Numero 50/2016
14 Dicembre 2016
Lambic: sparging e bollitura – Parte 11
Nuovo passaggio produttivo, ennesime differenze tra Lambic e birra tradizionale. Lo “sparging” – ovvero il risciacquo delle trebbie dopo l’ammostamento per far sì che la maggior parte possibile degli zuccheri finisca nel mosto prima di essere bollito – viene effettuato con acqua anche 10°C più calda rispetto a quello di una normale birra, permettendo a destrine e amidi non convertiti durante l’ammostamento di traslocare nel mosto. Questi saranno necessari per supportare il lungo processo di fermentazione nutrendo i microrganismi che si sviluppano nel Lambic, che come abbiamo già analizzato solitamente sarebbero indesiderati nelle birre classiche.
.
.
Inoltre si usa una quantità di acqua tale da portare la densità del mosto praticamente prossima a quella dell’acqua stessa, il che consentirà una lunga e vigorosa bollitura. In primo luogo una lunga bollitura è necessaria per ridurre il volume dell’acqua finita dentro la caldaia, solitamente in rame. In un birrificio tradizionale la bollitura non supera mai i 90 minuti, spesso dura poco più di un’ora. Chiunque voglia cimentarsi con la produzione di Lambic deve invece mettere in conto di trascorrere intorno al bollitore almeno cinque, (meglio sei) ore, durante le quali molte delle proteine e dei tannini in eccesso si separano dal mosto. Il frumento crudo porta le prime, il lungo sparging i secondi. Nelle giuste quantità le due componenti conferiscono amaro e secchezza tipiche, viceversa, se fossero in eccesso renderebbero la birra troppo astringente. La completa sterilizzazione del mosto, ovviamente raggiunta considerando i temi di riscaldamento, e la caramelizzazione degli zuccheri che dona al Lambic il tipico colore, sono entrambe conseguenze della bollitura.
.
.
Durante la bollitura vengono anche aggiunti i luppoli, rigorosamente vecchi anche di due o tre anni e completamente ossidati (solo in alcuni casi il birraio decide di usarne una parte di freschi). Gli effetti del riscaldamento su di essi sono molteplici. In primo luogo vengono estratti tutti i composti antibatterici ancora presenti nei fiori come umuloni e lupuloni e polifenoli conservanti. Infine, il continuo ribollire fa sì che qualsiasi traccia di aroma o amaro del luppolo, ancora presente nei fiori dopo il processo di invecchiamento, si vaporizzi assieme alla enorme quantità di acqua superflua di inizio bollitura.
.
.
Raggiunta la densità voluta, solitamente da 12 a 14 gradi Plato ( corrispondente approssimativamente a 120 – 140 grammi di zucchero disciolti in un litro di mosto), il liquido viene filtrato per eliminare i residui di luppolo e trebbie ancora presenti al suo interno e pompato direttamente nella vasca di raffreddamento dove, durante la notte, verrà in contatto con lieviti e batteri selvaggi che lo trasformeranno nel nettare che noi tutti bramiamo.