Numero 27/2017
5 Luglio 2017
Lambic: la “strana” storia di Oud Beersel
Cosa fare se il publican ti dice che quella che stai bevendo è l’ultima delle tue birre preferite, visto che il birrificio che la produce è ormai chiuso? Cosa fare se il proprietario e birraio di suddetto birrificio ha già trovato un altro lavoro e il suo predecessore è ormai troppo vecchio per riprendere le redini dell’azienda di famiglia? Semplice, acquisti il birrificio…
Il giovane Gert Christiaens e Roland De Bus, suo amico dai tempi dell’università, innamorati della Oude Geuze di Oud Beersel, del suo aroma unico e del suo gusto inimitabile, non essendo riusciti a dissuadere Danny Draps dal chiudere la sua attività, decisero di rilevarla. Dopo un paio d’anni di preparazione, dopo aver frequentato corsi, ottenuto autorizzazioni e dopo aver persuaso le banche a dare un’altra possibilità al Lambic, riaprirono Oud Beersel il 25 novembre 2005.
Si stava per concludere il XIX secolo quando la famiglia Vandervelden si tuffò nella produzione di Lambic, Geuze e Kriek. Per quattro generazioni a Beersel Henri, il suo erede Egidius, suo nipote Henri II e Danny Draps, figlio di Marie Therese, sorella di quest’ultimo, gestirono tra alterne vicende il birrificio e il caffè adiacente.
.
.
Egidius Vandervelden negli anni ’30 fu il primo a dismettere le classiche Champagnotte e a utilizzare bottiglie da 33 cl. con tappo a corona per a sua Kriek, addolcita e pastorizzata. Henri II, subentrato al comando dopo la morte del padre nel 1953, tornò a produrre in maniera tradizionale, incrementò fino a 50 ettolitri la capacità produttiva del birrificio, acquistò un camion e fece altre migliorie che, purtroppo, rimasero le ultime fino al 2002, anno della chiusura. Nel 1973, dal momento che le attrezzature di Oud Beersel, nome scelto da Henri II, in contrasto con le “nuove” mode, per sottolineare la natura artigianale della sua attività, cominciavano ad avere qualche anno e ad avere un certo valore storico, il birrificio fu, per la prima volta in tutto il Pajottenland, trasformato in un museo. Quando Henri II andò in pensione nel 1991 lasciò birrificio e caffè a suo nipote Danny, figlio di sua sorella, poiché Hubert Vandervelden, legittimo erede di Oud Beersel, non volle assolutamente seguire le orme del padre.
.
.
In un periodo di forte declino per le birre a fermentazione spontanea Oud Beersel esternalizzò sia l’imbottigliamento che la produzione del mosto. Fu principalmente Frank Boon, innamoratosi della piccola attività di Henri Vandervelden nel 1973, data della sua prima visita al birrificio, ad accollarsi questi oneri. Fu sempre lui ad aiutare Danny Draps a confezionare e vendere tutto il Lambic rimasto dopo la cessazione delle attività nel 2002. Nuovamente fu lui a regalare a Gert e Roland il marchio Oud Beersel acquistato da Danny dopo che i due giovani rilevarono il birrificio. Infine è ancora presso Boon che viene prodotto il mosto e vengono imbottigliate le birre di Oud Beersel.
Gert e Roland, dal momento che trovarono le botti vuote quando acquistarono il birrificio, per prima cosa le restaurarono, così come fecero con gli edifici in cui riposavano, le riempirono e, mentre aspettavano che i Brettanomiceti e gli altri lieviti selvaggi, trasformassero il mosto prodotto a Lembeek dal birrificio Boon secondo la vecchia ricetta di Henri II utilizzando, caso rarissimo, luppoli freschi, si diedero da fare e crearono una Tripel chiamata Bersails. Gli introiti provenienti dalla vendita di questa birra, in seguito affiancata da una Blond Ale e da una Sour Ale, permisero ai ragazzi di sopravvivere alle prime inevitabili difficoltà.
.
.
Dal momento che per Roland il lavoro a Oud Beersel, fino a quel momento considerato un hobby, stava diventando troppo impegnativo, poco dopo il rilancio della Oude Geuze e della Oude Kriek nel 2007 rinunciò alla sua partecipazione divenendo supporter esterno. Gert, ora coadiuvato dal padre Jos Christiaens, continuò ad investire comprando dapprima dei nuovi serbatoi per miscelare il Lambic, poi un nuovo macchinario per la pulizia delle botti che gli permise di acquistarne di nuove più grandi. Tra il 2010 e il 2011, oltre al centinaio di pipes già usate da Henri II e da Danny per fermentare il mosto, arrivarono nel birrificio 10 foudre da 45 ettolitri incrementando così notevolmente la capacità di stoccaggio. Ad oggi Gert lavora in maniera differente rispetto ai suoi colleghi avendo la tendenza ad esternalizzare molto e fornendo il suo contributo al processo produttivo delle sue birre soltanto per quegli aspetti artigianali e più strettamente legati alla tradizione. Il birrificio museo è ancora visitabile con tour guidati con degustazione finale. Il prossimo progetto di Gert è quello di poter aprire un suo Brewpub dove vendere le sue birre… rimaniamo in trepidante attesa.