Numero 33/2020
16 Agosto 2020
La storia dell’uomo sempre ubriaco che autoproduce birra nel suo corpo
Quando un uomo di circa 40 anni della Carolina del Nord è stato fermato con l’accusa di guida in stato di ebrezza la polizia non ha creduto neppure per un attimo che non aveva bevuto alcol. L’uomo si è però rifiutato di sottoporsi al test per l’etilometro, allora è stato portato in ospedale dove il sul livello di alcol nel sangue è risultato dello 0,2%, all’incirca due volte e mezzo il limite legale, l’equivamente di una decina di drink all’ora. Neppure i medici, almeno all’inizio, hanno creduto alla sua versione: sembrava impossibile che non avesse bevuto neppure un bicchierino.
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I ricercatori del Richmond University Medical Center di New York alla fine hanno però scoperto che l’automobilsta diceva la verità: non stava bevendo birre o cocktail. Piuttosto nel suo intestino è stato trovato lievito che convertiva i carboidrati ingeriti come alimenti in alcol. In altre parole, il suo organismo era in grado di produrre birra. Il risultati di questa osservazione sono stati riportati sul BMJ Open Gastroenterology. Al paziente è stata diagnosticata una condizione medica rara: l’auto-brevery syndrome (ABS), nota anche come sindrome della fermentazione intestinale. In poche parole l’uomo risultava in grado di produrre birra nel proprio intestino: quando il paziente mangiava un pezzo di pane o un piatto di pasta il lievito presente nel proprio organismo dava inizio a un vero e proprio processo di fermentazione degli zuccheri, che venivano trasformati in etanolo. «Questi pazienti hanno le stesse problematiche degli alcolisti: odore d’alcol, respiro pesante, sonnolenza, andatura barcollante. Si presentano proprio come le persone intossicate dall’alcol, con l’unica differenza che questi pazienti possono essere trattati con farmaci antifungini» ha commentato alla Cnn Fahad Malik, autore principale dello studio.
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Dopo anni di peregrinare tra ospedali, giurando di non bere un goccio d’alcol, l’uomo «ubriaco» è caduto a terra battendo la testa. I medici continuavano a non credergli. Alla fine, disperato, ha cercato aiuto nei gruppi di auto soccorso online e si è messo in contatto con i ricercatori del Richmond University Medical Center che hanno capito il problema, sospettando che gli antibiotici assunti anni prima dal paziente per curare un’infezione al pollice avessero alterato il suo microbioma intestinale, permettendo ai funghi di crescere nel suo tratto intestinale. I ricercatori hanno allora utilizzato terapie antifungine e probiotici per cercare di normalizzare i batteri dell’intestino. A parte una ricaduta quando il paziente ha mangiato pizza e cola senza avvertire i medici, la terapia sembra funzionare. «Un anno e mezzo dopo l’inizio della terapia il paziente ha ripreso uno stile di vita normale, compresa la dieta» dicono i medici.