Numero 47/2020
18 Novembre 2020
Il manuale del birraio
“Potrei anche cambiare mestiere…” ho commentato d’impulso nel rigirare tra le mani la mia copia, appena ricevuta, de Il manuale del birraio. Poi ho cominciato a leggerlo, anche se divorarlo è un verbo decisamente più appropriato, ed ho scoperto un’opera davvero imponente, importante. Della serie… quando il gioco si fa duro, … scende in campo il peso specifico della scienza. Che l’ingenua, ma genuina e ardente, passione dilettantistica per il brassaggio di un intero Paese abbia sentito l’esigenza, finalmente, di formalizzare il passaggio all’età adulta? È per questa ridda di pensieri che, con un certo reverenziale rispetto, mi accingo ad assolvere al compito di questa non semplicissima recensione. E man mano che la lettura procede non stupisce neanche un po’ che questo volume abbia contribuito a formare generazioni di birrai oltreoceano. In 20 capitoli e 390 pagine, il libro tratta tutta la chimica, la fisica, la matematica, la statistica, la microbiologia, l’ingegneria e la tecnologia brassicola che occorre padroneggiare per diventare un vero professionista della birra. Ultimo nato nell’ambito della proficua collaborazione MoBI-LWSR, Il manuale del birraio/Teoria e pratica della birrificazione, è la traduzione in lingua italiana della seconda edizione di un classico della formazione di alto profilo per birrai, Brewing. Gli autori, due super esperti del settore, non a caso essi stessi punto di riferimento nel mondo della ricerca scientifica applicata alla produzione della birra. Michael J. Lewis, da decenni ha eletto a campo-base la prestigiosa University of California a Davis. E UC Davis, è davvero un’università pubblica fuori dal comune. È la prima università al mondo per la veterinaria, la prima negli Stati Uniti per l’agricoltura. Ma vanta una storia di successi che affonda le radici nel passato. A partire dagli anni 1940 a Davis hanno cominciato a sviluppare cultivar di pomodoro adatti alla raccolta meccanica, nonché le macchine necessarie ad effettuarla.
Negli anni 1950-60 a Davis sono state selezionate nuove varietà di Chardonnay che oggi occupano oltre 100.000 acri (circa 40.000 ettari) di vigneti in California. Nel 1959 a Davis fu scoperta, nel cloroplasto, la presenza del DNA plastidiale, totalmente indipendente da quello nucleare, aprendo così le porte alla teoria simbiontica, la quale avrebbe finalmente svelato l’origine procariota di cloroplasto e mitocondrio nelle cellule eucariote. Nel 1992, sempre a Davis, fu identificato il gene Xa21 nel riso, il cruciale gene della resistenza alle malattie. E così via. Insomma, per chi ha studiato scienze agrarie, come lo scrivente, Davis corrisponde al mito scientifico e tecnologico d’oltreoceano più sfrenato. A suo tempo – piccola divagazione personale – avendo discusso la tesi di laurea in Viticoltura a Piacenza, su alcuni microrganismi capaci di migliorare l’efficienza fotosintetica di certi portinnesti di vite, ero, almeno in teoria, il candidato perfetto per lavorare, a Davis, sull’avvincente tema della fotosintesi della vite, un altro superbo cavallo di battaglia della UC. Per un po’ ho accarezzato l’idea di un periodo californiano subito dopo la laurea, e ricordo che ne parlai perfino il mio relatore, allora una riconosciuta autorità mondiale nel settore. Ma, evidentemente, il destino aveva in serbo altro per me. Infatti, il servizio di leva era dietro l’angolo, ed assolto quell’obbligo, le condizioni ambientali, ed anche i miei interessi, erano cambiati così tanto da suggerirmi di accettare con entusiasmo un lavoro nel campo della ricerca microbiologica dell’ecosistema ruminale. Così Davis finì con lo sparire dal mio orizzonte. Ma Davis, oltre ogni risibile considerazione personale, non era e non è solo formazione accademica, ma anche formazione professionale e formazione permanente: UC Davis Continuing and Professional Education (UC Davis CPE). Tra le molteplici aree di studio offerte da UC Davis CPE poteva mai mancare un’area Brewing molto ben assortita? Direi proprio di no. La costellazione di corsi e workshop, oggi parecchi anche quelli on-line, proposti dal settore birra di UC Davis è davvero impressionante, ma la punta di diamante di questa articolata offerta formativa è senza dubbio il celebre Master Brewers Certificate Program. Un programma di ben 15 settimane (da marzo a giugno), capace di garantire una comprensione approfondita della scienza brassicola e dell’ingegneria del birrificio, preparando gli allievi ad entrare nel settore birrario con l’aspirazione di raggiungerne i livelli più alti. Non è un caso che lo slogan del corso sia “Serious Programs for Serious Brewers”! E, ahimé, non è un caso, che il costo del programma si aggiri intorno ai 16 mila dollari! A capo di tutto questo, a partire dal 1962 c’è stato proprio Michael J. Lewis. In un contesto così dinamico e competitivo Lewis ha accumulato una lunghissima esperienza e quindi non sorprende che oggi possa vantare titoli e riconoscimenti di valore assoluto: professore emerito, fellow del celebre Institute of Brewing and Distilling di Londra, premio al merito della Master Brewers Association of the Americas (MBAA), membro senior della International Brewers Guild di Londra, membro a vita della American Society of Brewing Chemists ed infine, il riconoscimento della Brewers Association per il servizio prestato all’industria. Il secondo autore, Tom W. Young, biochimico navigato e a lungo ricercatore presso la School of Bioscience della University of Birmingham, coautore di due volumi professionali intitolati Malting and Brewing Science negli anni 1980. Poi la collaborazione con Lewis che ha prodotto, appunto, Brewing.
