2 Aprile 2014
Schizosaccharomyces pombe: dall’Africa, un lievito proiettato al futuro!
In copertina: Cellule di Schizosaccharomyces pombe.
Schizosaccharomyces pombe è un lievito Ascomicete, scoperto ed isolato in origine nella birra Pombe, una birra di miglio dell’Africa Orientale. Pombe in lingua Swahili significa per l’appunto “birra”.
A differenza del più diffuso Saccharomyces, si replica per scissione e le cellule hanno forma allungata, tipicamente tra i 2 e i 3 μm di diametro e tra i 7 e 14 μm di lunghezza. Nelle moderne ricerche biotecnologiche, Schizosaccharomyce pombe al centro di studi per comprendere i meccanismi di risposta del ciclo cellulare ai danni al DNA e ad errori di replicazione, infatti, presenta spiccate capacità di “ringiovanimento” cellulare ad ogni ciclo di moltiplicazione.
Tale lievito si trova solo occasionalmente nei mosti, ed è più diffuso in climi caldi. È di grande interesse dal punto di vista industriale in quanto in grado di produrre etanolo in quantità simile a quella prodotta dai Saccharomyces cerevisiae (fino a 15 % vol). Ha, inoltre capacità di dare intensa fermentazione malo-alcolica e di ridurre l’acidità fissa dei mosti, degradando l’acido malico. Proprio per questa sua caratteristica, è stato sperimentato e proposto il suo impegno per la sua disacidificazione biologica dei mosti (nel caso dell’uso per la fermentazione di vino o di mosti in cui siano presenti quantità rilevanti di acido malico).
Altra caratteristica peculiare è l’elevata resistenza al diossido di zolfo; è in grado di sopportare concentrazioni anche superiori a 400 mg per litro.
Al momento, anche se in commercio sono disponibili ceppi selezionati di tale lievito (soprattutto per uso enologico), non è pratica comune il suo impiego in birrificazione, né come lievito esclusivo di prima e seconda fermentazione, né per il coinoculo con Saccharomyces.
Lievito secco attivo.
La presenza di Schizosaccharomyces pombe è comunque frequente nelle birre a fermentazione spontanea, in cui, in genere compare tra le specie della microflora micorbica totale, contribuendo alla caratterizzazione del prodotto finito.
Alcuni microbiologi dell’Università di Copenaghen in Danimarca sono recentemente riusciti a ingegnerizzare con tecniche di manipolazione genetica un ceppo di Schizosaccharomyces, conferendo la capacità di convertire il glucosio in vanillina, grazie all’inserimento di alcuni geni che codificano per gli enzimi specifici che svolgono le reazioni. Dalle prove sperimentali, questo organismo geneticamente modificato è arrivato a produrre 65 milligrammi di composto aromatico per litro di mosto, conferendo una particolare aromaticità.
Dalla birra dell’Africa, un microrganismo di interesse per le bevande fermentate!