Numero 36/2021
6 Settembre 2021
Macchine ed impianti della birra: la sala cotta
La fase successiva alla macinazione del cereale è l’ammostatura, ovvero la formazione del mosto mediante la miscelazione della farina di malto ed altri cereali con acqua. Questa trasformazione avviene nel vero e proprio cuore pulsante del birrificio, la cosiddetta sala cotta.
Il processo richiede l’applicazione di temperature diverse, comprese fra i 35 e 78 °C, e tempi che oscillano tra 2 e 3 ore a seconda della tipologia di materia prima impiegata.
Il tempo e le temperature impiegate sono essenziali per favorire le reazioni diastatiche e tutti i processi biochimici guidati dagli enzimi derivati dal malto. Gli enzimi coinvolti nel processo hanno optimum di temperature differenti:
– 35-55 °C per le proteinasi, che scindono le proteine in amminoacidi;
– 65-75 °C per le α-amilasi, che attaccano l’amido trasformando in destrine e zuccheri fermentescibili;
– 60-65 °C per le β-amilasi, le quali trasformano l’amido in zuccheri fermentescibili con maltosio e glucosio.
Il sistema per decozione, rappresenta il metodo più utilizzato dalle industrie birraie, e consiste nel portare parte della miscela (acqua-malto) alla temperatura di saccarificazione fino al raggiungimento della temperatura di ebollizione e successivamente rimescolata con la restante parte dell’impasto. Il sistema più usato nelle industrie birraie si basa sull’impiego delle due metodiche; prevede una decozione e successivo ammostatura per infusione del mosto.
L’impianto per la preparazione della miscela, si compone di un tino di miscela e di una caldaia. Nel tino di miscela avviene la miscelazione del malto con acqua, il quantitativo da introdurre all’interno è rispettivamente nel rapporto 4 a 1; più precisamente, per la produzione di una birra chiara si miscelano 2,5-3,5 hl di acqua per quintale di malto. Per le birre scure il quantitativo di acqua da impiegare è minore, intorno gli 1,2 hl di acqua per quintale di malto.
All’interno del tino è alloggiato un elica preposta all’agitazione della miscela. L’omogeneizzazione della massa aumenta la superficie di scambio e l’attivazione enzimatiche.
Sotto il tino di miscela è posta la caldaia di miscela, al cui interno è convogliata parte della miscela acqua-malto proveniente dal tino di miscela. All’interno della caldaia l’impasto è riscaldato fino alla temperature di saccarificazione (70 °C), aumentando di 1 °C al minuto, per consentire l’attivazione delle diastasi. La temperatura di saccarificazione viene mantenuta fino a quando si completa la trasformazione di tutto l’amido in zuccheri semplici.
Dopo la saccarificazione la miscela raggiunge la temperatura di ebollizione mantenuta per un tempo compreso tra: 15 e i 30 minuti. Questa temperatura permette di distruggere gli enzimi precedentemente attivati e da inizio alla fase di aromatizzazione del mosto. La parte di mosto sottoposta a tale processo prende il nome di tempera. Il sistema di ammostatura per decozione, può essere eseguito ad una, due o tre tempere.
La decozione ad una tempera, poco utilizzata, consiste nell’eseguire solo una volta il processo di saccarificazione e successiva cottura di una parte della miscela acqua-farina, con il successivo rimescolo all’interno del tino miscela alla restante parte del mosto.
È un sistema economico ma comporta l’appiattimento del gusto della birra.
Di maggiore applicazione sono i sistemi a due e tre tempre, in particolare il primo impiegato per la produzione di birre chiare, il secondo invece per le birre scure e birre chiare Pilsen.
Decozione a due tempere: l’impasto nel tino miscela è portato a temperatura compresa tra i 40-50 °C. Il volume di mosto impiegato per la prima tempera è tale da portare alla temperatura di 65-70 °C la miscela presente nel tino. La miscela rimane a questa temperatura di saccarificazione per circa un’ora. Così, per la seconda tempera, il volume impiegato, è tale da portare alla temperatura a 75-76 °C la miscela nel tino.
Decozione a tre tempere: in questo caso il principio consiste nel prelevare frazioni molto dense di miscela, che subiranno la saccarificazione e cottura nella caldaia miscela, alla temperature comprese: 50-55 °C, 62-65 °C e 72-75 °C. Queste tempere, dense e sottoposte a lunga cottura, impartiscono al mosto un gusto di caramello ed una particolare pastosità, caratteristiche richieste soprattutto per birre scure.
Il sistema ad infusione oggi massimamente impiego per i birrifici artigianali e gli impianti di più piccola dimensione, prevedere il riscaldamento dell’intera massa di mosto alle temperature target delle soste. Il tino di ammostamento deve garantire quindi un valido scambio termico, in modo da ridurre i tempi di riscaldamento e governare al meglio la durata specifica delle soste. Inoltre è importante garantire la perfetta miscelazione del mosto, pertanto i dispositivi di agitazione meccanica rivestono un ruolo strategico per la buona riuscita dell’ammostamento.
In generale, al termine del processo di ammostatura si distinguono due frazioni della miscela; la frazione acquosa in cui sono disciolti tutte le sostanze solubili del malto e prende il nome di mosto; ed una parte insolubile, costituita da scorze del malto e altri componenti non disciolti, definite trebbie. Le due fasi saranno sottoposte a separazione a seguito del mash out a 78°C, ovvero la temperatura che permette di denaturare gli enzimi del mosto e stabilizzare, quindi, le caratteristiche chimiche raggiunte dallo stesso.
La tappa successiva, che sarà descritta nel corso della prossima pubblicazione, è la fase di filtrazione.