Il libro è pensato per coloro che operano nel settore della maltazione e del brassaggio e che, pur senza poter vantare studi formali nelle scienze del brassaggio, intendono approfondire le proprie conoscenze. A quanti posseggano conoscenze, anche elementari, di chimica e biologia, questo libro dischiude, con estrema chiarezza, gli elementi essenziali della scienza e della tecnologia della birra. Il volume si concentra sui principi e le pratiche più essenziali nel processo di produzione della birra, inclusa la preparazione di malto, luppolo e lieviti, il processo di fermentazione, la microbiologia brassicola ed i contaminanti, l’acqua, l’ingegneria brassicola e le analisi di qualità. È un testo scientifico rigoroso, adatto a corsi universitari, master ed altre attività formative di alto livello nelle scienze brassicole. Insomma, questo libro si candida a diventare un potente punto di riferimento per chiunque nutra un qualche interesse per il mondo della birra.
Traduzione impeccabile di Roberta Hueber, una vecchia conoscenza della casa editrice LSWR, sostenuta tecnicamente dalla consulenza di due giganti del panorama brassicolo nazionale, che ne curano anche la prefazione all’edizione italiana. Davide Bertinotti, homebrewer di lungo corso, prolifico autore di libri sull’homebrewing, consulente tecnico nella traduzione di diverse opere tematiche straniere e Massimo Faraggi, beerhunter, homebrewer anch’egli da decenni, socio fondatore dell’associazione MoBI assieme a Bertinotti, e sodale di quest’ultimo nella realizzazione del best-seller La tua birra fatta in casa rieditato lo scorso settembre, autore di altri libri a tema brassicolo e docente in corsi di cultura birraria.
Perfino il prezzo dell’opera, significativamente più alto della media dei libri a tema brassicolo pubblicati in lingua italiana, appare coerente con qualità e quantità delle informazioni contenute nel volume.
È del tutto inutile, va detto, che i fanatici della fermentazione spontanea (e relativa microflora, trattata solo marginalmente nel testo ed usando una nomenclatura in parte superata – mai compare il nome Brettanomyces), al pari degli aficionados del gruit, cerchino nel ponderoso volume di Lewis e Young qualche riferimento a queste loro passioni brassicole. Non ve ne troveranno traccia. Il libro infatti, sembra possedere una genuina vocazione al brassaggio industriale, oltre che una sostanziale adesione al Reinheitsgebot, peraltro testimoniata dai riferimenti ai soli main ingredients, tacendo ogni indicazione sulle centinaia di “altri ingredienti” brassicoli. Tali omissioni, tuttavia, sono del tutto comprensibili, anche considerato che l’opera originale oggetto di traduzione è del 2001, e basta dare un’occhiata alla bibliografia per rendersi conto che la citazione bibliografica più recente risale al 1995. Erano gli anni che avrebbero visto l’esordio, di lì a poco, della rivoluzione craft nel nostro paese, mentre la stessa si consolidava oltreoceano ed altrove iniziava il laborioso processo di riscoperta e valorizzazione delle tradizioni contadine delle farmhouse ale, il funk delle birre a fermentazione spontanea e la riproposizione del gruit. Lentamente, altri paesi si sarebbero appropriati di queste tecnologie ormai diffuse capillarmente nell’intero mondo brassicolo. Oggi, si tratta di realtà in forte ascesa, sempre più interessanti dal punto di vista economico, e quindi meritevoli di adeguata visibilità in ogni libro sul brassaggio che abbia qualche ambizione di completezza. Ma al momento della pubblicazione di Brewing tutto questo non era ancora successo, o era solo all’inizio. Mi piace pensare che, se venisse scritto oggi, probabilmente Lewis & Young includerebbero notazioni generose sulla microbiologia brassicola alternativa, sulle diverse tecniche di produzione delle birre wild e forse perfino sul gruit. Chissà che qualcuna delle opere oggi disponibili solo in lingua inglese su tali tematiche non sia oggetto futuro di ulteriori proficue collaborazioni MoBI-LSWR?
Ad ogni buon conto, fatta la tara alle osservazioni di un vecchio botanico brontolone, è facile prevedere che Il manuale del birraio/Teoria e pratica della birrificazione, in men che non si dica, diventerà in Italia uno dei principali riferimenti scientifici nel campo del brassaggio. Ci sono opere che, grazie alle loro qualità intrinseche, sanno ritagliarsi un ruolo speciale nella storia di uno specifico settore merceologico. Questo è senz’altro uno di quei casi. Un libro immancabile nella libreria di chiunque nutra un interesse professionale o amatoriale nei confronti del mondo della birra e della sua produzione. Pertanto, è un vero onore, per un outsider come lo scrivente, tenere a battesimo, sul Giornale della Birra, un libro di tale rilevanza, cui auguro sinceramente ogni fortuna. Un ringraziamento sentito va quindi tributato al Movimento Birrario Italiano (MoBI) ed alle Edizioni LSWR, per aver dato alle stampe, con acuta lungimiranza e di sicuro con uno sforzo editoriale considerevole, un’opera che promette senza alcun dubbio di diventare un’autentica pietra miliare della letteratura brassicola in lingua italiana.
Lewis M.J., Young T.W., 2020 – Il manuale del birraio. Teoria e pratica della birrificazione. Edizioni LSWR. Milano.
Prezzo di copertina: € 56,90. Acquista ora su Amazon!