11 Dicembre 2013
Inacessibilità e silenzio: le doti di Westvleteren!
L’abbazia di San Sisto è situata nel villaggio di Westvleteren, nella provincia belga delle Fiandre Occidentali a pochi chilometri dalla città di Ypres, tristemente famosa per le battaglie della prima guerra mondiale.
I dintorni dei luoghi dove oggi sorge l’abbazia furono abitati da comunità religiose già tra il VI e VII secolo d.C., quando Sant’Omero fondò, insieme ad altri tre uomini di fede, un monastero che per tutto il Medio Evo fu conosciuto con il nome di abbazia di San Bertino di Sithiu. Con il passare degli anni la comunità monastica si ampliò ed acquistò alcuni terreni circostanti. Dalla seconda metà del 1200 fino al 1375 le strutture monastiche furono abitate da suore, fintantochè decisero di cedere queste proprietà all’abbazia di Ter Duinen. I locali del monastero restarono disabitati per molto tempo, finchè nel 1610 un eremita, con il permesso dell’abate di Ter Duinen, si ritirò in questi luoghi.
Il cortile interno dell’Abbazia di San Sisto.
Dopo anni di solitudine, l’eremita decise di affiliarsi all’ordine religioso del Santissimo Salvatore, comunemente detto dei Brigidini perché fondato da Santa Brigida. Nel 1630 l’abbazia di Ter Duinen consentì ufficialmente ai Brigidini di utilizzare tutti i locali e le terre da loro posseduti a Westvleteren. Nel 1784, per ordine dell’Imperatore Giuseppe II, il monastero venne raso al suolo. Infatti il sovrano sancì che gli ordini religiosi contemplativi all’interno dell’Impero Austroungarico venissero aboliti. Tuttavia, nel 1814 Jean Baptiste Victoor, commerciante di luppolo, decise di ritirarsi da eremita nelle foreste vicino le rovine del monastero per tentare di ripristinare la vita monastica. Accortosi che non poteva riuscire da solo nell’impresa, chiese aiuto ai monaci cistercensi di La Gard. Il monastero francese decise nel 1830 di soddisfare le richieste di Victoor e inviò alcuni monaci a Westvleteren.
La moderna area dedicata alla produzione della birra.
La storia del monastero inizia, così, ufficialmente il 4 Novembre 1831 quando venne celebrata la prima Messa dopo la ricostruzione. Nel 1836 il monastero passò sotto le dipendenze di Westmalle che inviò un nuovo Abate. Proprio l’Abate inviato da Westmalle, Dom Dositheè, decise nel 1838 di costruire una fabbrica di birra, acquistando un vecchio impianto per il costo di 919 franchi dell’epoca. Negli anni successivi la comunità prosperò e fondò anche altri monasteri in Belgio, tra cui quello di Nostra Signora di Scourmont. Miracolosamente riuscì a superare senza danni i due conflitti bellici mondiali e, visto che non venne mai occupato dai militari tedeschi, dette rifugio a numerosi sfollati.
La moderna biblioteca, in cui sono conservati i segreti delle birre trappiste.
Nel 1877 per la prima volta la birra prodotta dal monastero venne commercializzata all’esterno. La vendita continuò liberamente fino alla fine della seconda guerra mondiale, quando l’Abate dell’epoca, Dom Bonaventura De Groote, decise di mettere un freno all’attività brassicola, perché, a suo giudizio, rischiava di distrarre i monaci dalla vita di preghiera e contemplazione. Nel 1946 fu firmato un accordo con una società esterna per far produrre le birre del monastero, seguendo la ricetta originale, e per la loro commercializzazione. I monaci continuarono la produzione di birra tra le mura del monastero ma ridussero la quantità a soli 3500 hl annui, sufficienti a soddisfare i loro fabbisogni. Nel 1990 vennero riammodernati gli impianti e nel 1992 venne revocato l’accordo con la società esterna ed il monastero ricominciò la produzione a pieno regime. Il lavoro nella birreria si svolge nel totale silenzio, così come impone la Regola dei cistercensi e per soli 75 giorni annui.
Le birre dell’Abbazia di San Sisto.
“Facciamo birra per vivere, non viviamo per fare birra” è la frase che riassume la filosofia della birreria di Westvleteren.
Attualmente vivono a Westvleteren circa 30 monaci che si alzano alle 2 del mattino e vanno a dormire alle 20, osservano il silenzio più rigido, parlano esclusivamente per pregare e per cantare i canti della Salvezza. La filosofia di vita in questo monastero è ben esposta dal motto dell’abbazia: “Beata Solitudo, Solo Beatitudo”.