la maggior quantità possibile di lievito (che tende a depositarsi sul fondo) ad inizio maturazione e continuare a monitorare (ed eliminare) tutto quello che si sedimenta durante tutto il processo. In questo caso è importante scegliere una corretta geometria dei fermentatori. Solitamente quelli troncoconici sono i migliori per questo tipo di utilizzo, ma è sempre importante che il birraio li selezioni a seconda delle proprie esigenze, che possono essere particolari.
I maturatori veri e propri, invece, possono essere sia orizzontali che verticali, ed utilizzare il sistema con liner, che permette, oltre ad una riduzione del rischio di ossidazione, di spillare direttamente la birra dal tank. Solitamente questi sistemi sono a pressione controllata.
Terminata la maturazione, la birra può subire degli ulteriori processi atti ad eliminare la maggior partedelle impurità. I principali metodi per fare ciò sono filtrazione e pastorizzazione. La prima è permessa nella birra artigianale, mentre qualora si procedesse a pastorizzare la birra prodotta questa non potrà più essere considerata artigianale.
.
.
- Filtri.La filtrazione è un processo che consiste nella separazione di due fasi, una liquida (o gassosa) ed una solida, mediante l’utilizzo di appositi filtri con diametri variabili. A seconda del diametro dei pori del filtro avremo diversi tipi di filtrazione. Per la birra, nella maggior parte dei casi, si utilizza una microfiltrazione, cioè con diametri dei pori da 0.1 a 10 μm. Questo permette di eliminare le cellule di lievito ed alcuni prodotti intorbidanti, come le proteine a più alto peso molecolare.
Lo scopo del processo è quello di stabilizzare la birra, allungandone la shelf-life. A livello mondiale il metodo di filtrazione più utilizzato nell’industria birraria è quello attraverso l’uso di farina fossile. Esistono anche altri tipi di filtri usati normalmente, in particolare quelli “a cartoni”, “a setacci” o a foglia orizzontale PVPP.
La scelta del tipo di filtro dipende principalmente dalle quantità di birra da filtrare e dall’efficienza di processo che si vuole ottenere. Anche in questo caso è importante verificare che i filtri siano sempre puliti e liberi per l’utilizzo.
Un’alternativa al filtro è la centrifuga, che separa le particelle solide sfruttando la diversa velocità di sedimentazione delle molecole sottoposte a forza centrifuga. Si tratta di un sistema non semplice da utilizzare, ma che è in grado di fornire risultati ottimi e rapidi.
- Pastorizzatore. Dopo la filtrazione, qualora non si stia producendo birra artigianale, è possibile procedere alla pastorizzazione, per aumentare ancora di più la shelf-life della birra, ottenendo una maggiore stabilità biologica del prodotto finito.
.
.
I parametri fondamentali di questo processo sono il tempo e la temperatura. Esistono delle curve di pastorizzazione che indicano la percentuale di carica microbica abbattuta quando il prodotto si sottopone ad una data temperatura per un dato periodo di tempo. Il birraio deve decidere tali parametri, valutando tutti i pro e contro del caso.
Esistono due tipi di pastorizzatori, definiti:
- A tunnel: un pastorizzatore tunnel è costituito da una sorta di “tunnel” nel quale viene fatto passare il prodotto confezionato. Questo subisce dei getti d’acqua calda, a temperature crescenti. Questo tipo di pastorizzatori possono lavorare sia in continuo che a batch.
- Flash: in un pastorizzatore flash il prodotto (prima del confezionamento) viene fatto passare attraverso uno scambiatore di calore, dove viene riscaldato (e mantenuto alla temperatura scelta per il corretto periodo di tempo), per poi essere raffreddato e portato al confezionamento.
.
.
In entrambi i casi la pastorizzazione è costituita da 3 fasi: aumentare la temperatura del prodotto finito a 60/70°C, mantenere questa temperatura per 15/30 minuti, riportare la birra alla temperatura iniziale.
La scelta del pastorizzatore dipende principalmente dalla quantità di prodotto da pastorizzare. Per la birra entrambi i sistemi sono utilizzabili, anche se la grande industria, per questioni di efficienza, tende a preferire i pastorizzatori di tipo flash.