Numero 41/2021
11 Ottobre 2021
Macchine ed impianti della birra: Tini di fermentazione
Ai fini di trattare le tecnologie impiantistiche impiegate nella fermentazione della birra a livello di birrificio artigianale, è utile una premessa sulle tipologie di fermentazioni che si realizzano in birrificio, secondo una classificazione strettamente tecnica: si denomina fermentazione primaria il processo finalizzato alla trasformazione degli zuccheri in alcol (l’anidride carbonica prodotto è irrilevante ai fini della birra finita), mentre è definita fermentazione secondaria quella fase di fermentazione necessaria alla presa di spuma (in cui si trattiene l’anidride carbonica nella birra, risultando l’incremento di tenore alcolico limitato).
La fermentazione primaria del mosto avviene in appositi tini di fermentazione; la quantità di lievito da introdurre nel mosto freddo varia tra i 0,3 a 0,5 litri per hl. L’aggiunta del lievito può essere effettuata direttamente nella tubazione di passaggio del mosto dai refrigeranti al tino di fermentazione o direttamente nel tino di fermentazione.
Fermentatore a cielo aperto e fondo piatto
La fermentazione secondaria può avvenire all’interno di tini se è poi possibile effettuare il riempimento isobarico dei contenitori finali, oppure può avvenire nel contenitore di vendita, sia che si tratti di bottiglia, fusto, lattina.
Nel primo caso è necessario che i tank di fermentazione secondaria siano in grado di trattenere la sovrapressione dell’anidride carbonica (tini definiti isobarici), mentre nella seconda casistica sono sufficienti i cosiddetti “cielo aperto”, ovvero vasi di fermentazione che non trattengono gas.
I tini di fermentazione sono costruiti in acciaio inossidabile e presentano una forma tronco-conica, semisferica nella parte basale o piatta a seconda degli usi. I diversi modelli disponibili presentano tasche di raffreddamento, ad acqua gelida o glicole, per permettere il mantenimento costante della temperatura di fermentazione. Nelle industrie in cui i serbatoi sono disposti all’esterno dell’edificio, si
impiegano sistemi di coibentazione del fermentatore. I fermentatori esterni possono infatti presentare uno spessore di poliuretano (isolante) compreso tra i 100 e i 150 mm, che in caso di irraggiamento solare molto elevato, tale spessore può essere convenientemente aumentato.
Tutti i serbatoi sono equipaggiati da una o più testate di lavaggio e da uno sfiato collegato all’impianto di recupero della CO2; una valvola di sicurezza prevede di scaricare la pressione in eccesso (di solito 0,4 bar) e ad impedire che il serbatoio si schiacci per la depressione che si può creare durante uno svuotamento con lo sfiato chiuso per errore, durante un lavaggio caustico con presenza di CO2 o durante un raffreddamento del gas contenuto nel tank. La capacità netta di mosto che può contenere un fermentatore è intorno all’85%, in quanto bisogna tener conto della schiuma che si viene a creare durante il processo fermentativo.
Da sinistra: fermentatore a cielo aperto, maturatore a fondo semisferico, fermentatori troncoconici unitank
Di ultima generazione sono gli unitanks, serbatoi nei quali avviene sia la fermentazione primaria (6-10 giorni) che la maturazione e l’affinamento della birra. Questa soluzione consente di guadagnare spazio lavorativo, infatti consentendo l’installazione non più di due serbatoi (uno di fermentazione e l’atro di maturazione) ma di un solo tank in cui avvengono le due fasi di fermentazione e maturazione. La pressione che possono sopportare questi serbatoi è di 2 bar.
Esistono anche serbatoi di stoccaggio orizzontali, in grado di sopportare pressioni di 1,5 bar e permettono di conservare a temperatura controllata la birra. Sono molto utili per le dimensioni ridotte rispetto al volume ed alla possibilità di essere facilmente sovrapposti; inoltre la birra può essere portata direttamente alle linee di spillatura, quindi trovano ampie impiego nei brewpub.
Una volta che la birra ha completato il processo di fermentazione, non può essere immediatamente posta nei contenitori per la vendita, ma richiede fasi di stabilizzazione che possono avvenire o semplicemente mediante la conservazione nei sopra descritti tini a bassa temperatura (prossima a quella di congelamento), oppure si possono attuare specifiche lavorazioni che consentono di aumentare l’efficienza e velocizzare la durata della trasformazione in birra finita.