Numero 26/2018

26 Giugno 2018

Impazza l’estate: al via la trebbiatura degli Orzi da birra italiani

Impazza l’estate: al via la trebbiatura degli Orzi da birra italiani

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L’estate è all’apice: giornate lunghe e luminose, molto calde accompagnano da Nord a Sud del nostro Paese la maturazione dei cereali vernini. I campi di orzo e di frumento assumono colori dorati, che segnano il raggiungimento della maturità delle spighe, pronte per essere trebbiate e riposte nei magazzini per la conservazione. L’Italia, lungo tutto lo stivale, è attraversata dalla gioia per il raccolto: i frumenti e gli orzi, infatti, rappresentano ad oggi le colture di pieno campo più importanti – in termini di superficie – a livello nazionale. Tra questi, però, solo una minima parte sono destinati alla produzione di birra.

Oggi,  abbiamo incontrato Marco Malaspina, agricoltore da sempre, co-titolare del Birrificio Cascina Motta con i soci Alessandro Beltrame e Massimo Prandi, per seguire insieme le fasi salienti della raccolta dell’orzo da birra e carpire qualche segreto per la coltivazione di materie prime di qualità.

Cascina Motta è una realtà unica in Italia che si contraddistingue per l’autoproduzione di tutte le materie prime per la birra (a fianco dei 5 ettari destinati all’orzo distico si trovano i campi di frumento tenero, segale, riso e un grande luppoleto) e soprattutto l’autotrasformazione completa in azienda dei cereali in malto, il tutto seguendo i dettami dell’agricoltura biologica.

 

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Marco, partiamo dall’orzo che fra pochi minuti verrà trebbiato: quali sono le peculiarità del prodotto? E Come ha influito l’andamento climatico di quest’anno sulla qualità del prodotto?

L’orzo che coltiviamo a Cascina Motta è un orzo distico, che abbiamo selezionato dopo un processo di selezione varietale  e messa a punto del sistema colturale durato quasi 10 anni. Anche se vivo da sempre tra questi campi e conosco il territorio in tutte le sue caratteristiche, aver intrapreso la sfida per produrre un orzo di qualità, capace di adattarsi alla trasformazione in malto ed essere impiegato validamente nella produzione di birra è stato molto difficile.

 

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Le difficoltà sono state molte: individuare varietà da birra, poco diffuse in Italia, idonee al micro-pedo-clima dell’azienda, entrare in “sintonia” con le esigenze delle cultivar distiche in funzione dell’obiettivo tecnologico (in realtà molto differenti rispetto agli orzi polistici ad uso zootecnico che ero abituato a coltivare precedentemente), scendere al compromesso di non impiegare concimi azotati, sia per le esigenze di ridurre i tenori proteici che per rispettare il disciplinare bio, individuare le strategie di lotta biologica ed agronomica per far fronte a parassiti ed erbe infestanti.  Dopo 10 anni di studio e di prova,anche se tutto si può ancora migliorare, posso dire di essere pienamente soddisfatto del lavoro compiuto. Da 3 anni a questa parte non acquistiamo nemmeno più il seme e reimpieghiamo il raccolto dell’anno prima per la semina: anche questa è una piccola strategia per aumentare l’adattamento delle piante alle condizioni della nostra azienda. Tengo a specificare che l’orzo, come ogni frutto della terra, ogni anno è differente, quindi, le caratteristiche dei nostri malti non sono mai costanti.

 

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Come ha influito l’andamento climatico di quest’anno sulla qualità del prodotto?

L’annata 2018 è stata decisamente particolare, quantomeno rispetto alle precedenti: a fronte di primavere generalmente siccitose e calde, quest’anno la pioggia ha accompagnato costantemente i mesi di aprile e maggio. L’orzo è una pianta che patisce il ristagno, fortunatamente i nostri terreni non presentano difficoltà di sgrondo e non vi sono falde acquifere alte, quindi questo non ha inficiato la qualità della produzione. Giugno non caldissimo nelle prime settimane ha protratto la fase di riempimento delle cariossidi, quindi, anche la resa quantitativa sarà piuttosto alta rispetto alla media.

