Numero 03/2017
18 Gennaio 2017
“Un Giorno da Birraio”: la curiosità è femmina!
Ebbene si, confesso, ci ho voluto provare. Del resto si sa, la curiosità è femmina.
Ho voluto provare a fare la birra.
In realtà è stato un regalo di Natale, che non avrebbe potuto essere più azzeccato.
“Un giorno da birraio”, un’ iniziativa del birrificio San Michele di Sant’ Ambrogio (TO), che ha permesso a me, e ad una ventina di altri curiosi, di vivere in prima persona l’ esperienza della produzione di una birra.
La giornata del birraio inizia molto presto. Sono partita da casa mia ancora col buio per raggiungere lo stabilimento di Sant’ Ambrogio, circa alle 7.30 del mattino.
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Giusto il tempo dell’ appello, un caffè di benvenuto e si è partiti subito con la preparazione del mosto. Il programma del giorno prevedeva la brassatura della “Valchiria”, la loro weizen. Così via alla macinatura di 150 kg di malto, di cui la metà di orzo (malto Pilsner) e l’ altra metà di frumento (malto Weizen). Dopo aver portato l’ acqua alla temperatura di 52° abbiamo rovesciato i chicchi di malto macinati nel tino di bollitura per la prima fase di ammostamento (mashing).
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Questa fase prevede 4 step, durante i quali la temperatura dell’ acqua sale fino a raggiungere i 78°, con un processo che prevede la gestione delle soste a diverse temperature e specifiche curve di riscaldamento per condurre al meglio la degradazione delle componenti dei malti e ottenere un mosto fermentescibile dalle caratteristiche desiderate. Per i dettagli tecnici vi rimando agli approfondimenti della sezione “Produzione” di Giornale della Birra. Dopo aver effettuato il test della tintura di iodio, che consente di verificare il grado estrazione degli zuccheri sempòici dall’amido, l’ ammostamento si conclude con il mash out, che segna la conclusione di tutte le operazioni che precedono la filtrazione.
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Il mostro passa così nel secondo tino, dove viene filtrato e “rimandato indietro” attraverso dei tubi di scambio. Il risultato è una piacevole bevanda calda, simile ad una tisana, al gusto di melassa e cereali, finalmente limpida. Ciò che resta viene in gergo chiamata “la torta”, ovvero i residui fibrosi dei chicchi di malto cotti, con cui si possono fare pane, biscotti, e molto altro ancora (nello specifico il birrificio San Michele lo consegna ad un agriturismo locale come libagione per i loro animali).
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Si prosegue con la fase di bollitura, durante la quale si aggiungono i luppoli. Noi abbiamo aggiunto una specifica dose di luppolo Hersbrucker in pellet, in due momenti differenti, a inizio e fine bollitura.
Intanto siamo arrivati all’ ora di pranzo. Tra un boccone e l’ altro, sotto l’ attenta guida del mastro birraio, abbiamo misurato la densità del mosto in cottura, il grado plato e la gradazione alcolica.
Dopo circa un’ ora di bollitura (temperature tra i 97° e i 100°) il liquido passa nel fermentatore, la temperatura scende vertiginosamente fino ad arrivare intorno ai 25° grazie all’impiego di un apposito scambiatore.
E’ arrivato il momento di inoculare i lieviti. Usiamo il Weihenstephan, in forma liquida: 500 ml che sono stati attivati nel corso della mattinata.
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Sono le ore 15.20 e la birra è pronta per l’ inizio della fermentazione.
Gli organizzatori dell’ evento ci informano che tra circa un mese sarà pronta e ci inviteranno ad assaggiarla. Intanto il mastro birraio, aiutato dal personale, procede con la pulitura degli impianti per la prossima cotta.
Un’ esperienza molto divertente, che non mi ha indotto velleità produttive. Mi limiterò sicuramente a berla lasciando fare a chi ne sa, ma non posso negare che proverò una certa soddisfazione davanti al risultato finale.