Numero 33/2022
20 Agosto 2022
Westbrook Brewing: una bella storia dagli USA
Tratto da La birra nel mondo, Volume V, di Antonio Mennella-Meligrana Editore
Mount Pleasant, Carolina del Sud/USA
Ai tempi del college, Edward Westbrook conosceva soltanto la Budweiser. Fu una vacanza in Europa a mettergli davanti agli occhi il meraviglioso mondo della birra artigianale.
Tornato negli Stati Uniti, prese a cimentarsi, in garage, con l’homebrewing. Nello stesso tempo, cominciò a frequentare i pochi microbirrifi nei dintorni, in particolar modo, la Thomas Creek Brewery di Greenville, che, oltre a fornirgli le materie prime, lo instradò molto bene.
Edward non incontrò quindi difficoltà a piazzare le proprie birre alle feste studentesche, pagandosi così gli studi. Fondò addirittura un piccolo club locale di homebrewer e, portando alle riunioni mensili da 5 a 10 birre diverse, si guadagnò il soprannome di “Prolific Ed”.
Terminato il college e la Clemson University con un master in Business Administration, tramite una campagna di equity funding racimolò i fondi per acquistare un terreno nel sobborgo Charleston e costruirvi di sana pianta un birrificio con un impianto da 35 ettolitri e uno pilota da 23.
A dicembre 2010, insieme alla fidanzata, Morgan, e con l’aiuto di un birraio professionista, aprì finalmente il proprio birrificio.
Oggi la produzione della Westbrook si avvia a raggiungere il numero di 400 birre, svariando tra tutte le tradizioni brassicole. Chiaramente, si tratta per lo più di stagionali e occasionali, sperimentazioni e leggere variazioni sul tema. A Edward insomma piace sperimentare attraverso la ricerca di diversi ingredienti, utilizzando nuove e vecchie tecnologie, e tecniche di birrificazione uniche. Non tardarono ad arrivare neanche gli invecchiamenti in botte.
La Westbrook infine produce anche alcune birre per la beer firm Evil Twin.
Westbrook Siberian Black Magic Panther, imperial stout di colore nero impenetrabile (g.a. 12%); realizzata con un’enorme quantità di malti tostati e zucchero candito scuro. Il birrificio la definisce “pelosa come una pantera nera o come un siberiano”. Dispone di tre varianti barricate: Apple Brandy, Bourbon Barrel e Rum Barrel. La carbonazione appare un po’ superiore alla media tipologica; la schiuma, di un marrone chiaro, emerge generosa, sottile, densa, cremosa, di straordinaria tenuta e ampia allacciatura. Nella sua elevata intensità, l’olfatto possiede un po’ di tutto, che propone in una seducente atmosfera dolciastra: malto tostato, caffè espresso, zucchero candito, fichi, caramello bruciato, melassa, farina di avena, biscotti, liquirizia, cioccolato fondente, in primo piano e più in secondo, legno, semi di finocchio, anice stellato, acidità da torrefazione. Il corpo pieno ha una spessa consistenza oleosa. Anche nel gusto, calda, intensa, avvolgente, la complessità tende decisamente all’amabilità, con biscotti, zucchero candito, melassa, almeno fin all’arrivo dell’ondata amara del caffè e, soprattutto della torrefazione con la sua immancabile punta di acidità. Soltanto nel finale l’alcol viene allo scoperto, senza ormai alcuna remora, e avvolge il palato nelle vesti di frutta sotto spirito che infervora caramello, cioccolato e tostature. Farina di avena, caffè, anice e sottili spezie varie alimentano piacevolmente la lunga persistenza retrolfattiva.
Celebrativa
Westbrook Mexican Cake Imperial Stout, imperial stout di un opaco nero come la pece (g.a.10,5%). Fu elaborata, per il matrimonio di Edward e Morgan cinque mesi dopo l’apertura del birrificio, con aggiunta in fermentazione di peperoncini freschi habanero, bastoncini di cannella, fave di vaniglia e pennini di cacao. Tutti i partecipanti alla cerimonia ricevettero una bottiglia da portare a casa. La birra riscosse un tal successo che Edward decise di riprodurla in occasione del primo anniversario del birrificio. E, da allora, viene immessa in commercio ogni anno a maggio, per l’anniversario invece del matrimonio. Chiaramente, questa specialità divenne presto una delle birre più note e ricercate della Westbrook Brewing. Cominciarono le versioni barricate più disparate o con aggiunta di ingredienti speciali più impensabili. E, inevitabilmente, non si fecero attendere più del necessario le solite speculazioni del mercato nero. La carbonazione è quasi piatta; la schiuma moca, cremosa, ma scarsa ed evanescente. All’olfatto, l’alcol si fa la parte del leone, e quasi copre i sentori di torrefazione, malto caramellato, cioccolato fondente, mentre consente una più ampia espressione a quelli di caffè, vaniglia, cannella, peperoncini, liquirizia. Il corpo medio ha una consistenza piuttosto oleosa. Nel gusto, la componente etilica si limita al ruolo di deuteragonista, consentendo un apprezzabile equilibrio. La dolcezza iniziale erogata dall’enorme spina dorsale di malto tostato cede pian piano il campo al delicato amarore di un luppolo alle erbe con qualche accenno di tabacco e liquirizia; poi è la volta della piccantezza speziata, che chiude il percorso in un’atmosfera secca, terrosa e pepata. Cioccolato e cannella si mescolano a un discreto calore alcolico ad alimentare le lunghe sensazioni del retrolfatto.