 

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Unico elemento negativo sono stati un paio di acquazzoni e alcune folate di vento che hanno allettato leggermente alcuni fronti più esposti dei campi. A livello di caratteristiche compositive siamo riusciti anche quest’anno a mantenere le proteine sotto l’11%, le cariossidi sono tutte “piene” e non hanno subito fenomeni di stretta, la sanità della pianta è garantita, in quanto non si notato presenze di ruggini e muffe a livello del colletto. Appena dopo la trebbiatura provvederemo alla pulizia delle cariossidi con un apposito trabatto, in modo da eliminare polveri, residui vegetali diversi dalle cariossidi, frammenti di piante infestanti, in modo da garantire anche la perfetta conservazione che sarà realizzata nei nostri silos in saturazione di azoto che garantisce l’impossibilità di sviluppo di insetti e muffe.

 

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Marco, svelaci qualche segreto sulla coltivazione dell’orzo da birra… è così difficile riuscirci?

Sicuramente coltivare l’orzo è facile, ma è difficilissimo produrre un ottimo orzo da birra. Ci tengo a specificare che oggi la buona parte delle birre agricole, forse la totalità, sono brassate solo con poco più del 50% di malti prodotti da orzi autocoltivati e maltati a livello artigianale (sempre che la tracciabilità funzioni davvero!). Questo compromesso nell’uso di solo una parte di materie prime locali permette di “nascondere” le imperfezioni impiegando malti di provenienza industriale perfetti a livello organolettico, se non aumentati nelle caratteristiche di potere enzimatico in modo esogeno.  La nostra scelta, invece, è radicale: per le nostre birre impieghiamo solo orzo, oltre a tutti gli altri cereali, prodotti e maltati nel nostro birrificio e non ricorriamo ad acquisti esterni. Questo implica che il malto sia perfetto e l’orzo, quindi, non può essere da meno.

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Insomma, non credo a chi dice che il proprio orzo al primo o secondo anno di coltivazione, oppure fatto coltivare dal “vicino di casa” è perfetto per far birra… al massimo può essere utilizzato come ingrediente caratterizzante, ma in misura relativamente piccola. E da coltivatore biologico trovo anche insensate le centinaia o migliaia di Km che un orzo deve compiere per raggiungere la malteria dal proprio luogo di coltura e viceversa: personalmente, oltre al controsenso economico, ci leggo una profonda pecca logica ed etica. Io credo profondamente nel concetto di Birra Contadina, il marchio che contraddistingue le nostre produzioni, ovvero quella prodotta sono con ingredienti di provenienza aziendale e la cui filiera produttiva si origina e completa all’interno della stessa impresa.

 

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Un aspetto importante è, infine, la giusta struttura aziendale: è necessario garantire le rotazioni colturali (la stessa coltura non può succedere a se stessa e non può tornare più di 2 volte in 5 anni nello stesso campo), quindi, per garantire la fertilità del suolo e la prevenzione delle fitopatologia per poter avere ogni anno 4 Ha di orzo dobbiamo avere a disposizione circa 16 ettari complessivi, che sono in effetti la nostra attuale estensione.

 

Il rapporto con la malteria ed i tipi di malti producibili: riuscite in azienda a produrre tutti gli ingredienti per la birra che Alessandro, il birraio, desidera?

Ovviamente non possiamo produrre tutti i malti che vogliamo e, considerate le peculiarità della nostra malteria da 6 quintali a ciclo, anche il malto è piuttosto variabile.  Il mastro birraio, Alessandro, deve vincere delle sfide importanti nella messa a punto ed ottimizzazione delle ricette, così come Massimo condurre al meglio il complicato processo di maltazione. Sicuramente la nostra azienda dispone di cereali diversificati che possono entrare a caratterizzare le ricette con grande impatto sensoriale. In particolare quest’anno abbiamo avviato la coltivazione del riso, coltura con cui non mi ero mai confrontato e sono davvero curioso di verificare il decorso dello sviluppo e poi testarne il risultato una volta diventato birra.

 

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Lasciamo Marco alla trebbiatura, la giornata di lavoro sarà molto intensa! Torneremo a Cascina Motta per la raccolta del luppolo e per la trebbiatura degli altri cereali!

Maggiori informazioni: www.cascinamotta.it

 

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