Numero 35/2021
30 Agosto 2021
Macchine ed impianti della birra: mulini per il malto
I mulini per malto, detti anche frantoi o schiacciatrici, sono macchine che hanno lo scopo di frantumare finemente i chicchi di malto senza danneggiare le parti esterne del grano. Il design della macchina deve garantisce una buona frantumazione dell’endosperma del seme, senza distruggere i granuli di malto e preservando più possibile l’integrità della crusca dei chicchi (in particolare delle cariossidi del malto d’orzo, che risultano “vestite” di crusca). Il grano di malto schiacciato viene quindi miscelato con acqua calda, durante la fase di mash in che caratterizza la prima fase di ammostamento della birra.
Prima della macinazione il malto viene sottoposto a trattamenti preliminari con lo scopo di eliminare corpi estranei e metalli eventualmente presenti. Questa operazione può essere evitata nei birrifici più piccoli che impiegano il malto in sacchi, anziché sfuso, dove il prodotto è garantito esente da corpi estranei.
La macinazione del malto può essere fatta a secco o ad umido, questo dipende dal tipo di filtrazione eseguita del mosto. È preferibile macinare il malto previa umidificazione, per previene la rottura delle scorze che possono creare problem i nella fase di filtrazione del mosto. L’umidificazione può essere realizzata in diversi modi: mediante vapore, acqua calda o acqua fredda. L’umidità non deve
entrare nel chicco, ma interessare le scorze allo scopo di renderle morbide e quindi evitarne la rottura. E’ evidente che la macinazione a secco è quella più facile ed economica da realizzare ed i mulini a rulli a secco risultano la tipologia di attrezzatura più diffusa presso i birrifici artigianali (di fatto risultano molto simili alle versioni più piccole impiegate in homebrewing).
I mulini più semplici sono a singola coppia di rulli, mentre per capacità ed efficienza maggiore si ricorre a quelli a più passaggi e con eventuale selezione ganulometrica. Queste ultime attrezzature prevedono che caso il malto, caricato nella tramoggia, passi alla prima coppia di cilindri, subendo una rottura grossolana e successivamente in appositi setacci che separano il macinato in tre parti: le scorze che passano alla seconda coppia di cilindri (secondo passaggio), la semola grossolana che passa alla terza coppia di cilindri (terzo passaggio) e la farina che viene convogliata direttamente nel cassone di raccolta.
Con la macinazione ad umido si ricorre allo stesso principio, ma la maggiore elasticità della crusca consente di sfarinare meglio l’endosperma, preservando al massimo la capacità filtrante per la fase di lavorazione successiva al mash-out.
La distanza tra i cilindri e la scanalatura degli stessi si riduce ad ogni passaggio; la scelta dipende dal tipo di macinazione che si vuole ottenere, dalle caratteristiche del malto e dall’efficacia del mulino.
Purtroppo oggi molti birrai sottovalutano l’importanza del mulino, a cui vengono spesso dedicati investimenti limitati. La buona qualità della macinazione risulta, invece, un pre-requisito fondamentale per la buona riuscita della filtrazione e per massimizzare la resa del malto in ammostamento.