Numero 02/2017
11 Gennaio 2017
Lambic: le cantine di affinamento – Parte 15
Pensando a una cantina vinicola, il luogo in cui il vino matura, invecchia e si affina, si pensa a una stanza scura, umida e silenziosa, caratterizzata da una buona ventilazione e da temperatura costante durante tutto l’anno, dove botti più o meno grandi riposano indisturbate. Per il Lambic non è così. Innanzitutto non è scavata sotto terra, a volte è scura, ma mai completamente buia, è zeppa di polvere e ragnatele e la temperatura tradizionalmente non è mai costante durante l’anno, anzi, non lo è neanche durante un singolo giorno!
Per un produttore di Lambic, la cantina può essere qualsiasi stanza del birrificio, purché ci sia spazio. Questo non vuol dire operare con superficialità o affidarsi al caso. Tutt’altro, per chiunque produca Lambic, Geuze o qualsiasi altro stile a fermentazione spontanea, il luogo dove riposa la birra e dove decine e decine di ceppi diversi di microrganismi lavorano dentro e attorno alle botti è da considerarsi sacro e mistico. Quello che più colpisce entrando in una cantina dove fermenta e matura il Lambic è l’enorme quantità di polvere e ragnatele che si trovano un po’ dappertutto e che nessuno si azzarderebbe mai a pulire. Come sostiene un famoso birraio, la polvere continua a riformarsi, quindi è inutile sprecare tempo in una battaglia persa in partenza: meglio impiegarlo in qualcosa di più costruttivo. In realtà, il motivo per cui non si pulisce la cantina, o lo si fa solo per lo stretto necessario, è per non disturbarne il microclima ed i microrganismi.
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Le ragnatele, inoltre, sono la dimora di un altro potente alleato dei produttori di Lambic. Il ribollire dei tini nei primi giorni di fermentazione, la fuoriuscita del mosto dal cocchiume e i residui zuccherini che si depositano un po’ ovunque sopra ed ai piedi delle botti attirano centinaia di piccoli insetti in cerca di un facile pasto. Questi esserini, apparentemente innocui, in particolar modo la Drosophila (il comune moscerino della frutta) e le api impollinatrici, sono portatori di innumerevoli ceppi di batteri e lieviti selvaggi che potrebbero destabilizzare il delicato equilibrio dei microrganismi presenti nel Lambic. Lieviti e batteri indesiderati si depositano infatti su zampe e ali e, essendo parte della loro dieta, nell’intestino degli insetti. La presenza dei ragni aiuta a proteggere la birra dall’assalto di questi microscopici “untori”. Gli aracnidi, definiti i “guardiani silenziosi del Lambic”, sono per questo degni della nostra venerazione.
Esattamente come per l’aceto balsamico tradizionale di Modena, il cui processo di produzione, così come indicato nel disciplinare D.O.P., prevede che subisca l’effetto delle escursioni termiche fra giorno e notte e durante il fluire delle stagioni (motivo per cui le acetaie sono sempre collocate nei sottotetti delle aziende agricole che lo producono), anche per il Lambic la temperatura è importantissima. L’innalzarsi della temperatura del mosto oltre i 20°C durante l’estate favorisce, ad esempio, la proliferazione di batteri lattici ed acetici, che altrimenti risulterebbero quiescenti. Le temperature più basse invece, che tornano con l’avvento dell’autunno, danno il la ai Brettanomyces e fanno sì che questi prendano il sopravvento su tutti gli altri abitanti della birra e portino a termine il loro lavoro consumando praticamente tutto lo zucchero ancora disponibile.
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Le birre, all’interno delle botti, subiscono silenziosamente le interferenze col mondo esterno. Le grosse e pesanti pipes, tini da 650 litri che donano al Lambic una maggior complessità con una fermentazione più lenta, sono solitamente le più vicine al pavimento. Sopra di esse vengono appoggiate quelle più piccole dove la più alta concentrazione di ossigeno permette una fermentazione più veloce e una più cospicua formazione di acidi ed esteri. Mentre i tini attendono pazientemente il momento giusto per essere svuotati e riutilizzati, la birra al loro interno è viva e continua a modificarsi: l’ossigeno che lentamente si infiltra tra le doghe delle botti dona la vita ai microrganismi che piano piano lavorano per creare le innumerevoli sfaccettature del carattere del Lambic e per rendere la birra adatta a invecchiare per altri 30 anni.