Numero 09/2017
1 Marzo 2017
Lambic: la Kriek – Parte 22
Nel Pajottenland si racconta che il Lambic alle ciliegie, la Kriek, abbia origini antiche, addirittura risalenti all’epoca delle crociate, inventata da un soldato di ritorno dalla Terra Santa, nostalgico del vino bevuto tra una battaglia e l’altra. Le prime tracce scritte, in realtà, risalgono alla fine del XIX secolo: in un manoscritto datato 1878 è stata ritrovata la ricetta di una Kriek: “…prendi del Lambic invecchiato due anni, 20 kg di ciliegie per 100 litri, pressa i frutti e aggiungili alla birra. Lascia riposare fino a dicembre poi spilla. A gennaio puoi imbottigliare”. A quell’epoca la Kriek veniva fatta in casa dai contadini, con le ciliegie raccolte sui terreni che coltivavano. Solo successivamente, crescendo l’interesse per questa birra, blender di Lambic e gestori di caffè cominciarono a produrla a loro volta. Molto popolare prima della Grande guerra, la Kriek è quasi sparita durante la dominazione tedesca del Belgio, quando i Nazisti si fecero consegnare da molti produttori le loro attrezzature per convertirle a scopi bellici. Nonostante ciò, ora è tornata a nuova vita e sia nella sua versione tradizionale, la Oude Kriek, che in quelle più dolci, è una delle birre più famose e apprezzate al mondo.
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Storicamente per produrre Kriek si sono sempre usate le girotte, piccole ciliegie scure e molto aspre,provenienti da Schaarbeek, cittadina vicina a Bruxelles un tempo ricca di alberi da frutto. Queste amarene ora sono diventate rarissime a causa dell’espansione urbana, che continua a erodere campi e frutteti, e dell’eccessivo costo di coltura dovuto in parte al costo del lavoro, in parte all’impossibilità di meccanizzare il raccolto. Le griotte (o visciole) di Schaarbeek sono tuttavia ideali per la produzione di Kriek, probabilmente le migliori al mondo, e, essendo preziose, vengono usate solo per birre speciali come la Lou Pepe Kriek di Cantillon (Lambic alle ciliegie ottenuto dall’aggiunta di 300 grammi di frutta per litro di birra, invecchiata in botti di Bordeaux e imbottigliata con un liquore dolce al posto di Lambic giovani). Birrai e blender hanno selezionato con gli anni nuove varietà di amarene provenienti un po’ da tutta Europa per sostituire quelle natie di Bruxelles. C’è chi si rifornisce in Danimarca, chi in Polonia e chi ha trovato delle ciliegie molto simili a quelle di Schaarbeek in Turchia. Per la Kriek tradizionale è d’obbligo usare le ciliegie intere, fresche, raccolte non appena la buccia diventa scura, quasi nera. Leggermente pressate e tuffate nel Lambic con tutto il nocciolo, per tutta la durata della nuova fermentazione,esse doneranno alla birra finita un lieve, ma ben distinguibile, sentore di mandorla. Lo scopo dell’utilizzo della fruttanel Lambic non è infatti quello di addolcire, ma di aggiungere una nuova dimensione.
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Esattamente come qualche secolo fa, circa 20/25 Kg di ciliegie ogni 100 litri di Lambic, vengono tuffate direttamente nelle botti di legno dove la birra riposa già da circa un anno e mezzo e gli zuccheri contenuti nella frutta danno il via a una nuova fase di fermentazione. La scelta del Lambic deve essere accurata, la birra deve avere carattere per non essere sovrastata dalle amarene. Nel giro di pochi giorni, un’abbondante quantità di schiuma comincia a traboccare dal foro del cocchiume. Ci vorranno dai due a sei mesi perché il Lambic estragga pienamente i colori e i profumi dalla frutta donando alla Kriek il suo colore rosso, con riflessi ramati, la sua schiuma rosa, spumeggiante e una piacevole nota tannica. A questo punto, dopo l’aggiunta di birra giovane per apportare zuccheri e lieviti per la rifermentazione, la Kriek può essere imbottigliata o infustata. È proprio ora che la Kriek esprime al massimo il suo bouquet fruttato, in particolare al naso. Col passare del tempo,invece,il carattere tipico del Lambic, ovviamente ben presente fin dal principio, prenderà il sopravvento. La sua acidità, che ben si accompagna a quella delle piccole amarene, rendela Kriek tradizionale molto differente dalle altre birre alla frutta, sicuramente più dolci e meno complesse. Essa invece è molto secca in bocca, astringente a causa delle bucce dei frutti, pungente ma bilanciata al palato: per apprezzarne appieno il corpo leggero e frizzante, tipico della Geuze, gustatela in un bicchiere adatto, che ne esalti il perlage, l’abbondante schiuma e gli aromi.