22 Marzo 2016
Bitter e Pale Ale: le birre di un Impero!
Sono stati l’Imperialismo e l’Industria ad aver creato l’impero Britannico. Per coincidenza, hanno guidato lo sviluppo e la diffusione delle Bitter e delle Pale Ale ancora oggi dominano la scena birraia britannica.
La rivoluzione industriale si sviluppò in Inghilterra nel corso del diciottesimo e diciannovesimo secolo, grazie al carbone. Inoltre il “coke”, un derivato del carbone stesso, permetteva la produzione dell’acciaio poi utilizzato in tutti quei magnifici elementi come i motori e i ponti. Con l’avvento del coke, le Malterie potevano alimentare gli essiccatoi con un combustibile diverso dal legno. Inoltre, l’acciaio permetteva di costruire degli essiccatoi di qualità superiore: in tal modo si produceva un malto che non era affumicato e brunastro, ma chiaro e senza alcun aroma derivato dalla sorgente di calore. Questo malto chiaro (in inglese “pale”) ha dato vita alla Pale Ale, che è apparsa per la prima volta durante il regno della Regina Anna, dal 1702 al 1714.
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Dunque, la nascita della Pale Ale ha preceduto lo sviluppo della Porter come uno stile distino. L’ascesa dello stile Porter però è stato favorito dalla crescita numerica del popolo operaio nelle città, il quale aveva bisogno di una bevanda ricca e nutriente ed a basso costo, cosi Stout e Porter vennero subito alla ribalta. E nel medesimo periodo, gli aumenti del prezzo del carbone, fecero diventare costosa la produzione di malto Pale. Cosi che le birre in stile Pale Ale erano accessibili solo ai ricchi benestanti, e lo stile non riusci a ricavarsi un ampio mercato come quello dello stile Stout.
Uno dei maggiori produttori di Pale Ale dell’epoca era George Hodgson, del birrificio Bow. Quando nel 1744 l’Impero Britannico nominò il suo primo governatore in India, le navi cariche di spezie, e seta viaggiavano regolarmente verso l’Inghilterra dall’India appunto, solo che quest’ultima era autosufficiente in quanto a risorse, quindi le navi che facevano il percorso inverso, dall’Inghilterra verso l’India, erano spesso scariche e avevano costi di trasporto molto bassi, un fatto che Hodgson sfrutto a suo favore. Decise di esportare verso l’India il suo prodotto. Iniziò l’esportazione alla fine del 1790 e si rivelò subito una mossa redditizia, attorno al 1800 le esportazioni di birra ammontavano a 9000 barili all’anno. E quasi tutti erano del Birrificio Bow.
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I produttori di Burton, esportatori per natura, avevano già sviluppato un buon mercato con Russia e Paesi Baltici, guardando ai numeri di Hodgson decisero anche loro di intraprendere il mercato di esportazione verso l’India. Ma Hodgson però non era affatto disponibile a dividere la sua fetta di mercato con loro e decise di vanificare i loro sforzi applicando concorrenza sleale e prezzi al ribasso. Un’altra sfida che i birrai di Burton dovettero affrontare riguardava il problema che il loro prodotto non era idoneo al viaggio verso l’india.
Per evitare allora che la birra andasse a male decisero di apportare due modifiche sostanziali: per prima cosa, la birra era molto luppolata, per sfruttare le qualità conservanti degli acidi del luppolo; il risultato fu, una birra molto amara. In secondo luogo, la densità dell’India Ale venne ridotta notevolmente in modo da favorire una fermentazione maggiore, lasciando pochi zuccheri residui che avrebbero altrimenti attirato eventuali batteri. Essi riuscirono anche a portare il colore della birra a tonalità decisamente più chiare, quali sono conosciute oggi.
Oggi invece sappiamo che l’alto contenuto di solfati e la durezza dell’acqua sono ideali per la produzione di Ale molto luppolate.
Il Densimetro (strumento chiave per misurare l’estratto prodotto dai vari malti) e anche i ribassi della tassazione sul carbone, contribuirono ad aumentare l’utilizzo del malto Pale, e se analizziamo il mercato intorno al 1840 ci accorgiamo che l’esportazione subì una crescita del più del doppio in confronto ai 9000 barili esportati annualmente. Si arrivo ad un totale di circa 21000 barili all’anno.
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Il ventunesimo secolo conobbe la prima diffusione della parola “BITTER” per descrivere le Pale Ale. Successe che nel 1900 in tutto il Regno Unito il peso dello zucchero usato nelle aggiunte era pari al 25 per cento del peso del malto impiegato. Inoltre le densità continuarono ad abbassarsi per tutto l’inizio del ventunesimo secolo stesso, perché le continue modifiche sulla tassazione resero conveniente creare birre con densità più basse, mentre in America le tasse non vennero aumentate, ma il popolo decise di vietare totalmente le bevande alcoliche. Quando dopo la Seconda Guerra Mondiale si calmarono le acque, sia in America che in Inghilterra si producevano birre con tasso alcolico molto basso con malto Pale, definite quindi da qualcuno Pale Ale Light. Qualcuno però pensò che questo termine “Light”, nel secondo dopo guerra Inglese sarebbe stato un vero e proprio fiasco, mentre se avesse avuto un nome più virile, tipo “BITTER” le stesse birre (Pale Ale Light) avrebbero venduto sicuramente di più.
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In Conclusione possiamo dire che le Bitter sono le dirette derivate delle Pale Ale. Bere una buona Bitter o un’ottima Pale Ale è un vero piacere ogni giorno dell’anno. Inoltre è il miglior modo per valutare i prodotti di un buon Pub o Birrificio. Soltanto bevendo una pinta di Pale Ale ci si può fare un’idea dei livelli di amaro e del carattere del lievito che è probabile ritrovare in altre birre prodotte dallo stesso birrificio.
Per i birrai infatti questi stili sono quasi uno standard. Lo standard è qualcosa che chiunque affermi di essere un professionista del settore dovrebbe essere capace di eseguire in modo competente.
Quindi sarà la capacità di produrre una buona Pale Ale o Bitter che potrà dimostrare se chi abbiamo di fronte sia un grande birraio o meno.